venerdì, 5 Dicembre, 2025 10:24:04 AM

Bari – Sabrina Briscese – Ragazzi invisibili – Capitolo I

RAGAZZI INVISIBILI

Una piccola storia d’amore

di Sabrina Briscese

CAPITOLO I

Lucrezia era seduta sul letto e leggeva il suo libro preferito. Amava leggere, la distraeva dalla realtà. Amava fantasticare, parlare con i personaggi.

Mentre leggeva entrava nella storia, si sentiva lì con loro, nelle carrozze, nelle auto, nelle loro case. Lì Lucrezia era presente, era viva.

Nella realtà si sentiva sola, accendeva il telefono, apriva Instagram e vedeva i suoi coetanei che si divertivano. Era felice per gli altri ma, era più forte di lei, soffriva per sé stessa.

Quando stava a scuola non si sentiva compresa da nessuno, non riusciva a partecipare alle conversazioni, era sola in mezzo ai suoi compagni.

Allora, durante la ricreazione, immaginava l’esistenza di altri mondi più felici, di realtà in cui lei avrebbe potuto avere un ruolo vero, non di semplice spettatrice.

Gli altri pensavano che fosse strana o che fosse stupida. Se ne accorgeva proprio perché non era stupida. Frequentava l’ultimo anno di liceo, in una classe di venti studenti.

Erano quasi tutte ragazze e pochi ragazzi. Amava molto ascoltare le lezioni, soprattutto quelle di letteratura, perché le stimolavano l’immaginazione e la creatività.

Quando suonava la campanella della pausa si formavano dei gruppetti tra i compagni che avevano rapporti più stretti tra loro.

Anche lei si alzava, non ce la faceva a rimanere seduta tanto tempo, e girovagava per la classe, ascoltava di nascosto le conversazioni dei vari gruppi o semplicemente camminava, come se non avesse una meta.

Quando Lucrezia si avvicinava a qualcuno e, vincendo la sua timidezza, cercava di iniziare una conversazione, certo le rispondevano, qualche volta per pura cortesia, poi però ricominciavano le lezioni, tutti si sedevano ai loro posti e il breve incanto spariva.

Ci era abituata, accadeva da anni, questo era l’ultimo, pensava, poi avrebbe iniziato una nuova avventura, con nuove persone. Sospirava immaginando cosa avrebbe fatto dopo il liceo.

Finite le lezioni tornava a casa per pranzare con la sua famiglia. La tv mostrava tutte le atrocità del mondo, oppure mandava in onda programmi di intrattenimento per far dimenticare quegli orrori.

Queste ultime erano le trasmissioni che piacevano molto ai suoi genitori e facevano loro dimenticare la giornata di stressante lavoro, e che li anestetizzava dai problemi dei figli.

Questo lei lo sapeva e, dato che voleva loro bene, evitava di parlarne perché era cosciente dei loro limiti.
Il fratello era più grande di due anni e frequentava il secondo anno di università.

Lucrezia gli voleva bene e amava andare nella sua stanza per cercare di parlare con lui. D’altronde non sapeva con chi altri conversare, non aveva amici e aveva bisogno di sfogarsi parlando con qualcuno.

Purtroppo lui, come tutti i fratelli maggiori, non le dava molte attenzioni, preso come era dallo studio o dai suoi interessi.

Tutti i giorni la stessa routine. Andava a scuola e i soliti gruppetti di amicizie superficiali, che era convinta sarebbero sparite dopo l’estate, si riunivano a chiacchierare di uscite serali, di passeggiate sul lungomare sotto la luce dei lampioni e una leggera brezza marina ad attenuare il calore estivo.

Mai nessuno volgeva lo sguardo dalla sua parte, come se non fosse visibile. Anche lei avrebbe voluto partecipare ai loro discorsi. Era questo che desiderava ogni giorno, e non capiva perché ne fosse esclusa.

Le sarebbe piaciuto avere persone con le quali condividere i suoi stessi interessi, ma non sapeva come trovarle.

Fine I capitolo.

In copertina: Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) – Ritratto di Irene Cahen d’Anversa 

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