Gli intenti mirano alla ricerca del sè attraverso il proprio corpo. upRisingUp, un progetto artistico con sede a Ostuni, ha nella condivisione allo studio collettivo, obiettivi legati alla natura del territorio che lo ospita: la Puglia, la terra di confine con l’Est, la terra di approdo di culture mediteranee, Ostuni, custode del pensiero classico legato al pensiero dell’Uomo.
Mentori di questo processo di crescita interiore e perchè no, anche di genio filosofico, Francesca Pedullà e Manuela Martella, vestali delle Arti destinate agli Umani.
upRisingUp si presenta come un’istituzione delle arti sceniche. Festival, performance, laboratori. Una serie di produzioni che mirano alla collettività. Arte e società, quindi?
Francesca Pedullà: “upRisingUp in effetti è un festival nato da un’esigenza culturale. La prima idea fu pensata nel 2020, durante il lockdown dove ero a Berlino, Manuela (Martella) a Fano, Roberta (Messa) a Genova e stavamo pensando di trasferirci a Ostuni.
Francesca Padullà
I due filoni principali che caratterizzano upRisingUp sono la volontà e l’esigenza di continuare a dare valore all’arte dello spettacolo dal vivo, dare, quindi, un valore al corpo come strumento di espressione, di conoscenza e condivisione. E non solo al corpo del performer, ma anche al corpo del pubblico.
Per quanto ci riguarda, l’arte non può esistere se non è condivisa e la condivisione dal vivo la fa crescere e la rende in tutta la sua essenza.
Un altro aspetto è una riflessione sulla funzione del teatro come luogo pubblico, accessibile a tutti. Questa riflessione si nutre dei nostri studi accademici, ma non solo, soprattutto dell’esperienza. Il teatro, che dovrebbe essere pensato come luogo pubblico, di fatto spesso non lo è, ci sono fattori che non ne permettono la fruizione : vuoi per la sua posizione, e quindi un’inacessibilità fisica, o la comunicazione, spesso criptica, quasi elitaria… Il desiderio di andare a teatro diventa poco attraente.
Queste due valutazioni ci hanno permesso di pensare al festival come un luogo in cui l’arte è intesa come messaggio universale, un’arte proposta in spazi alternativi che coinvolga un pubblico trasversale e di fasce d’età diverse.”
Naturalmente il corpo è legato imprescindibilmente alla testa. E’ indispensabile porsi liberandosi da sovrastrutture che ci contaminano nel nostro vivere quotidiano?
Manuela Martella: “Forse la performance ci può aiutare ad “entrare”, a “sentire” il corpo senza necessariamente separare mente e corpo. Il pensiero non dovrebbe essere un ostacolo al sentire.
Anzi, penso che la testa sia sempre testimone di un corpo. Nel nostro lavoro coinvolgiamo i presenti, chi un giorno è stato pubblico, un altro giorno potrà essere protagonista, risvegliando così il desiderio di sentire il proprio corpo e quindi semplicemente di viverlo.”
Manuela Martella
C’è molto Zen nel vostro lavoro. Una serenità interiore. Un lavoro fatto anche su voi stesse?
Francesca: “Sì, prima di tutto, sì. Il lavoro che facciamo, che sia fisico o curatoriale, è un lavoro molto attento al corpo, nutrito dallo studio dell’anatomia, della biomeccanica; questo tipo di approccio al corpo, può essere tradotto come come un ascolto profondo e dunque come un lavoro su se stessi.
Quindi, invece di imporre un’idea a priori di cosa è un corpo o cosa può fare un corpo, lo si può osservare, ascoltare, ricollocandolo nello spazio e nell’ambiente. Quando parliamo di ambiente, parliamo anche di leggi fisiche, di gravità, di equilibri che dominano il naturale nostro vivere e il corpo è parte di tutto questo.
Roberta Messa
Ci chiediamo quello che può fare e dire un corpo, non partendo da preconcetti, ma trovando soluzioni alle domande che il corpo vive in quel momento in senso fisico ma anche pratico.
Questa, credo, sia la risposata alla domanda sulla sua percezione Zen: una ricerca interiore legata alla natura che è legata al proprio corpo.”
Manuela: “Le relazioni che stabiliamo con l’ambiente e con il proprio corpo, si riflettono istintivamente poi con altre persone, quasi come una reazione a catena che lega e approfondisce i rapporti interpersonali.
