lunedì, 18 Novembre, 2024 1:41:55 PM

Manuele Morgese, il piacere di un mestiere difficile: il teatro

di Anna Landolfi.

Chiedersi sin da giovani “cosa farò da grande”, è la domanda non facile da porsi. Le opzioni di risposte sono moltissime e tutte senza certezze. Si sognano mestieri straordinari, lavori improbabili e magari anche fantastici.

Saranno anche i “tempi che cambiano”, ma ogni dieci anni, ci sono stati: principesse, modelle, veline, bond-girls, calciatori, piloti di astronavi, cavalieri combattenti mostruosi draghi, spie al soldo di inverosimili “nemici” della patria… Sono i sogni.

E sognare è nella naturale indole umana. Io stessa mi sono sentita un po’ Biancaneve, un po’ Wonder Woman e spesso immersa in una realtà che non sarebbe mai stata quella che è. Sono i sogni. E non è detto che i sogni diventino realtà.

Non per tutti. Ci sono mestieri nei quali sono necessari pizzichi di ingredienti quali follìa, passione, caparbietà, fede e amore, quasi a creare una pozione magica della scuola di magia di Hogwarts (fantasiosa scuola di magia di Harry Potter. n.d.r.).

Amore per quel futuro che pazientemente un uomo conquista da sè, costruendosi quella realtà che lo metterà a “servizio” degli altri trasmettendo la sua visione del mondo, con il suo pensiero e i suoi ideali: è l’arte del teatro.

 Un’arte rappresentata da Manuele Morgese, attore e regista di formazione equilibrata e professionale, lontano da esasperazioni “divistiche” che purtroppo caratterizzano chi calca la scena pensandolo come un podio.

Manuele Morgese, in scena, presenta il vissuto dei sentimenti degli uomini. Quella che segue, è una colloquiale intervista che cortesemente il maestro, mi ha concesso.

Manuele Morgese

E’ necessaria una profonda preparazione artistica per essere un regista. Leggo dei suoi studi umanistici. Ma non bastano. Certo è che le hanno permesso di essere artista. Ma il talento da solo non basta?

Molti credono che fare l’attore o il regista o comunque in generale “lavorare in teatro” sia cosa semplice e a portata di tutti.

Parlo ovviamente di una scelta professionale. In Italia soprattutto si ha l’impressione che fare il danzatore ed il musicista sia una cosa complessa e di grande difficoltà; al contrario fare l’attore di prosa sia una cosa semplice e di facile approccio.

Sbagliato! Il lavoro di un attore al pari di quello delle altre discipline citate è lungo e faticoso e necessita di competenze precise e di una pratica molto rigorosa.

Tornando dunque alla Sua domanda, il talento da solo non può bastare: alla creatività e all’estro bisogna accompagnare una buona dose di preparazione tecnica e di conoscenze anche di carattere scientifico.

Certamente chi affronta studi umanistici è avvantaggiato, in quanto ha già affrontato studi di letteratura, di poesia e di drammaturgia classica o moderna; cosa che negli istituti tecnici o in facoltà di carattere tecnico spesso non accade.

E’ dunque necessaria una profonda preparazione artistica soprattutto per essere un regista. È in pratica lo stesso lavoro del direttore d’orchestra che deve conoscere a memoria lo spartito di ciascuno, degli strumenti che compongono l’orchestra e contemporaneamente farli suonare insieme.

Dare ritmo, vigore e restituire al pubblico la fusione di carattere tecnico e di carattere empirico della musica! Apollo e Dioniso, il cuore e la testa sono la fusione perfetta per la creatività di un regista.

Lei sceglie un mestiere difficilissimo, non posso pensare che non sia mai stato consapevole che di strade “dissestate” non le avrebbe trovate. L’arte del teatro è la più tortuosa. Si spogli delle vesti di artista e mi faccia capire l’uomo: è stato necessario avere coraggio per percorrere quelle “strade”?

Ci vuole coraggio nel fare quello che ho fatto? Direi di si, ma anche un sano pizzico di follia!

Generalmente quando faccio delle interviste il mio interlocutore focalizza l’attenzione sul mio percorso artistico; non voglio peccare di finta modestia ma a differenza di molti dei miei colleghi ho vissuto il teatro in modo differente, in tutti i modi possibili…direi …. come una vera e propria missione.

Ho gestito e fondato quattro strutture teatrali di cui una costruito dalle fondazioni, il Cinema Teatro Zeta dell’Aquila che gestisco attualmente e che come narra la denominazione ho trasformato anche in sala cinema.

Nella mia vita ho dovuto fare di necessità virtù: sono figlio di un artista in quanto mio padre è pittore scultore, mi sono trasferito a Roma quando avevo appena vent’anni. Il mio percorso è stato più che tortuoso ahimè. Non disponevo di denaro, né di una famiglia “solida” che mi sostenesse.

Ho camminato e combattuto da solo e da solo ho stretto i denti. La mia strada è stata spesso in salita ma avuto la grande fortuna di incontrare alla fine di ogni salita delle grandi personalità dei grandi maestri: Livio Galassi, Pino Micol, Peppino Patroni Griffi, Andrea Camilleri, Maurizio Scaparro, per citarne alcuni.

