di Anna Landolfi.
Ho difficoltà a identificare la parola “arte” con un riferimento oggettivo che indichi un “qualcosa” di tattile, di materiale… Ho invece una certezza: l’arte mi procura sensazioni. Ancora di più se “distolgo” il luogo comune che l’arte è associata ad un museo, una pinacoteca, una mostra, quasi che l’arte sia confinata in uno spazio con sale di esposizione e corridoi, sculture, quadri, mosaici. La parola ARTE è molto più amplificata per considerare “solo” questo. In uno dei primi articoli, si è tentati di spiegare che l’arte è una condizione sensoriale ed emotiva creata dall’uomo. Con strumenti usati per far sì che possa essere visibile, ascoltata, toccata. E’ l’istinto dell’uomo trasmettere la sua emozione con qualcosa che crea egli stesso. Strumenti che non sono solo pennelli, colori, legno, metallo, tessuti. La storia dell’uomo, da molto prima che si formassero le società, è impregnata di manufatti che dimostrano quanto sia stato esigente, “trasmettere” una emozione. Questo articolo, presenterà un’arte, quella equestre, che alla storia millenaria che lega l’uomo al cavallo, quanto sia meraviglioso il rispetto dell’uomo per questo animale, tanto da essere elegantemente compagno di eventi in cui il cavallo diventa opera d’arte vivente. Stefano Pais è un cavaliere, l’intervista che segue, è alla sua nobiltà d’animo e al suo amore per l’arte equestre.
Stefano Pais, cavaliere. Ph. di Pietro Sentina.
Uomini e cavalli.
Non nascondo il senso di “riverenza” di fronte alla maestosità del cavallo. Forse condizionata da film o da manifestazioni di tenerezza nei suoi confronti, prendo consapevolezza della sua imponenza quando lo vedo indomito galoppare nel suo habitat. Le chiedo: quando gli uomini hanno cominciato a considerare suo pari il cavallo?
E’ difficile dire quando gli uomini hanno incominciato a considerare il cavallo un suo pari, in quanto è una condizione molto soggettiva, forse instauratasi anche recentemente in quanto il legame uomo-cavallo è una relazione delicatissima costruitasi nei secoli, nei quali l’uomo prima ancora di utilizzare il cavallo per il lavoro che poteva offrire lo utilizzava per la carne, per nutrirsi. La relazione uomo – cavallo è qualcosa di veramente difficile da spiegare e da capire perché è un legame che va contro natura, dove un erbivoro (una preda) si trova a doversi sottomettere ad un carnivoro (un predatore) o comunque a doversi fidare di un essere vivente che per millenni lo ha mangiato. Il Cavallo da millenni è entrato a far parte della storia costruendola e modificandola al fianco del suo compagno umano e l’uomo a sua volta ha costruito intorno al cavallo simboli, miti e tradizioni culturali. I primi tentativi di addomesticare un cavallo che la storia ci riporta risalgono al IV millennio A.C. e avvennero in Mesopotamia ed in Cina. Invece, in Europa i cavalli divennero noti dall’età del ferro. Quindi si può dire che l’uomo ha iniziato a considerare o meglio interagire con il cavallo quando ha avuto la necessità di doverlo addestrare. In natura i rapporti tra cavalli sono di tipo sociale e la gerarchia del branco si basa su esigenze naturali, diritti di pascolo e territorio. L’uomo ha dovuto assimilare e fare sua questa gerarchia per farsi riconoscere un capo branco. Nel 1350 A.C. l’addestratore Kikkuli scrisse per primo in caratteri cuneiformi un trattato sull’addestramento dei cavalli. I cavalli sono animali di una fragilità e nobiltà d’animo difficile da cogliere e che incanta chi riesce ad entrare nel loro io più profondo. Il Cavallo è un animale che ha una memoria a lungo termine incredibile ed è capace di leggere le espressioni del volto umano e di ricordarle a distanza di tempo. Pertanto possiamo dire che l’uomo ha iniziato a considerare suo pari il cavallo quando ha capito che avrebbe dovuto inchinarsi al suo cospetto ed imparare dalla sua nobiltà d’animo, oppure possiamo anche dire che il cavallo, come narra la leggenda, ha iniziato a relazionarsi con l’uomo quando Nettuno, re mitologico degli Oceani, un giorno conficcò il suo tridente nella terra e da li scaturirono i cavalli.
Cavallo Arabo.