In questo spazio dove accogliamo le persone e dove offriamo quello che facciamo lasciamo esprimere ad ogni persona la propria identità, stimolandola ad emergere in un comune percorso che porta alla conoscenza di sé attraverso l’arte.”
Leggo: Performance adattabili a contesti non teatrali esterni ed interni. Intendo che un lavoro può essere contestualizzato al di là della professione artistica. Ha un che di terapia del sociale. L’arte è al servizio della società, non crede?
Francesca. “Io penso che l’arte è parte integrante dell’essere umano, ma non solo: di tutti gli esseri viventi. In qualche maniera, anche gli animali fanno arte.
Qualsiasi sia il fine. L’arte canalizza emozioni, impressioni, sensazioni, paure, angosce, l’arte dà un senso a cose che possono apparire senza senso.
Per me l’arte è fondamentale nella società e questo è un aspetto per avere strumenti, come diceva Manuela, per creare legami.
L’arte dà la possibilità di dire o fare qualcosa che non è consueto dire o fare. Questo lega l’arte all’essere umano e quindi alla società.
Attraverso l’arte, l’essere umano esprime la sua voce interiore. Ha ragione lei, quando asserisce che l’arte è terapeutica, nel potere evocativo che infonde in ognuno di noi. Nell’artista che crea e nel pubblico che riceve il messaggio.”
Manuela: “Aggiungo e d’accordo con Francesca, l’arte è lo strumento che dà coraggio all’artista per dire o fare qualcosa che altrimenti non direbbe o farebbe.
L’arte libera il pensiero, il corpo, la voce. Chi dice “questo si fà e questo non si fà?” L’arte non dovrebbe porre queste domande.
L’arte è lo strumento per conoscersi e riconoscersi. Probabilmente non ne ero neanche consapevole, ma l’arte è stata una cassa di risonanza che ha permesso di conoscere me stessa. L’arte dà coraggio e infonde coraggio, per se stessi e per gli altri.”
Lo spazio. Un attore, un danzatore, anche un artista di strada, vive lo spazio perché possa dargli la possibilità di esprimersi. Lo spazio condiziona?
Manuela: “Lo spazio dà opportunità. Anche qui possiamo collegarci a quello che diceva Francesca: durante i nostri laboratori proviamo a sperimentare le opportunità che oggettivamente lo spazio che occupiamo ci può dare.
Che sia uno spazio limitato o molto ampio, ognuno trova opportunità infinite perché possa scoprirlo e viverlo.”
Francesca: “Da quando lavoriamo a Ostuni abbiamo sviluppato un’attento lavoro sullo spazio: divertendoci, studiando, creando in luoghi che apparentemente possono sembrare ostici.
E’ di poco tempo fa una nostra performance per la Festa della Luna nel Pozzo, su un cumulo di pietre di un vecchio trullo franato. Fu la sfida dell’occupare quel luogo e quello spazio, offrendo altre opportunità.
A parte, naturalmente, la meraviglia del luogo, la natura stessa del luogo, la pietra, l’ulivo, la terra. Pensi che in certe zone dove facciamo gli spettacoli, non c’è ancora l’elettricità e tutte le performance hanno la magia della luce del tramonto, la luce naturale di uno spazio dove gli elementi “estranei” siamo proprio noi performers che ci adattiamo a quello spazio.”
Didattica. UpRisingUp fa scuola. Mi spiego: non è un grado di istruzione, ma un attraversare un percorso individuale attraverso le arti. Ha toccato nell’arco della sua carriera professionale, emozioni che le hanno permesso di dire a se stessa: sono stata capace di migliorare la sensibilità di quell’allievo, di quella studentessa?
Francesca: “Questo è uno dei nostri obiettivi. Il nostro è un lavoro pedagogico che poi si riflette nel lavoro curatoriale con finalità di facilitare, ridare e canalizzare il piacere di avere un corpo.
Vale per tutti: è un diritto individuale e di responsabilità di ognuno di noi prendersi cura del proprio corpo e quindi del sé.
Stimolare le potenzialità fisiche ed espressive, questo per noi sono le basi del lavoro. Che sia un danzatore professionista o una persona che ha sempre pensato che col corpo non avrebbe potuto esprimere nulla, per noi tutti possono accedere ad una ricerca fisica che migliori anche la percezione interiore.
Tutto questo diventa poi manifesto: il colorito della pelle cambia, l’umore migliora, la circolazione sanguigna si ossigena, il movimento diventa più fluido.
