venerdì, 22 Novembre, 2024 7:57:07 AM

MONOPOLI – LA DONNA VESTITA DI SOLE – 2^ parte

di Flora Marasciulo.

Miracolosa è la stessa tilma, capace di resistere ormai da cinque secoli. I teli di quella fattura solitamente non resistono più di trenta/quaranta anni pur se conservati con cura.

La fibra vegetale maguey di cui è costituita la tilma, ha una temperatura di 36.6 C° che corrisponde alla temperatura propria di un corpo umano, la tela è viva.

I risultati degli esami compiuti su questa immagine dai pittori e dagli scienziati fin dal 1666 rivelano che è assolutamente impossibile che un’immagine così nitida sia stata dipinta a olio o a tempera sull’ayate, data la completa mancanza di preparazione di fondo.

Il clima del luogo in cui l’immagine è stata esposta, senza alcuna protezione per centotrentacinque anni è tale da distruggere in più breve tempo qualsiasi pittura anche se dipinta su tela di buona qualità e ben preparata, a differenza della tilma di Juan Diego.

Le conclusioni a cui giungono una commissione capeggiata da Miguel Cabrera nel 1753 sono le stesse cui erano giunti  medici e pittori nel 1666; non è un dipinto,  i colori sono come “incorporati” alla trama della tela: è acheropita non fatta da mano d’uomo.

Gli scienziati hanno affermato che il materiale che è all’origine dei colori non è tra gli elementi conosciuti sulla terra.

Nel 1791 si versò accidentalmente acido nitrico sulla parte superiore destra della tela e non ha danneggiato il tessuto, la macchia che si era formata sta lentamente scomparendo.

Il Dottor Juan Homero Hernàndez Illescas ha comprovato, che nel manto della Madonna di Guadalupe è riprodotto, con stupefacente esattezza, il cielo al momento dell’apparizione: quello della mattina del solstizio d’inverno del 1531.

Sul manto sono impresse le stelle più brillanti delle costellazioni principali visibili dalla valle dell’ Anàhuac quella mattina del 12 dicembre del 1531, vi sono raffigurate le costellazioni complete e le stelle, raggruppate in modo reale, sono abbaglianti testimonianze della grandezza del miracolo.

Se ne accorsero per primi gli astronomi messicani dell’epoca.

Nel lato sinistro del manto della Vergine (alla nostra destra perché la vediamo di fronte) si trovano “comprese” le costellazioni del sud: quattro stelle che fanno parte della costellazione di Ofiuco (Ophiucus).

Sotto di essa si vede la Bilancia (Libra) e a destra, quella che sembra una punta di freccia, corrisponde alle prime stelle dello Scorpione (Scorpius).

Scendendo ancora, si possono notare due della costellazione del Lupo (Lupus) e l’estremità dell’Hidra (Hydra).

Più in basso si evidenzia la Croce del Sud (Crux) senza il minimo dubbio, mentre alla sua sinistra appare il quadrato leggermente inclinato della costellazione del Centauro (Centaurus).

Sul lato destro del manto della Madonna si vedono le costellazioni del nord: sulla spalla, una parte delle stelle della costellazione del Bovaro (Bootes) sotto la quale, a sinistra, segue quella dell’Orsa Maggiore (Ursa Maior) che ha la forma di un pentolino.

E’ circondata a destra in alto, dalla Chioma di Berenice (Coma Berenices), a sinistra Thuban, la stella più brillante della costellazione del Drago (Draco).

Sotto le due stelle che ancora appartengono all’Orsa Maggiore, si vedono altre due stelle della costellazione del Cocchiere (Aurigo) e ad ovest, in basso tre stelle del Toro (Taurus).