Non c’è terra di questo pianeta dove non ci sia il cavallo. Penso naturalmente all’Europa. Ma ci sono popoli che hanno un rapporto con il cavallo da secoli. Mongoli, cinesi, arabi, russi, sud-americani. E’ l’animale più presente nelle culture dei popoli?
Il Cavallo è sempre stato presente nelle culture dei popoli. Mongoli, Cinesi, Arabi ed in generale Asiatici sono quelli che hanno costruito sicuramente le prime relazioni con il cavallo e che hanno creato i primi miti. I Greci come raccontato nella precedente domanda credevano che Nettuno, re mitologico degli Oceani, un giorno conficcò il suo tridente nella terra e da li scaturirono i cavalli. I beduini del deserto, invece, raccontano che un giorno Allah soffiò su una manciata di vento del Sud e così creò il cavallo. Riccardo III si dice che, appiedato in battaglia, avesse pronunciato la frase: “Un Cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo”. Il Cavallo non è mai stato un animale qualsiasi ma presente nelle culture dei popoli per la sua nobiltà d’animo, la sua forza, la sua velocità e la sua regalità. Tra tutti emerge il Cavallo Andaluso, animale raffigurato nei dipinti di tutti i reali ed imperatori d’Europa. Alessandro Magno definì il suo cavallo Bucefalo, compagno inseparabile.
Credo sia “riduttivo” pensare al cavallo come “compagno” di guerra. Un po’ mi addolora. Gli uomini, da storia narrata, si sono spesso affiancati con il cavallo, in campagne belliche, come la prima guerra mondiale o in esplorazioni in terre sconosciute. Non posso non pensare che non ci sia affetto per il cavallo nonostante sia stato “usato” per questi scopi. Il cavallo percepisce questo amore?
Come già detto la relazione uomo – cavallo è un legame fragilissimo, basato su amore e rispetto. Il Cavallo percepisce amore e sa dare amore. Solo attraverso l’amore risponde fedelmente e con convinzione alle richieste del proprio cavaliere. Il cavallo con amore si affida con convinzione alle sapienti mani del cavaliere. Il cavallo ascolta il proprio cavaliere solo se questo si presta ad ascoltarlo, ad amarlo, a capire le sue paure e le sue emozioni. Il cavallo percepisce una mosca che gli si posa sul dorso figuriamoci una carezza data con amore.
Cavallo Andaluso.
Posso considerare il cavallo e il cane, gli animali (termine che suona quasi dispregiativo) amici de sempre, dell’uomo? Se ricordo bene, più volte mi più parso di vedere il cane, mascotte tra le cavallerie di stato e reali…
Assolutamente si, il Cane da secoli accompagna l’uomo nel suo percorso di vita come fedele compagno ed il cavallo non è da meno. Il Cavallo è capace di provare sentimenti proprio come il cane nei confronti del suo padrone.
Stefano Pais.
L’Arte Equestre.
Arte equestre. E’ vero. Quell’eleganza e quelle evoluzioni controllate, studiate, fuse tra cavallo e cavaliere: la prego, mi “conforti” spiegandomi che non sono “ammaestrati” ma “educati”. E’ la disciplina che caratterizza l’arte equestre?
E’ la disciplina dell’Alta Scuola che caratterizza l’arte equestre, ma soprattutto lo spirito e la filosofia del cavaliere. Cavallo e Cavaliere sono due atleti che arrivano ad eseguire quelle evoluzioni, che fanno parte delle arie alte e che vengono chiamati Salti di Scuola, attraverso l’allenamento, la decontrazione muscolare ed il perfezionamento della tecnica. Però essendo, appunto arte, l’Alta Scuola e questa antica tradizione dell’addestrare i cavalli si lega indissolubilmente alla musica, alla danza, alla poesia ed a sentimenti come l’amore per ciò che è bello. Il primo elemento per arrivare a toccare con mano l’arte equestre e la capacità di mostrare empatia verso il proprio amico cavallo e saper ascoltare, saper sentire ogni singola vibrazione o messaggio che questo meraviglioso animale di manda. Pertanto come dice lei i cavalli possono essere educati e non solo ammaestrati.
Deduco allora che c’è profondo rapporto tra uomo e cavallo?
Profondissimo, senza questo e senza la capacità di sentire e mostrare empatia non si riuscirebbe ad ottenere la collaborazione convinta del nostro compagno cavallo.
La Scuola Reale dell’Arte Equestre. La Scuola Classica. Hanno periodi storici diversi: chi è “maestra” delle due? C’è una cultura dell’arte equestre italiana?
