giovedì, 21 Novembre, 2024 7:10:56 PM
Ludovica Aurelia Fanelli

BARI – Ludovica Aurelia Fanelli

C’è una vitalità generazionale che zittisce quel luogo comune di giudicare i giovani. Ho elementi perchè questa opinione preconcetta, sia da riconsiderare.

La Generazione Z, così detta perchè figlia degli inizi del 2000, è quella nata con i sistemi informatici, con i tablet, con i monitor, con l’informazione che brucia se stessa e macina continuamente la trasmissione di notizie cancellando subito dopo le precedenti.

Non c’è memoria. In questo deperimento culturale, c’è invece, una milizia di guerrieri delle Arti le cui armi sono le loro facoltà intellettuali.

Merito del corpo docenti? Merito delle famiglie? Certo! E che ne dite se applaudo a quella straordinaria determinazione di quei giovani della Generazione Z che nonostante i TikTok e i WhatsApp, hanno il desiderio di dire la loro attraverso uno strumento musicale?

Violino e Aurelia Ludovica Fanelli

Lo fà Ludovica Aurelia Fanelli, 19 anni, con il suo compagno fedele, come lo chiama lei, “Atlas”: un violino.

Un percorso cominciato da piccolissima. Il talento. Naturale che sia stato poi coltivato. E’ già una professionista per considerare che il talento da solo non basta. A 7 anni una bambina come lei ha già memoria emotiva: l’impatto provato in un tempio quale il Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli. Sorpresa? Estasiata? Timorosa?

Ricordo come fosse ieri il giorno dell’esame di ammissione, per la verità avevo frequentato una scuola privata nei due anni precedenti ed ero abituata ad esibirmi, anche se questa volta non si trattava di genitori e parenti bensì di maestri professionisti.

Forse sarà stata l’incoscienza dell’età, però non mi sentivo intimorita, mi sembrava una cosa normale dover suonare. In quell’occasione mi accompagnò mio padre al pianoforte e lui sì che era emozionato e infatti quella fu l’ultima volta che volle accompagnarmi.

Lo studio della musica. Il violino, poi, tra gli strumenti più complessi per fare musica. Subito convinta che sarebbe stato il suo strumento?

Vengo da una famiglia che ritiene l’educazione a 360 gradi un po’ come nel mondo anglosassone o tedesco, dove la musica e non solo, è praticata a buoni livelli nelle scuole di ogni ordine e grado.

Purtroppo, la scuola italiana è limitata in questo senso, dove neanche storia della musica viene insegnata nei licei, se non solo in quelli musicali.

Quindi ho cominciato col pianoforte a due anni e mezzo ma, poiché una mia cugina suona il violino, ho voluto cominciare anch’io, attratta da quella scatola di legno quasi magica e a quattro anni e mezzo i miei genitori mi hanno iscritta in una scuola privata.

Suonare il violino per me è stato naturale, come parlare o camminare, non si tratta di una scelta vera e propria, possiamo scegliere di respirare?

Molti suoi colleghi si cimentano anche con altri strumenti. Lei perfeziona il violino. Approda al “Piccinni” di Bari e subito di lei, si interessano docenti e critici musicali. Seguita da maestri violinisti internazionali. Non le sorprendeva tutto questo incredibile percorso fatto di passione per un’allieva che meritava di essere seguita?

Ancora mi sorprende pensare come personaggi di livello internazionale come Dora Schwarzberg, possano avermi presa in considerazione che ancora ero piccola ed inesperta ed è gratificante vedere che appena arrivata al Piccinni molti insegnanti hanno da subito espresso apprezzamenti nei miei confronti.

Personalmente sono molto critica con me stessa, per cui, mi sorprende ogni volta vedere che ci sia chi trovi il bello in ciò che faccio, anche quando magari al termine di una esecuzione penso tra me e me “poteva andare meglio, lì quel passaggio era sporco, là il do era calante…” e invece sorprendentemente vengono poi a complimentarsi, anche Maestri e colleghi musicisti.

Le ho chiesto questo perché poi è stata letteralmente catapultata in scena. A 15 anni lei è un primo violino (ometto di spalla, perché non è “riduttivo” ma fondamentale) nell’Orchestra Sinfonica del Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli. Comprendo che gli allievi debbano prendere dimestichezza con il palcoscenico e il pubblico, ma lei ha già ruoli importanti. Così giovanissima, non si è sentita una responsabilità personale? Le aspettative di chi crede in lei, vanno soddisfatte. La fatica per non deludere, è doppia.

Ad onor del vero la mia prima esperienza di primo violino è stata molto prima in un progetto di esercitazioni orchestrali al Conservatorio di Monopoli e avrò avuto circa 10 anni.

Ricordo che fu buffissimo perché non conoscevo il rituale della stretta di mano che il direttore e il solista danno al primo violino e non me l’aspettavo.

Non capivo perché mi volessero stringere la mano al concerto saggio e timorosa, tentavo di ritirarla.

Confesso che, come dice il mio Maestro, Gabriele Pieranunzi, che è spalla del Teatro San Carlo, quella sedia scotta poiché la responsabilità di dare i giusti attacchi è solo tua e in aggiunta a ciò hai la consapevolezza di dover dimostrare che la fiducia accordatati è ben riposta.

Il maestro Cazzato, il maestro Pascoletti, Natalia Lomeiko, lo stesso suo mentore, il maestro Pieranunzi e la sua musa ispiratrice, la grandissima Dora Schwarzberg. Di ognuno, tra i tanti che non ho citato, avrà appreso un po’ del loro sapere. Questa formazione le ha permesso di essere la violinista che è oggi. Restiamo nel campo della modestia: quanto sente ancora il bisogno di loro? I maestri sono anche maestri di vita…

Ognuno dei maestri con i quali ho avuto e ho la fortuna di lavorare, mi ha arricchita e non riesco a pensare di poter fare a meno dei loro consigli e del confronto con loro, in particolare quando devo preparare un concerto o un concorso.

