“Il gioiello del rococò in Italia” così è stata definita la Chiesa del Carmine di Oristano dallo storico dell’arte Corrado Maltese nel 1962.
Fu inaugurata il 12 aprile 1785. L’opera è stata finanziata da don Damiano Nurra, marchese d’Arcais e progettata dall’architetto sabaudo Giuseppe Viana.

Cupola finestrata dalla base dell’altare.
Rappresenta un modello di “architettura di luce”. L’interno, non ostruito da colonne, consente la diffusione morbida e avvolgente della luminosità offerta dagli ampi finestroni laterali ovali e dal finestrone reniforme che spezza il timpano della facciata.
Le decorazioni, gli stucchi, le volute e le balconate hanno la delicatezza del tardo barocco piemontese. Nel volume è presentato l’interno della chiesa, “sussidiaria” della Cattedrale di Santa Maria Assunta di Oristano.

Con la sua unica navata, affiancata da quattro cappelle semicircolari, il presbiterio con il suo impianto marmoreo nella balaustra e nell’altare maggiore, è opera del professore di marmo Giovanni Battista Spazzi.
Lo scultore, appartenente ad una famiglia di marmorari originari della Valle di Lanzo nelle Alpi Occidentali, fu scelto dal potere sabaudo dell’epoca, per il suo stile rococò.

Lo sguardo dell’autore si sofferma sulla luce diffusa, appena attenuata da lievi penombre, valore simbolico dell’architettura post-tridentina.
La formazione dell’architetto Giuseppe Viana richiama la lezione di Filippo Juvarra nella luminosa chiesa del Carmine torinese e nelle scenografiche Basilica di Superga e Palazzina Di Caccia di Stupinigi.

La chiesa, aperta per le visite il mercoledì e sabato mattina, fa parte dal 2019 del progetto “Aperti per voi” del Touring Club Italiano, l’unico sito in Sardegna.

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