La Corrente classica e le prime accademie si svilupparono nel Sud Italia, intorno al 1134 D.C., a seguito delle influenze culturali costanti tra Cristianità ed Islam. In questo periodo un gruppo di ecuyers bizantini (scudieri/maestri di equitazione) fondarono la prima Accademia di Equitazione, antenata della scuola Napoletana. Successivamente un’Accademia Equestre, nel vero senso del termine, fu istituita nella prima metà del XVI secolo da Federico Grisone, che generò molti seguaci e la redazione di numerosi scritti nei quali erano descritti i principi e metodi diversi sul modo di addestrare i cavalli, ai giorni nostri configurati con la parola “Dressage”. A Federico Grisone, nella stessa epoca, succedette Cesare Fiaschi, il quale fondò un’Accademia Equestre che divenne ben presto celebre. Successivamente, Giovanni Battista Pignatelli, loro discepolo, formò a partire dal 1550 numerosi ecuyers che si recarono in tutta Europa e che tramandarono i principi dell’Equitazione Classica. Tali principi di Equitazione Classica vennero assorbiti e perfezionati dai Francesi ed in particolare da due allievi di Pignatelli, Salomon de La Broue e Antoine de Pluvinel. Il Sapere di questi due ecuyers francesi sfociò nella fondazione della “Ecole de Versailles” e del “Manege des Tuileries” con François Robichon de La Gueriniere. Contemporaneamente, in Spagna e Portogallo assorbendo i principi dell’Equitazione Classica svilupparono la corrente militare detta “a la genette”. La corrente dell’Equitazione Classica ebbe uno sviluppo quasi virale in tutta Europa, che portò sempre più al perfezionamento delle tecniche di addestramento del Cavallo, sino alla fondazione delle 4 grandi Accademie di Equitazione Classica in Europa: la Scuola Nazionale del Cadre Noir di Saumur in Francia, la Scuola Spagnola di Vienna in Austria, la Scuola Reale Andalusa dell’Arte Equestre di Jerez de la Frontera in Spagna e la Scuola dell’Arte Equestre di Lisbona in Portogallo. Le quattro grandi scuole saranno le ultime eredi dell’Equitazione Accademica nata durante il Rinascimento in Italia. Nel corso dei secoli, la tradizione Equestre Classica nata nel Sud-Italia, assorbita dai Francesi e sfruttata dagli Spagnoli, venne mantenuta durante tutta la dominazione Spagnola. Da qui nacque il famoso detto che dice che l’Equitazione Classica nasce in Italia, parla Francese e monta cavalli Spagnoli. Celebre infatti anche Pirro Antonio Ferraro, Maestro di Equitazione Italiano, che nel 1602 scrisse il trattato “Cavallo frenato” e che venne chiamato come Maestro Cavallerizzo in Spagna alla corte di Filippo II. A Palermo il viceré Don Garcìa di Toledo si fece protettore di un’accademia dell’Arte Equestre composta da cento cavalieri armati di tutto punto, i quali oltre ad essere impiegati in tempo di guerra avevano il compito di partecipare alle manifestazioni ed alle giostre equestri e di tramandare l’equitazione classica. Anche la Sardegna dal 1323 al 1708 fu fortemente influenzata dalla dominazione e dalla cultura Spagnola, tanto da non permettere alla successiva dominazione Piemontese di sradicare le tradizioni culturali, artistiche e linguistiche iberiche instauratesi nell’isola. La lunga e variegata tradizione del dressage affonda le proprie origini fin nell’antica Grecia. Pertanto le quattro grandi scuole dell’Arte Equestre e come domandato la celeberrima Scuola Reale Andalusa dell’Arte Equestre di Jerez de la Frontera sono eredi e custodi dell’Equitazione Classica e rimangono le ultime vere accademie di Equitazione nel mondo, dove arte, tecnica, cavalli e cavalieri con nobiltà d’animo si sposano creando uno spettacolo “Come Ballano i Cavalli Andalusi” che può essere definito pura poesia.
Le caratteristiche stilistiche.
Esistono caratteristiche “stilistiche” tra le scuole?