Queste grandi personalità mi hanno illuminato e mi hanno accompagnato in grandi sfide e lungo diverse strade: oggi sono sì un regista, attore e scrittore di teatro ma non posso dimenticare il mio lato imprenditoriale da produttore, amministratore del settore cultura, da organizzatore di eventi e ahimé da direttore d’azienda.

Direi dunque di sì: occorre avere il coraggio di fare delle scelte nella vita. Io le faccio ogni giorno.

Le credo. Sa perché? Perché giovanissimo, lei cammina le strade dell’arte. Diploma all’’Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Bellini, a Napoli. Studi universitari sempre a Napoli e poi si lancia nei progetti per fondare una scuola di prosa: il Gran Teatro Zeta dove leggo una programmazione anche dedicata ai piccoli. Traspare passione in quello che fa. Non è solo un lavoro. Non voglio apparirle saccente, ma è privilegio di pochi fare un mestiere che appassiona. Sbaglio?

No non sbaglia è davvero un privilegio fare il mestiere che faccio come ho già detto che la mia è una missione :tutte le volte che sono in scena riesco a vivere, respirare, a godere di quello che faccio; e questa è una gran fortuna.

Una grande fortuna è stata iniziare quando ero molto giovane e soprattutto vivere e studiare in una città importantissima e culturalmente vivace come Napoli;

questo mi ha permesso di fare una percorso sin dal principio molto molto efficace che porto nel cuore e nel mio modo di essere e di lavorare.

Quando vivo il teatro, il mio “essere napoletano” è comunque un vantaggio proprio perché ho vissuto e ho respirato in un mondo di artisti e in contesto di grande cultura.

C’è un altro aspetto della sua professione che stimo: la formazione. Attore, autore, regista e produttore. Una galassia di un unico universo. In tutto ciò lei dedica tempo per sensibilizzare i giovani al teatro e prepararli alla carriera di attori. Questa è didattica. Non è facile. Come si “presenta” Manuele Morgese di fronte ai suoi allievi?

Il lavoro di formatore mi ha sempre accompagnato dall’inizio della carriera; è nato un po’ per caso grazie ad alcuni amici che volevano fare un’esperienza teatrale. da allora sono riuscito ad insegnare a tantissimi gruppi e a fondare diverse scuole: in ultimo l’Actor Studio di Cagliari, appena nato e di cui vado molto fiero!

Mi presento come sono. Non preparo mai la lezione. Seguo una coerenza formativa che parte dal basso, dalla formazione del proprio IO.

Mi presento con tutto il mio bagaglio umano di teatro e cerco con passione di regalare un’esperienza magica a chi mi sta di fronte.

Le esperienze più belle sono state quelle all’estero ad esempio, in particolare a Barcellona e a Berlino dove ho insegnato a gruppi variegati… e provenienti da svariati paesi del mondo.

Fare il formatore è un impegno molto delicato e purtroppo non è direttamente proporzionale a fare bene il lavoro di regista o di attore nel senso che trasmettere determinate competenze di carattere artistico comporta in qualche modo un coinvolgimento ancora più grande e più esaustivo e soprattutto tanta tanta tantissima energia, generosità e umiltà.

Un traguardo importantissimo: la Compagnia Teatrozeta, riconosciuta dal Ministero. Era un obiettivo? O il riconoscimento è stato un premio alla dedizione per il suo lavoro?

All’inizio era il contrario: amavo la sperimentazione, i centri sociali e i luoghi alternativi non blasonati del teatro.

Dopo alcuni anni mi sono accorto, maturando e vivendo sulla mia pelle determinate esperienze che per creare un progetto imprenditoriale, culturale, artistico era necessario far parte di un sistema, sia pure non lodevole;

entrare all’interno di questo sistema per poter scardinare i principi meno nobili di quello stesso sistema di cui fai parte…

A parte, quindi, l’emozione per il riconoscimento dello Stato al suo lavoro, lei ha una collezione di premi ricevuti per la sua professione di attore.

Una serie di partecipazioni a festival tra Spoleto, teatri stabili, protagonista in opere dirette da Maurizio Scaparro, Pino Micol, lavori scritti da lei tra i quali Masaniello e Federico II, La sua professione è colma di “lavoro”.

In un’intervista rilasciata tempo fa, ad un collega di un’altra testata, alla domanda: “Chi è Manuele Morgese” lei dichiarava di non sapere chi è. Credo, semmai, non abbia il tempo per capire chi è. E’ così importante sapere chi si è?

E’ fondamentale! La mia risposta su chi fossi io, di sicuro era una battuta….mi piace ironizzare e spesso schernire me stesso.

So benissimo chi sono e dove voglio arrivare; l’unica cosa che non so naturalmente è dove arriverò. La consapevolezza dei propri limiti rende più forti e aldilà del fatto che uno conosca bene se stesso la cosa più importante è conoscere i propri limiti, i propri obiettivi e soprattutto la cosa più importante è riuscire ad essere liberi di scegliere; questo per me è prioritario.

