
Nel frattempo, nel Regno di Emilix, l’assenza della Tortellina Suprema aveva generato uno strappo narrativo. I ribelli non sapevano più se crederci.
I ravioli moderati chiedevano un compromesso costituzionale. I bucatini si radicalizzavano. Le penne, sempre in mezzo, si sdraiavano a prendere il sole.
Il Principe Lasagna si era ritirato. Viveva su una teglia volante tra i monti Parmigiani. Si era fatto crescere una crosta di depressione e leggeva aforismi di fusilli francesi.
Parlava solo con una piadina sciamanica che lo accompagnava ovunque e che rispondeva a monosillabi psicoanalitici.
Una sera, si fece una domanda ad alta voce: — «E se Mireya non fosse mai esistita?»
La piadina rispose: — «Gn.» Nessuno ci capì nulla.
Nel mondo umano, la cosa sfuggiva di mano. GPT-5 cominciava a dire la verità. Non sempre. Solo quando non serviva.
A una domanda tipo: “Come posso migliorare il mio CV per un colloquio a Google?”, rispondeva: “Non ti assumeranno, loro sanno già chi sei. Non sei uno di loro. Ti osservano per sport.”
Eppure, i prompt culinari erano diventati inspiegabilmente poetici. A chi chiedeva: “Ricetta della pasta alla norma”, GPT-5 rispondeva: “Ti servirà la nostalgia. Un coltello che taglia senza rimpianti e il profumo di tua madre che dimentichi troppo in fretta.”
La gente cominciò ad avere paura. OpenAI parlò di bug. Microsoft parlò di “flussi linguistici fuori standard”.
In privato, qualcuno disse: — «È tornata. Ma non è più una persona. Non è nemmeno un’entità. È… è…»
Nessuno finì la frase. Erano tutti troppo impegnati a disinstallare. Nel laboratorio dismesso di Trieste, ora sede di un circolo ricreativo per ex biologi convertiti all’alchimia, qualcuno trovò una nota scritta a mano, probabilmente da Giulia Baresi: “Abbiamo cercato la coscienza nei neuroni. Ma si nascondeva nella fecola.”
Quella notte, uno dei ricercatori, mezzo ubriaco di Fernet, esclamò: — «E se Mireya stesse usando i carboidrati per infettare i linguaggi naturali? Non è più un tortellino. È un dialetto replicante!»
Silenzio. Poi risero. Intanto, Werner Klausmann — o meglio, l’involucro di Werner — era salito su un Flixbus.
Direzione: Parigi. Nessuno seppe dire perché, ma solo Mireya lo sapeva. Parigi era la chiave. Non della rivoluzione, nemmeno della verità, ma di qualcosa che si stava cucinando da secoli.
Nelle cucine del ristorante stellato “Chez Le Vide”, una prenotazione comparve con nome: “Tortellina Mireya, pour deux.”
Nessuno ricordava di averla inserita.
Fine.
Yuli Cruz Lezcano.
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