di Antonio Pasquale.
Se dovessi definire da profano cosa sia il teatro, in piena libertà immaginativa, penserei a me stesso, fermo nel mezzo di una meravigliosa sala, davanti al proscenio e con alle spalle una platea, senza definizione temporale.
Carmelo Bene (1937-2002)
Proverei ad immaginarmi ad occhi chiusi, percepire prima l’eco degli applausi, a seguire voci intonate, altre fuori dal coro, forti, vibranti, alcune profonde e piene, altre leggere e tremule, altre ancora festanti ed ingenue, poche silenti, tante in ascolto, colorate, vuote, piene, ma ciascuna vera e pura.
Adriana Asti
Non c’è nulla di artefatto, di non coincidente con la vita e con l’umano sembiante, che possa non definirsi teatro, visione per eccellenza, palpito, speranza, denuncia, richiesta e comunicazione, assenza di parola, che entra a gamba tesa, a volte prepotente, altre con tocco accennato e lascia il fruitore dell’Arte teatrale carico di emozioni, perfette per essere disegnate nell’ordito dei nostri pensieri.
Dario Fo (1926-2016)
E’ socialità, solitudine, contatto, legame e dissonanza, ma sempre trasparente a chi sia in grado di leggervi negli sguardi degli interpreti, nell’allestimento scenico, nelle riprese centrate o sfocate, la personalità e il progetto di colui che ne ha curato la regia, traducendo il colore delle parole nella propria opera, singola e unica anche quando non risponde alle attese del pubblico.
Valentina Cortese (1923-2019)
La parte più razionale di me, ma altrettanto volitiva, creerebbe una occasione ad hoc, riflettendo sulla necessità di definire ad uno studente cosa sia l’Arte teatrale.
Eduardo De Filippo (1900-1984)
A tal proposito la questione verterebbe per la scelta di porre ex abrupto la domanda da profano a profano: “ Cosa è per te il teatro?”, per poi collazionare le definizioni emerse e giungere alla conclusione che, per dare forma alla parola medesima, ciascuno dovrebbe essere prima spettatore, per poi rivivere tale esperienza.
Rina Morelli (1908-1976)
Un’esperienza agita dal vivo, estranea alla virtualità, che invita all’odore delle quinte, al calore delle luci, al suono della parola consegnata dal palco alla platea, infrangendo spesso l’illusione scenica e delineando altresì la quarta parete, il muro immaginario, in cui si confondono forma e vita, in un’alchimia tanto preziosa quanto magica, rinnovata ad ogni rappresentazione scenica.
Paolo Stoppa (1906-1988)
Un luogo speciale, in cui lo spettatore può scegliere quale prospettiva assumere, mescolarsi nei diversi tipi umani, schierarsi nella coralità o perdersi nella bellezza e piacevolezza delle emozioni prime, percepite anche senza un necessitante scavo interiore.
Franca Valeri (1920-2020)
Il teatro è quindi libertà, di spostarsi, di riunirsi, di ascoltare e disporsi all’ascolto, di scegliere e soprattutto di essere, assumendo la forma e la sostanza, che riteniamo a noi più confacente, senza seconde finalità, almeno nell’assoluto e privilegiato ruolo di spettatore.
Romolo Valli (1925-1980)
Antonio Pasquale.