In questo modo, tenendo conto che le stelle si presentano come proiettate attraverso una sfera su una superficie piana, si identificano perfettamente e nel loro posto le 46 stelle più brillanti alle ore 6 del mattino del 12 dicembre sulla valle del Messico

Don Mario Rojas Sànchez, traduttore dei testi nàhuatl sull’apparizione e studioso della cultura azteca, dopo uno studio accurato su questi due particolari dell’immagine di Guadalupe, partendo dalla somiglianza fra i grandi fiori in braccio visibili sulla tunica della Vergine e il simbolo azteco del tepèl cioè del monte, ha identificato sulla tunica una “mappa” dei principali vulcani del Messico;

quanto alle stelle, lo stesso sacerdote ha potuto accertare, grazie alla collaborazione di alcuni astronomi e dell’osservatorio Laplace di Città del Messico, che esse corrispondono alle costellazioni presenti sopra Città del Messico al solstizio d’inverno del 1531 che, dato il calendario giuliano allora vigente, cadeva il 12 dicembre, viste però non secondo la normale prospettiva “geocentrica”, ma secondo una prospettiva “cosmocentrica” ossia come la vedrebbe un osservatore posto “al di sopra della volta celeste”.

Al tempo della persecuzione  nel 1921 hanno proposto la distruzione della tilma e il Presidente messicano del tempo disse:

Arriverà il giorno in cui io farò dell’ayate di Guadalupe

uno straccio per pulire i piedi dei miei cavalli”.

Nello stesso anno, Luciano Pérez, un attentatore inviato dal governo, nascose una bomba ad alto potenziale in un mazzo di fiori posti ai piedi dell’altare.

L’esplosione fu distruttiva, è possibile vedere il grande crocifisso di ferro interamente deformato, tranne la tilma e il vetro che la proteggeva, in perfetto stato di conservazione.

Da allora, i fedeli del Messico hanno iniziato a venerare questa immagine di Nostro Signore Crocifisso in modo speciale perché considerano che Gesù abbia difeso sua Madre.

Da allora il Crocifisso è stato rinominato “Il Santo Cristo dell’Attentato”.

Il Crocifisso che fu contorto dall’energia sprigionata dalla bomba è un Messaggio di evangelizzazione.

Esami oftalmologici giungono alla conclusione che l’occhio di Maria è un occhio umano che sembra vivo, inclusa la retina in cui si riflette l’immagine di un uomo con le mani aperte: Juan Diego.

L’immagine nell’occhio ubbidisce alle leggi note dell’ottica, in particolare a quella di Purkins e Samson, scoperta nel XIX sec. che afferma che un oggetto in piena luce può riflettersi tre volte nell’occhio.

I risultati sono emersi dall’esame degli occhi della Vergine di Guadalupe.

Si formano tre immagini riflesse dagli oggetti osservati: una sulla superficie esterna della cornea; la seconda sulla superficie esterna del cristallino; la terza rovesciata, sulla superficie interna del cristallino stesso.

Tutto questo è impossibile vederlo su una tela.

 

Negli occhi di Maria (di solo 7 e 8 mm.) si scoprirono piccolissime immagini e le scene sono presenti in entrambi gli occhi. Monsignor Eduardo Chavez, canonico della Basilica di Guadalupe, conferma l’immagine nei due occhi.

Gli occhi dell’immagine stampata sulla tilma, sono di una brillantezza e di una profondità singolari. Già nel 1929, il fotografo Alfonso Marquè Gonzales aveva scoperto nell’occhio destro della Morenita, la sagoma di una figura.

Negli anni 1975-1976 Edoardo Turati Alvarez e l’equipe del dottor Javier Torroella constatarono con apparecchi sofisticati, che gli occhi della Morenita erano vivi, brillanti.

Nel 1977 l’ingegnere peruviano Josè Aste Tonsmann analizzò al computer le fotografie ingrandite 2500 volte, usando le stesse apparecchiature dell’astronave Viking per analizzare la superficie di Marte e vi scoprì i riflessi di almeno tredici persone.

