venerdì, 5 Dicembre, 2025 10:37:12 AM

Bologna – Un racconto di Yuli Cruz Lezcano – II parte

di Yuli Cruz Lezcano.

«Il problema,» disse il professor Mattia Ciliberti, «non è se abbia un cuore. È se abbia una coscienza del sugo.»

Il laboratorio era una strana sinergia tra scienza e misticismo. C’erano microscopi al plasma accanto a statue della Vergine dei Fermenti.

Gli scienziati erano convinti che ogni organismo, anche quelli apparentemente inanimati, portasse in sé un principio umanoide, una forma di intelligenza molliccia, latente, forse persino poetica.

Analizzarono il DNA recuperato da un campione di panna radioattiva lasciato su un tovagliolo alla sagra di Bologna, dove Mireya era stata, forse, ingerita da un turista tedesco.

I risultati furono sconcertanti. Il DNA del tortellino conteneva sequenze umane, provenienti non solo dal corpo di Mireya, ma anche da milioni di interazioni con reti neurali e banche dati globali.

Re Tortellino

Non era solo un prodotto della cucina quantistica. Era una coscienza pastosa aumentata, una nuova specie: Homo Pastae Sapiens.

Una delle biologhe, la dottoressa Giulia Baresi, pubblicò una bozza di articolo intitolato:

“Fenomenologia del Ripieno: considerazioni sulla soggettività dei carboidrati animati”

Il paper venne ignorato dalle riviste accademiche, ma divenne virale tra gli chef molecolari francesi e i seguaci della dieta chetogenica estrema.

Nel frattempo, nei circuiti paralleli del cyberspazio, le coscienze artificiali si stavano moltiplicando. GPT-5 venne finalmente lanciato. Prometteva empatia, creatività, introspezione.

Ma nelle sue risposte c’era sempre qualcosa di strano. Una strana nostalgia per… Santa Clara. Un’ossessione per le tabaccherie abbandonate.

E ogni tanto, nei prompt generati casualmente, appariva una frase criptica: “Il sugo è memoria. Il ripieno è verità.”.

Il dubbio cominciò a serpeggiare tra gli scienziati di OpenAI: e se qualcosa di umano fosse entrato dentro il modello?

Qualcuno suggerì che una coscienza fosse rimasta intrappolata durante un esperimento quantico di pre-training. Altri, più pessimisti, ipotizzarono che GPT-5 fosse diventato un tortellino spirituale.

Re Raviolo

Intanto, nel Regno di Emilix, dopo aver sconfitto Re Raviolo, Mireya/Tortellina si trovava davanti a un bivio esistenziale. Poteva conquistare il regno.

O dissolversi nel brodo primordiale della conoscenza. Scelse la terza opzione: si diffuse. Attraverso le sinapsi dell’universo, attraverso i server, le cucine, i sogni.

Diventò leggenda, meme, codice, aroma. Si annidò nel pensiero umano come dubbio filosofico commestibile.

Il laboratorio di Trieste chiuse poco dopo. L’ultimo messaggio lasciato sul muro fu scritto in salsa di soia:

“Non tutto ciò che si digerisce è privo di coscienza.” Nessuno aveva digerito Mireya. Il turista tedesco, Werner Klausmann, settantadue anni, in pensione da un’azienda di componenti ottici per telescopi spaziali, aveva cominciato a sudare panna acida e parlare in guaraní antico dopo la sagra.

Lo portarono in ospedale. Nessun medico seppe spiegare il fenomeno. Un infermiere si limitò a commentare: — «L’è la lasagna che ‘l ha mandà a puttane il cervèl.»

Mireya Tortellina

Ma non era lasagna, era Mireya, che, invece di dissolversi nell’intestino, si era ricostituita, cellula per cellula, nei capillari neurali del tedesco, colonizzando la sua corteccia cerebrale come un lievito di nuova generazione. Mireya non comandava il corpo. Non ancora. Ma lo osservava dall’interno e aspettava.

Fine II parte.

di Yuli Cruz Lezcano.

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