La parte più importante del mio essere risiede nella libertà di essere me stesso.

Maestro, non voglio tediarla. Le dedicherei intere pagine (ora si chiamano schermate data l’informazione on line) e invece che “scavare” dentro Manuele Morgese, chiedo: al di là dal mare di questo continente, c’è l’isola di smeraldo, la Sardegna, dove ha portato in scena un lavoro di Luigi Pirandello al Teatro Deledda di Paulilatino e al Teatro Astra di Sassari prodotto dal Teatro Zeta de L’Aquila con il Teatro Instabile di Paulilatino. La stampa ha premiato lei e la compagnia di attori ai quali ha affidato i ruoli. Voci nell’aria, paventano progetti per l’isola. Un’altra “missione” artistica in corso?

Si. Indovinato! Grazie a molti colleghi direttori di Cagliari e provincia ma soprattutto grazie all’affetto di molte persone che mi sono vicino, ho deciso di creare un nuovo spazio anche a Cagliari.

Parlo per ora di uno spazio mentale più che fisico, intendiamoci. Ma quello fisico presto prenderà forma, ne sono certo.

Sono legato alla Sardegna anche da aspetti di carattere personale ed ho scoperto che è la terra che corrisponde più di tutte al mio modo di essere.

Per tornare alla domanda, il lavoro su Pirandello realizzato con artisti Sardi prosegue e spero possa portare il raggiungimento di nuovi e importanti obiettivi.

Missione artistica o meno oggi fare cultura fare teatro, anche in Sardegna, è comunque una sfida, e per me una scelta ben precisa: questo è il primo insegnamento che cerco di trasmettere agli allievi dell’Actor Studio di Cagliari.

Il 27 gennaio scorso, una rete nazionale, trasmise una sua personale “memoria” sulla Shoah. L’arte ha il compito di presentare la storia degli uomini.

Ognuno con la sua emozione, anche con il dolore provato dall’artista. Un’ultima domanda, maestro: generazioni future, grazie alle arti del cinema e del teatro, rivivranno l’orrore perpetrato dagli uomini sugli uomini.

Mi strappi un sorriso da quella tragedia umana. Come trovare un sorriso che mi cancelli le lacrime? Dal quel dolore, si può trovare un sorriso? Il sorriso di Anna Frank è rimasto eterno…

Io direi che può essere nominata la rete nazionale che ha trasmesso questo spettacolo al quale sono molto legato e cioè Rai5. Si tratta del canale più nobile della tv che da spazio ad opere del settore dell’arte, della cultura e che riempie le nostre televisioni e le nostre malandate abitudini televisive.

Sono molto felice che Rai 5 abbia trasmesso in prima serata il 27 gennaio di quest’anno lo spettacolo da me interpretato insieme a Fabrizio Bosso alla tromba e a Julian Oliver Mazzariello al pianoforte. Mi sa che però ho divagato.

Torniamo alla sua domanda: io penso che da tutti i momenti dolorosi può nascere un sorriso anche da una tragedia immane come quella della Shoah. Chaplin ce lo ha sempre insegnato.

È il sorriso amaro o disperato della vita. Forse quello della speranza e del credere che alla fine nonostante il terrore, il male e il buio torni sempre la luce, la speranza e l’amore.

Quel sorriso che spero come molti di rivedere sulle labbra dei bambini dell’Ucraina e delle loro famiglie. Quel sorriso dolce di speranza di Anna Frank

Un sorriso di vita, un sorriso d’amore alla vita contro la cattiveria dei dittatori! L’amore come ci insegna Dante può muovere il Sole e l’altre stelle… l’amore può muovere l’universo…e cosa c’è di più simile all’AMORE se non l’ARTE, se non IL TEATRO?

Amore, Arte, Umiltà, Ironia, Formazione, Studio. La professione dell’attore necessita di questi “ingredienti” per potere affrontare quello che è uno dei mestieri più complessi e difficili del Pianeta Teatro.

Manuele Morgese, ma considero “strada segnata” il suo percorso artistico, afferma: “…è nato un po’ per caso grazie ad alcuni amici che volevano fare un’esperienza teatrale”, era desinato a non fare altro: l’attore.

Nessuno sa cosa il Destino riserbi ad ognuno. E’ quel “caos” cosmico che non ha una sua conformazione “ragionata”, una ponderata esistenza.

Ognuno ha una collocazione nello spazio ad egli destinato e tutti con il proprio definito compito di esistere.

C’è un disegno disposto da un Supremo che nel tempo prende la consapevolezza dell’ io sono. Manuele Morgese, sa cosa deve fare.

Forse starà ancora chiedendosi “perchè io?”. La risposta c’è: dal suo pensiero, fuoriescono riflessioni, pondera ragione e sentimenti che allo spettatore permette di comprendere che l’esistenza, è quello che l’uomo fa e spesso anche male.

E’ questo il compito di un artista come lui, spiegarcelo con il garbo e la delicatezza artistica della parola

Anna Landolfi.

http://www.culturalclassic.it/it/dettaglio_news.aspx?iddettaglio=6197&myband=47

https://barattelli.it/artisti/manuele-morgese/

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