Assolutamente si. Le quattro grandi scuole, tempio ed eredi dell’equitazione classica si caratterizzano ognuna per sviluppo differente della tecnica ed ognuna racconta la propria storia attraverso un costume diverso che fa parte della propria cultura e tradizione. Potrei essere un po’ di parte, ma nello splendore assoluto di tutte e quattro le scuole quella che mi ha da sempre saputo emozionare e coinvolgere di più è la Real Escuela Andaluza del Arte Ecuestre di Jerez de la Frontera. I cavalieri della Real Escuela, nonché miei maestri, sono veri artisti, caratterizzati dall’eleganza e dal calore che la sola cultura Andalusa sa trasmettere. Hanno qualcosa di unico al mondo.
Spagna. Potentissime e storiche terre di re e regine. Il cavallo è legato alla loro sovranità? Mi scuso per questa riflessione: ma nelle favole, c’è sempre un regno, un principe e un cavallo. Non credo sia tutta fantasia associare il cavallo ad un castello. Tutto questo si chiama nobiltà. Il cavallo è un “nobile”. Non crede?
Il Cavallo è il più nobile degli animali e possiede una nobiltà d’animo che nei secoli gli ha fatto guadagnare il rispetto e l’ammirazione dei Reali e Principi. In particolar modo il Cavallo Andaluso o di Pura Razza Spagnola ha incantato Re e Regine, Imperatori e Sceicchi di tutto il mondo, tanto che tutti hanno voluto e preteso di essere raffigurati e dipinti con questi cavalli dai colli enormi, dalla lunga criniera e dal portamento Regale. Alessandro Magno, Napoleone Bonaparte, I Borbone, i Savoia ed altri si sono sempre fatti dipingere montando un Cavallo Andaluso durante l’esecuzione di qualche evoluzione.
Il cavaliere: tra lui e il cavallo, chi è che “conduce” l’altro? “L’uomo non può dominare il cavallo se prima non domina sé stesso”, lo dice un maestro: Maurizio Orsolini. La seguo attentamente: mi spieghi…
L’uomo impara ad essere un cavaliere classico ed a montare in un certo modo imparando prima di tutto dal cavallo ed il cavallo migliora il proprio addestramento grazie all’uomo solamente dopo che quest’ultimo ha imparato a comunicare con lui. Per fare questo l’uomo deve dominare prima se stesso. Dominare se stesso significa controllare il proprio corpo, controllare positivamente le proprie emozioni, controllare i propri stati d’animo. Una volta imparato questo l’uomo potrà allora pretendere di avere il 100% del controllo sul proprio leale destriere. In Spagna si dice che l’uomo non deve pensare a condurre il cavallo ma solo pensare a montare con rispetto ed eleganza. Per farle capire meglio le cito due frasi che ritengo importanti dettemi da due Professori della Real Escuela Andaluza del Arte Ecuestre di Jerez de la Frontera:
- Ignacio Lopez Porra: “Ricorda bisogna montare con la postura di un re, la mano di una dama ed i modi di un cavaliere”;Ignacio Rambla: “ Ricorda ogni cavallo pone ogni cavaliere al suo posto”.
- Ignacio Rambla: “ Ricorda ogni cavallo pone ogni cavaliere al suo posto”.
http://www.caralisequestre.com/
Il cavallo Arabo e l’Andaluso.
Il cavallo andaluso. Il cavallo arabo. Hanno simili caratteristiche? C’è una “specie” di cavallo che meglio si affida al suo cavaliere?
Beh il cavallo spagnolo è il cavallo che racchiude tutte le più importanti caratteristiche comportamentali, morfologiche ed artistiche per poter accompagnare il cavaliere nell’Alta Scuola. Il cavallo Arabo ha altre caratteristiche che in passato hanno influenzato anche il sangue del cavallo spagnolo ma in generale il cavallo Andaluso ha influenzato il sangue di quasi tutte le razze del mondo.
E’ tra le discipline olimpiche che più appassiona. Ma mi è difficile pensare che sia uno sport. E’ un errore di valutazione che faccio? Nutro un così rispetto per il cavallo, che stento a pensarlo “competitivo”. Insomma, tra le corse di cavalli o “animale” da lavoro, faccio fatica a non intristirmi. Me ne dispiaccio. Non è che anche tra i cavalli, ci sono i meno “fortunati”?
Anche tra i cavalli purtroppo ci sono i meno fortunati. Però sicuramente parlare di competizione e soprattutto di corse di cavalli vuol dire essere lontani anni luce dall’Arte Equestre.
…quindi è “naturale” pensarlo amico dell’uomo. Dopotutto i cani accompagnano le greggi, il contributo di questi “animali” è importante per le comunità umane?
