lunedì, 25 Novembre, 2024 8:40:58 PM

Roma – Il ragazzo dai pantaloni rosa

Era uno dei titoli più attesi di Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, e oggi è finalmente arrivata la sua giornata, una giornata cominciata con le interviste televisive e la proiezione per i giornalisti e proseguita con la conferenza stampa.

Più tardi, Il ragazzo dai pantaloni rosa avrà il suo red carpet, ma i giovani protagonisti del film sono emozionati già da ieri sera, a cominciare da Samuele Carrino e Andrea Arru, che rispetto a Sara Ciocca hanno meno familiarità con le luci della ribalta.

Ovviamente ci sarà anche Claudia Pandolfi, libera e ribelle come il personaggio che interpreta: una donna che ama i propri figli e insegna loro a non aderire per forza ai modelli in voga o a temere il giudizio degli altri.

La sua storia, o meglio la storia di suo figlio Andrea, vittima di bullismo durante il primo anno di liceo, è tristemente vera, e raccontarla è importante, perché il numero di adolescenti che scelgono di togliersi la vita perché presi di mira dai compagni di scuola non accenna purtroppo a diminuire.

Lo sa bene Eagle Pictures, che ha voluto produrre e distribuire Il ragazzo dai pantaloni rosa.

Il ragazzo dai pantaloni rosa segue la dolorosa vicenda di Andrea Spezzacatena, che vive con i suoi genitori e suo fratello, è un bravo studente e sa cantare molto bene.

Alle medie fa amicizia con una coetanea di nome Sara, ma la persona che ammira di più in tutta la scuola è Christian, splendido ragazzo che eccelle negli sport ma lascia a desiderare nel rendimento.

Lui e Andrea diventano amici e poi si allontanano, e Andrea ne soffre ed è contento di apprendere che Christian non sarà fra gli studenti del suo liceo, dove lo seguirà invece Sara.

Christian, però, all’ultimo momento cambia scuola, ed ecco che Andrea ricomincia ad anelare alla sua amicizia. Christian si riavvicina a lui, ma il suo rinnovato interesse non è del tutto sincero.

Quando, nel 2012, Andrea Spezzacatena si è suicidato, non ha lasciato nessun biglietto. Dopo la sua morte, la madre ha appreso dell’esistenza di una pagina Facebook creata appositamente per prenderlo crudelmente in giro.

È entrata nell’account Facebook con la password che il figlio le aveva dato e ha scoperto tutto quello che aveva passato.

Da quel momento, Teresa Manes ha dedicato la sua vita a parlare dei pericoli del bullismo e del cyberbullismo a migliaia di studenti di tutta Italia, e nel 2022 il Presidente Sergio Mattarella l’ha insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica.

I pantaloni rosa che danno il titolo al film sono dei pantaloni rossi che Teresa aveva regalato ad Andrea e che, al primo lavaggio, avevano stinto diventando rosa. Andrea li amava molto e li indossava spesso.

Erano il simbolo della sua libertà, ma i compagni di liceo li consideravano invece un indice di scarsa virilità.

Una volta, parlando di Andrea, Teresa Manes ha detto: “Ho commesso sicuramente degli errori con mio figlio, ma permettergli di indossare dei pantaloni rosa non è stato tra quelli”.

A trasformare la storia di Andrea Spezzacatena in un soggetto e poi in una sceneggiatura è stato Roberto Proia, che non ha voluto dare lezioni allo spettatore ma fornirgli degli strumenti per riflettere: “Abbiamo evitato di fare una lezione di educazione civica. Non ci siamo sostituiti agli insegnanti, ai genitori, ai Presidi, ai Giudici.

Abbiamo volutamente lasciato che chiunque alla fine del film si potesse guardare dentro e capire se, facendo dei cambiamenti, rischia di rendere la vita di un altro un po’ più sopportabile, un po’ più facile, un po’ più felice”.

Ha diretto invece Il ragazzo dai pantaloni rosa Margherita Ferri, che alla classica struttura in tre atti, ha preferito un crescendo drammatico, senza tuttavia mai perdere di vista la leggerezza e la tenerezza.

I temi forti de Il ragazzo dai pantaloni rosa sono l’adolescenza e le parole.
Chi è stato adolescente, sa bene quanto sia terribile questa fase dell’esistenza in cui il corpo cambia, gli ormoni impazziscono e vengono meno tutte le certezze, tanto che il giudizio degli altri diventa l’unico metro del proprio valore.

Molti poeti hanno scritto che le parole pesano come macigni e che hanno una carica distruttiva. Jean Paul Sartre diceva: “Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche”, mentre Ennio Flaiano sosteneva di credere solo nelle parole.

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