di Anna Landolfi.
Si resta perplesse tanto da non riuscire a commentare. Che ci siano delle leggi che impongano comportamenti da adottare in un contesto sociale, nessuno ne discute il contenuto. Vivere in una comunità significa rispettare doveri e anche diritti civili che nessuno calpesta. Senza identità di genere. Di fronte alla legge, di fronte ad uno stato, ogni individuo ha le sue opinioni, gli uomini e le donne con le loro idee, i loro pensieri, manifestandoli e confrontandosi con gli altri. Questa è la democrazia. Uno Stato è indispensabile e le sue leggi sono fondamenta perché una comunità progredisca per il benessere di se stessa e quindi di tutti. Lo Stato è laico. Lo Stato garantisce la libertà di culto e non impone altra fede o scelta politica che sia di pochi.
Shamsia Hassani
Agli occhi di noi donne occidentali quello che accade in Afghanistan, ci pare intollerabile. Non contesto il rapporto tra uomini e donne, magari sono retaggi culturali ancestrali, questo può essere discutibile, ma si rispetta. Se è retto da un equilibrio che regge un rapporto umano senza violenza o imposizione, non è giudicabile. Ogni popolo ha una cultura e questo identifica lo stesso popolo. Ma si resta allibite quando, da secoli, ci sono comunità che proibiscono il “sapere” alle donne. Sono fatti di questi giorni, dei rastrellamenti nelle case di professioniste della cultura e della scienza, avvocati, professoresse, artiste, giornaliste, minacciate e sequestrate per il loro lavoro.
Donne con il dono della parola. Donne che esprimono il loro pensiero con le immagini. Donne come Shamsia Hassani, prima graffitista di street art afghana. Nata a Teheran nel 1988 da genitori fuggiti dalla guerra nella loro città natale, Kandahar, seconda città dell’Afghanistan. Apprezzata disegnatrice e graffitista, sin da bambina, dimostra interesse per la pittura e le arti figurative. Le si impedisce di frequentare gli studi perché donna. Nel contesto delle imposizioni coraniche, Hassani non si scoraggia e trasferitasi a Kabul, forte della cittadinanza afghana, studia Arte Tradizionale all’Università di Kabul. Laureatasi, fonda il Collettivo d’Arte Contemporanea Rosht.
Ha un segno dolce la sua arte. Volti elementari senza i dettagli della pittura classica. E’ una peculiarità dei graffitari: pochi segni ma incisvi di un messaggio. Si fonde con uno dei più rivoluzionari artisti inglesi contemporanei della street art: Banksy, anonimo e silenzioso sobillatore del pensiero. Contestatori e pacifisti, entrambi, con l’abilità del segno, sottolineano il forte disagio sociale che accomuna molti popoli. Le ragazze di Hassani, sono ragazze che esprimono una pacatezza tipica della gioventù che cresce. Un tacito dissenso al potere repressivo di una violenza fisica e psichica perpetrata sulle donne.
Dedica gran parte della sua carriera ai murales con fortissimo dissenso delle istituzioni religiose e soprattutto degli uomini, per i contenuti rappresentati, in cui manifesta un chiaro desiderio di libertà di espressione “slegandosi” dai comportamenti imposti dalla Shari’a, le complesse regole di vita dettate da Dio, di condotta e morale religiosa alle quali le donne islamiche devono rigorosamente attenersi.
Le donne. Non gli uomini! Sollecitata a non esporre i suoi lavori sui muri di Kabul e osteggiata dai mullā, figure di uomini teologi della fede islamica, presenta le sue opere in digitale, affidando il suo “grido” di libertà a quell’infinito canale di comunicazione che è il web. Importante artista dell’arte afghana, Shamsia Hassani, riceve numerosi premi e soprattutto attenzioni, dai mass media mondiali, divenendo la prima rappresentante di un’arte, quella di strada, la “voce” delle donne afghane che vogliono solamente esprimere i loro pensieri e i loro sentimenti senza censure o costrizioni.
Anna Landolfi.
https://www.shamsiahassani.net/
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