Assolutamente si. Lo ritengo fondamentale e portando la mia esperienza posso dir solo che il cavallo per me è vita e mi ritengo fortunato a poter convivere con lui e poter imparare dalla sua saggezza.
https://www.youtube.com/watch?v=aMm3qjUyZ4U&feature=youtu.be
Cavaliere e gentiluomo.
Stefano Pais: cavaliere. Il termine non è solo di “chi cavalca un cavallo”, bensì di gentiluomo, di colui che ha un rapporto con il cavallo di rispetto e affetto. Una “memorabilia”: che età aveva quando le sono brillati gli occhi quando ha visto un cavallo?
Avevo quattro/cinque anni, fu in un piccolo maneggio di campagna e già li dimostrai di avere un attaccamento ed un legame particolare con i cavalli. Credo un po’ di averlo avuto nel sangue visto che mio nonno era Maresciallo dei Carabinieri a Cavallo e Comandante di uno degli Squadroni qui a Cagliari. Da li è iniziato il mio percorso di apprendimento e crescita sportiva e personale. Ho iniziato proprio all’ippodromo di Cagliari, luogo ove attualmente si trova il mio Centro di Equitazione, il Caralis Equestre.
https://www.facebook.com/AltoRendimentoEquestre
https://www.caralisequestre.com
…e poi?
Negli anni ho cambiato tanti Istruttori, ricordo ancora Aldo Cossu, un uomo eccezionale che aveva veramente l’Arte di cui abbiamo parlato nelle mani. Tuttavia, nonostante i bravi istruttori a circa 15 anni iniziai a pensare che mi mancava qualcosa, che l’equitazione non poteva racchiudersi solo in quel piccolo mondo e sapere che avevo conosciuto sino a quel momento. Andando fuori e cercando, nonché grazie ad un carissimo amico, soprii la Real Escuela. Folgorato dalla bellezza della Real Escuela cercai l’Alta Scuola in Italia e così conobbi ed iniziai il mio nuovo percorso con il maestro Maurizio Orsolini, il quale in poco tempo è riuscito a prepararmi per la Real Escuela. Da li inizio una seconda fase ed innamoramento di questa grande scuola che mi ha insegnato veramente cosa è l’Arte Equestre, a montare ed a saper capire il cavallo. Poi, raccontare e sapere cosa vuol dire montare alla Real Escuela per fortuna è un privilegio per pochi….!La mia filosofia di vita è stata segnata da questa scuola. Porto anche il bracciale al polso destro e non lo tolgo mai. Tutti coloro che sono stati alla Real Escuela portano questo bracciale. Credo che la parola Real Escuela si possa tradurre in “Magia”. La prima volta che sono entrato alla Real Escuela da cavaliere e non da turista la ricordo indelebile nella mia memoria. Mi ritrovai davanti vicino alla selleria Rafael Soto Andrade, medaglia olimpica di Dressage che fino a quel momento avevo visto solo in televisione. Il tutto mi sembrava un sogno e per una settimana non sapevo credere ai miei occhi ed a dove mi trovavo.
Maurizio Orsolini.
La terra di Sardegna. L’isola del vento… Resterei incantata al solo vedere un cavallo libero al galoppo nel vento della sua isola. Le faccio questa mia riflessione: in groppa ad un cavallo in corsa senza confini, non ci sono “parole” tra cavaliere e cavallo. Si entra in “simbiosi”. Uomo/cavallo diventano un unico. E’ d’accordo?
Sono d’accordissimo, anche perché con il cavallo non servono parole, serve solo sentire. Nuno Oliveira, ultimo grande maestro Classico del 900 diceva: “ Sentite il vostro cavallo, non montatelo come una bicicletta, con delle natiche insensibili…Non voglio vedere cavalieri che si muovono, lavorate tramite il pensiero”. Il Segreto in equitazione è di agire poco ed opportunamente!!! La Sardegna è una terra di cavalli ed anche noi siamo stati invasi dagli Spagnoli e l’equitazione classica e quella cultura la respiriamo ancora oggi.
Concludo l’intervista senza aggiungere altro. Il cavaliere Stefano Pais, ha dimostrato quanto amore c’è tra uomo e cavallo e quanto la loro simbiosi sia un atto di reciproca stima tra essi. All’eleganza dello stile con cui si presentano ai nostri occhi, una considerazione necessaria è da sottolineare: il senso di rispetto per questo splendido animale, è al pari di quello provato per gli esseri umani.
Anna Landolfi.
In copertina: Stefano Pais. Ph. di Pietro Sentina.