L’immagine è grande la quarta parte di un milionesimo di millimetro; un uomo adulto a gambe incrociate di cui si vedono i lacci dei sandali, i capelli legati dietro l’orecchio e un anello o forse un orecchino;

la figura di un uomo anziano con pronunciata calvizie, barba bianca, naso dritto, sopracciglia sporgenti; alla sinistra dell’uomo anziano la figura di un altro uomo, ancora giovane;

il profilo di un uomo di età matura con barba e baffi, naso grande aquilino, zigomi sporgenti, occhi incavati e labbra socchiuse, nell’atto di aprire il mantello;

alle spalle dell’indio una donna giovane dal volto scuro (molto rara a quei tempi), ma inseguito, uno storico ha mostrato il testamento del vescovo che aveva lasciato i suoi beni alla servente africana.

Il cappello di Juan Diego era una specie di cono che usavano gli indiani vicino al paese, non il sombrero; un altro personaggio con barba;

il vescovo che non parlava la lingua indiana si avvaleva di un traduttore e negli occhi si vede il traduttore del vescovo, un gruppo familiare composto da mamma, papà e alcuni figli di cui uno avvolto in scialle.

Si tratta di personaggi presenti nel palazzo del vescovo quando l’immagine della Morenita si stampò sulla tilma di Juan Diego.

 

Josè Aste Tonsmann avanza l’ipotesi che la Madonna fosse presente, sebbene invisibile al fatto e abbia “proiettata” sulla tilma la propria immagine, aventi negli occhi il riflesso di ciò che stava vedendo.

Un pittore giapponese osservando gli occhi della Madonna è svenuto. Ha poi riferito che non ha mai visto nulla di simile, un volto di donna così vivo e bello come quello della Guadalupe.

Nessuna riproduzione riflette la bellezza. Gli occhi di Maria erano vivi e lo guardavano.

Undici secoli dopo la proclamazione del primo dogma mariano “Maria, Madre di Dio” nel concilio di Efeso nel 431, Lei stessa è venuta a ricordare e a rivendicare di essere “La nostra pietosa Madre” nelle apparizioni sul Tepeyac.

Il Crocifisso aveva detto nel 1205 a San Francesco: “Va e riedifica la mia chiesa che è in rovina”; Lei chiederà a Lourdes nel 1858: “Va dai sacerdoti e di’ loro che voglio che mi costruiscano qui una chiesa”. Lo stesso numero di anni separa questi tre eventi: 326. Può essere un caso?

Il vescovo domandò un segno, e la Madonna, sempre rispettosa con l’Autorità della chiesa glielo accordò. Ma il segno è doppio: le rose e l’immagine di Maria.

A sostegno di un tale messaggio non era sufficiente il segno delle virtù, della santità pur prodigiosa del messaggero, “le rose miracolose del povero uomo”, era necessario il segno di Maria “un segno grandioso” quello dell’Apocalisse 12, incinta di Cristo Re.

Dal pontefice allora regnante, Clemente VII, sono passati 46 papi fino a San Giovanni Paolo II, il primo che è andato personalmente ad onorare la Madonna di Guadalupe nel gennaio 1979.

Un manto da allora venerato, che indica l’incontro tra la cultura azteca e il cristianesimo, modello di evangelizzazione perfettamente inculturata con profondo valore ecclesiale e missionario, come ebbe a dire Giovanni Paolo II nel 2002 in occasione della canonizzazione di Juan Diego.

Un’immagine cara al cuore di tutti i cristiani messicani, diventa patrona dell’intero continente americano attirando a sé la devozione di milioni e milioni di pellegrini nel corso dei secoli ai santuari costruiti nel tempo sui luoghi dove la Vergine si rivelò al santo indio.

La Vergine di Guadalupe con la sua storia e testimonianze di devozione, ha come marchiato a fuoco l’identità nazionale del Messico.

Gli Aztechi avevano mostrato resistenza nei confronti della proposta missionaria degli evangelizzatori fino all’apparizione della Perfetta sempre Vergine Maria, poiché avevano sentito che “La Signora del Cielo” stava dalla loro parte.

Negli anni immediatamente successivi alle apparizioni della Vergine di Guadalupe ben nove milioni di messicani si convertirono alla fede cattolica, quasi a bilanciare, in eccesso, i cinque milioni di cristiani che Martin Lutero stava sottraendo alla chiesa cattolica in Europa.