Il piacere di approfondire la conoscenza del proprio corpo, si trasforma in benessere psico-fisico. Per noi aiutare le persone alla conquista della propria gestione del sé, è una missione che in seguito può diventare una conquista culturale o artistica.
La nostra struttura fisica è una serie complessa di relazioni. La memoria fisica del nostro organismo ci aiuta a trovare quell’equilibrio necessario per il benessere individuale.”
Manuela:“Contemporaneamente, aggiungerei, che il processo di apprendimento è un atto intrinseco alla natura dell’uomo che lo spinge a pensare ed agire oltre alla propria cultura o tradizioni secolari, verso nuove visioni della realtà e verso il confronto con gli altri.
Anche nel quotidiano, la consapevolezza e la conoscenza del corpo, permettono nelle azioni banali che tutti facciamo, di acquisire un maggiore senso e rispetto del sé, del proprio corpo e degli altri.”
L’improvvisazione. Non è cosa da poco. Studio? Disciplina? Creatività? Quando assisto a lavori teatrali di improvvisazione, so che dietro c’è esperienza e contenuto. Altrimenti rasenteremmo lo show fatto di lustrini e luci fantascientifiche che non lasciano niente nella memoria.
Francesca: “Sono d’accordo sul fatto che l’improvvisazione non è così improvvisata. L’improvvisazione nasce dalla capacità concentrare il tempo tra movimento, emozione e azione in un tempo concentrato.
Nel momento in cui sto per esprimermi, divento oggetto e soggetto della performance improvvisata nella quale sono coinvolta.
Devo avere la capacità di osservarmi e giudicarmi lasciando che le emozioni sorgano con i miei pensieri così da affidarmi a questo loop continuo tra sentire, pensare e fare.
E’ necessaria una guida attenta che segua chi si mette in gioco. L’improvvisazione permette al corpo di fare cose meravigliose e perché possa essere eseguita deve esserci una relazione fra l’interno e l’esterno mettendoli in comunicazione.
E’ indubbia l’esperienza. Il processo dell’improvvisazione non è così improvvisato. Tecnica ed esperienza danno un senso alle azioni durante una performance improvvisata, senza sovrastrutture o orpelli di inutili gestualità. Altrimenti ci troveremmo di fronte ad un costrutto senza contenuto e genuinità d’azioni.”
Manuela: “E’ vero che l’improvvisazione non è così improvvisa. E’ la memoria del corpo che fà l’azione improvvisata.
Le prime parole, i primi movimenti, le prime azioni, quelle istintive emozioni, si trasformano in sequenze fluide fino a quando ci rendiamo conto che, liberato il corpo dei propri vincoli, riconquistiamo la padronanza del pensiero, creando un discorso nuovo ed inaspettato, un nuovo modo di esprimersi e di porsi.”
Cosa c’è nell’immediato che upRisingUp proporrà?
Francesca: “La danza è un’ esperienza sociale e di partecipazione rituale collettiva, è un evento artistico e una realtà spettacolare.
Un corpo che danza rivela tanto se stesso e la persona che incarna quanto la sua appartenenza ad una collettività.
Nell’immediato e cioè dall’11 ottobre prossimo, cominceremo IL LINGUAGGIO DEL CORPO VIVENTE, laboratori di danza e creazione a cura di Francesca Pedullà, Frey Faust e Manuela Martella, con restituzione finale durante il festival UpRising Up di luglio 2024. upRisingUp è un progetto de La Radice dei Viandanti“.
Manuela: “Questi percorsi saranno un’occasione per sperimentare in maniera consapevole il proprio corpo come strumento espressivo, dal gesto, al movimento, alla danza.
Come collettivo temporaneo approcceremo la ricerca e la creazione di uno spettacolo attraverso preparazione psico-fisica, creazione di un linguaggio corporeo-espressivo, interazione fisica.”
La struttura organizzata di upRisingUp ha al suo interno, la corretta preparazione didattica perchè uno studio finalizzato all’armonia tra corpo e mente, sia applicato a se stessi.
E’ la scienza dell’insegnamento che Francesca Pedullà e Manuela Martella, applicano nella loro professione di maestre.
La danza che libera il corpo, un corpo educato e compreso, mai maltrattato e soprattutto accettato, perchè quel corpo è il dono che ognuno di noi ha avuto e che loro ci insegnano ad amarlo.
Gianni Pantaleo.
Foto e immagini: Alessandro Barranco, Barbara Calì, Grushenka, Alessandro Eusebi, Adrien Michel, Francesco Ruffo.