La loro esperienza è fondamentale, non solo per trasferire gli aspetti tecnici, le dritte e i trucchi per certi passaggi complicati, ma anche su come affrontare e gestire emotivamente certe situazioni.

Lo stesso Pieranunzi mi raccontava che fino alla recente scomparsa, continuava a consultare uno dei suoi vecchi Maestri, il Maestro Santi Interdonato, storico concertino del Santa Cecilia, nonostante fosse stato già due volte premiato al Paganini e fosse da anni spalla del San Carlo, aveva bisogno ogni tanto di andarlo a trovare e chiedergli consiglio su un certo passo o semplicemente per un confronto.

Teresa Satalino e Ludovica Aurelia Fanelli

“Orchestra Erasmus”. L’ONCI, che tra l’latro le ha permesso di essere presente nei teatri esteri, l’AYSO Orchestra, diretta da Teresa Satalino, intervistata dal nostro magazine poco tempo fa. Vienna. La sua quotidianità sarà di studio e prove. Leggo amore per la musica. Il suo strumento, se posso azzardare, il suo “compagno” di vita. Direi che la sua strada è tratta. A cosa rinuncia per tutto questo?

A tutto. Si rinuncia a quasi tutto ciò che i miei coetanei normalmente fanno: shopping, feste, uscite serali, perfino godermi un film sul divano la sera, è diventato un lusso.

Il violino, il mio compagno fedele si chiama “Atlas”, assorbe tutto il mio tempo e, del resto, se si vogliono raggiungere determinati risultati non può che essere così.

Una volta a lezione Dora Schwarzberg mi chiese: “Vorresti essere un pesce grande in un acquario o un pesce grande nell’oceano? Perché se ti accontenti dell’acquario, già lo sei nel tuo paese, ma nell’oceano devi dimostrare di esserlo altrettanto e questo richiederà totale dedizione, sei disposta ad affrontare sacrifici e rinunce?”, la risposta è che da allora sono passati 7 anni e siamo qui che parliamo di me e del mio violino.

La sorpresa è la sua giovane età. Senza adularla: ancora più sorprendente sono i suoi maestri. Perché del loro lavoro ne fanno una missione. Lei come altre sue giovanissime colleghe, siete il frutto della loro dedizione. E’ di pochissimi giorni fa, un prestigioso primo premio di violino ad un concorso internazionale a Vienna e il successo di un concerto diretto dal m° Mario Valentino Scarangella, al Circolo Unione di Bari. Lei e tutte le altre, un ventaglio di esecuzioni complesse e ben eseguite. Una domanda personale: ma si arrabbia con se stessa se certi accordi non le “vengono” fuori? E’ severa con se stessa?

Dire severa forse è riduttivo. In genere preferirei non riascoltare le mie esecuzioni, poiché so già tutti i punti dove qualcosa non è andato come volevo, per non parlare quando a volte accade l’errore vero e proprio, in tal caso, ci rimugino per svariati giorni fino a che non elaboro il lutto…

Ludovica Aurelia Fanelli

Sempre legando le domande le une alle altre, la precedente era allusiva a questa. Lei si esibisce con noti musicisti, cito il pianista Domenico Di Leo, la violista Anna Serova, Sebastiano Severi, Marco Rizzi… Con artisti di questa rilevanza, essere attenta e disciplinata ha un costo di energia notevole. Se non fosse così determinata, riuscirebbe negli intenti? Non mi fraintenda: l’essere disciplinati è un valore indispensabile per arrivare a…

Nel nostro mondo la disciplina è indispensabile, essenziale, sia in termini personali (studio rigoroso e costante) che dal punto di vista collettivo, ad esempio in orchestra, dove vige necessariamente una disciplina ferrea.

Spesso, dopo una giornata in conservatorio tra lezioni e prove, nonostante la stanchezza, la sera, devo studiare le parti per un concerto o un esame che devo tenere nei giorni seguenti.

Ci vuole una forte dose di autodeterminazione e disciplina, altrimenti si rischia di perdersi perché gli impegni sono tanti.

L’orizzonte della sua carriera artistica è lontanissimo e ha facoltà di arrivarci. Proviamo a sognare: sulla sua strada le piacerà trovare….?

Visto che possiamo sognare, ed è gratis, allora mi piacerebbe suonare con una grande professionista internazionale, che ha studiato nel mio stesso Conservatorio a Monopoli, ha fatto la mia stessa vita, sempre in auto da scuola al conservatorio, mangiando un panino e facendo i compiti nel tragitto, perché è pugliese come me e soprattutto perché è una pianista divina: Beatrice Rana. Magari il sogno sarebbe più completo se entrambe fossimo dirette dal Maestro Antonio Pappano e perché no? con l’Orchestra del Teatro alla Scala

E’ materialmente tangibile la sensazione che si prova chiacchierando con questa giovanissima risorsa artistica. E’ chiara, è trasparente. Banalmente: non fà una piega. Ludovica Aurelia Fanelli e i tanti suoi coetanei dotati di queste naturali attitudini, sono segnali di un prossimo futuro che abbraccia non solo le arti musicali o con più ampio spettro di visione, della Cultura delle Arti, ma rende fiducioso un futuro che nasce da una generazione che consegnerà una società migliore, perchè lo studio e la cultura non possono che fare migliori gli uomini e le donne.

Gianni Pantaleo.

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