Ventidue milioni di fedeli arrivano ogni anno alla Basilica di Guadalupe.

Qui papa Francesco I nel febbraio del 2016 ha celebrato una messa con quarantamila persone. Ha detto: “i messicani possono scegliere di non essere cristiani ma sicuramente sono guadalupani”.

Altri papi riconoscono la natura miracolosa dell’apparizione della tilma. L’undici dicembre 1955 la Madonna di Guadalupe viene incoronata solennemente Regina del Lavoro.

Il 12 ottobre 1960 papa Giovanni XXIII indice un nuovo Anno Mariano Guadalupano e proclama la Madonna di Guadalupe “Madre delle Americhe”;

l’anno seguente invia ai messicani un radiomessaggio in cui definisce l’immagine della Vergine: “Suo ritratto dolcissimo non dipinto da mani umane”.

Infine, papa Paolo VI, il 25 marzo 1976, invia una “rosa d’oro” al Santuario del Tepeyac.

Santa Maria di Guadalupe è la Donna dell’Apocalisse,

Donna di Avvento,

Centro di Gesù Cristo,

Arca vivente dell’Alleanza,

Donna Eucaristica,

è l’incontro con Dio attraverso sua Madre.

Si ritiene che l’apparizione di Guadalupe, pur non essendo riconosciuta con un rito ufficiale, abbia ottenuto dalla chiesa cattolica un riconoscimento di fatto.

Secondo la dottrina cattolica, queste apparizioni appartengono alla categoria delle rivelazioni private. 

La Madonna di Guadalupe è venerata dai cattolici come Patrona e Regina di tutti i popoli di lingua spagnola e del continente americano,  ridando vigore al culto di Nostra Signora del comune spagnolo di Guadalupe del XIV sec. in Estremadura.

La sua festa si celebra il 12 dicembre, giorno dell’ultima apparizione; in Messico è festa di precetto; 

In memoria dell’apparizione sul luogo fu subito eretta una cappella come richiesto dalla Vergine.

Nel 1557 il nuovo vescovo, padre Alonso De Montùfar O.P. fa costruire un’ermita più grande di quella eretta ventisei anni prima dal suo predecessore, e il 10 settembre 1600 vi è la posa della prima pietra del primo vero santuario, la “Iglesia de los indios”, che viene consacrato nel novembre del 1622. 

Infine nel 1976 è stata inaugurata l’attuale Basilica di Nostra Signora di Guadalupe.

In Italia troviamo un santuario dedicato alla Madonna di Guadalupe. E’ un luogo di culto cattolico nel paese montano di Santo Stefano D’Aveto in Liguria.

La chiesa presenta uno stile gotico ed è l’unico santuario in Italia dedicato a Nostra Signora di Guadalupe.

La tilma è l’estensione dell’uomo stesso, della sua persona. La indossavano come i romani con un nodo sulla spalla.

Con questa si contrae matrimonio, un nodo con la tilma e il vestito della donna è simbolo di matrimonio.

Ecco perché la Madonna di Guadalupe ha scelto proprio questa stoffa, perché fa un matrimonio spirituale con il popolo.

Quando l’uomo è nobile le tilme possono essere dipinte, colorate, ma Juan Diego non è nobile è un povero e semplice macehual e la tilma è senza colori ed ecco che la Madonna di Guadalupe con i suoi colori rende nobile Juan Diego.

La tilma con l’acqua si restringe invece è perfetta sia con l’acido e nonostante il clima messicano sia caratterizzato da un’atmosfera ricca di salnitro.

Dopo la morte di Juan Diego, avvenuta il 30 maggio 1548, i fedeli gli tributarono il culto alla maniera dell’epoca.

Fu sepolto nella cappella dedicata a Nostra Signora di Guadalupe ai piedi della Santa Immagine.

In seguito al decreto del non cultu di papa Urbano VIII che proibiva ogni culto prima dell’approvazione ecclesiastica, le spoglie furono allontanate dalla cappella ma i fedeli non si dimenticarono mai di lui.

Flora Marasciulo.

 

 

 

 

 

 

 

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