venerdì, 5 Dicembre, 2025 10:22:20 AM

Bivona (VV) – Habemus Hominem

di Giovanni Francesco Cicchitti.

Tra gli artisti contemporanei che più mi affascinano c’è Jago. La sua capacità di trasformare il marmo in carne viva è qualcosa di straordinario: ogni venatura, ogni piega della pelle racconta una storia di fragilità e forza.

Tra le sue opere più celebri spicca Habemus Hominem, una scultura che sorprende per il suo realismo e per il coraggio con cui abbatte la distanza tra sacro e umano.

Questa scultura in marmo sembra respirare. Nei dettagli emerge un realismo sorprendente: le vene sottili sulle braccia, le rughe profonde che segnano il volto, il corpo fragile e sofferente.
Habemus Hominem — così l’ha chiamata Jago, al secolo Jacopo Cardillo, artista ciociaro — racconta la dimensione più umana di Joseph Ratzinger, l’ex Papa Benedetto XVI.
Jago ha voluto togliere quella sacralità che avvolgeva la figura papale per restituire un volto vero, umano, vulnerabile.
L’opera esprime il tormento di un uomo prigioniero delle proprie vicende. La nudità della figura non è casuale: simboleggia la fragilità e la debolezza vissute nel momento più difficile, le dimissioni da Pontefice.
Oltre a essere un capolavoro, Habemus Hominem è anche la prima opera d’arte “condivisa”.
L’idea nasce da una start-up italo-francese, Feral Horses, che vuole rendere l’arte accessibile a tutti. Durante un’asta a Palazzo Doria Pamphilj a Roma, oltre 600 persone hanno comprato quote della statua, diventandone comproprietarie con un piccolo contributo.
Così, chiunque può investire nell’arte e vedere l’opera esposta nei più importanti musei, grazie a un sistema di prestiti e collaborazioni.
Dopo un periodo di tempo, la statua verrà rivenduta e i ricavi divisi proporzionalmente tra i comproprietari.
Un modello innovativo, riconosciuto anche da Google e Financial Times come una delle cento iniziative digitali più rilevanti in Europa.
La statua fu commissionata dal Vaticano e inizialmente “coperta”. Solo successivamente Jago ebbe l’idea di spogliarla, mostrando finalmente l’uomo dietro il ruolo.
E voi, cosa pensate di questa nuova forma di condivisione dell’arte?

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