mercoledì, 25 Dicembre, 2024 9:05:19 PM

BARI – Sabrina Briscese – Un amore da sogno – III parte

Si evolve il racconto. I sentimenti si incontrano. I protagonisti si accorgono l’uno dell’altra. L’autrice manifesta tutte le palpitazioni degli adolescenti. I primi battiti di cuori sorpresi da emozioni che matureranno in amore.

Di seguito, la terza parte del racconto di Sabrina Briscese: “Un amore da sogno”, che l’autrice gentilmente concede ai lettori che vogliono ancora sognare.

Sabrina Briscese

Finita la festa ritornammo a casa, ma non riuscivo a prendere sonno per la troppa emozione, ero felice di aver festeggiato e soprattutto che Tommaso era diventato mio amico. Il mercoledì successivo proposi a Maria e le altre due di uscire e di invitare il gruppo per il sabato.

Gabriele e Gianluca dissero di sì e, cosa che mi interessava di più, anche Tommaso accettò. Decidemmo il locale e prenotammo. Ero elettrizzata. Nei giorni successivi non pensai ad altro. Lo rivedrò sabato, come mi vestirò? Elegante o casual? Capelli lisci o ondulati? Mi troverà carina?

Sabato accadde l’incredibile, non si presentò nessuno dei nostri amici, così io e lui ci trovammo da soli. Era molto imbarazzante, cercavamo disperatamente qualche argomento di interesse comune, ma ogni volta i tentativi fallivano miseramente. Mi veniva da piangere, che occasione persa!

Sembrava proprio che la serata stesse per naufragare! Per fortuna arrivò il cameriere per l’ordinazione delle pizze e miracolosamente scoprimmo di avere gli stessi gusti. Ordinammo entrambi la Francesina e incominciammo a parlare dei nostri piatti preferiti: ”Cosa ti piace di più?” “La lasagna” “Anche a me” “E le bombette?” “Divine!” Ci eravamo sbloccati. Arrivarono le pizze e tra un boccone e l’altro iniziammo a conoscerci meglio.

Verso le 11 di sera decidemmo che era ora di ritornare e Tomas, così gli piaceva essere chiamato, mi accompagnò a casa. Aspettò che fossi entrata nell’ascensore prima di andarsene – che gentiluomo – ed io lo avevo visto dallo specchio – come è affascinante… Andai subito a letto e, pensando a lui, dolcemente mi addormentai.

Il giorno dopo mi svegliai di ottimo umore. Subito telefonai a Maria e le raccontai tutto. La mia amica disse: “Hai visto! Secondo me lui è innamorato! E poi non volevi chiedergli l’amicizia” e si mise a ridere. Io le risposi: “Hai ragione! Avevo paura, comunque penso che ci dovremo rincontrare presto! Grazie Mari ti voglio bene!” Decidemmo di vederci e quella mattina andai a casa sua.

Appena fummo insieme le dissi eccitata: “Sai che quando siamo arrivati a casa mia ha aspettato fino a che non sono sparita nell’ascensore?” e mentre lo dicevo arrossii di nuovo – Che stupida che sono – pensai – Questo rossore me lo devo far sparire -. Le confidai che lo amavo troppo e mi ci volevo fidanzare, e la mia amica mi propose: ”Perché lunedì non gli dici cosa provi?”.

Non ero molto convita, avevo paura, però le risposi che era una buona idea. Il giorno dopo a scuola, all’inizio lo cercai all’entrata, ma non lo vidi così aspettai impaziente la ricreazione. Il tempo non passava mai, le lancette dell’orologio sulla parete sembravano muoversi con una lentezza esasperante.

Finalmente ORE 11. Mi fiondai alle macchinette. Lui non c’era. Per non far vedere che ero lì ad aspettarlo presi una merendina, ma si incastrò. Cercai con la mano di raggiungerla, ma non ci riuscivo. In quel momento sentii una voce: “Hai bisogno di aiuto?” e sentii una mano entrare nella macchinetta.

Là capii che era lui, Tomas, che mi stava aiutando. Gli sfiorai dolcemente la mano e diventai rossa, di nuovo, poi ritrassi la mano e lui riuscii a prendere la merendina incastrata. Me la porse timidamente con lo sguardo basso, poi cercò di parlarmi e anch’io cercai di dire qualcosa, ma iniziai a farfugliare cose senza senso, ero troppo agitata e scappai.

Mentre stavo andando via mi sembrò di sentire un “Ti amo” detto con un fil di voce. Ma era proprio vero o me lo ero immaginato? Ero arrabbiata con me stessa. Sarei voluta ritornare da lui per abbracciarlo e invece ero qui a piangere sul latte versato. – Che stupida che sono. –

Andai in classe, ma non entrai subito perché non volevo che gli altri mi vedessero rossa in viso e in lacrime, presi un fazzoletto, mi asciugai e mi sedetti al mio posto. Maria mi vide, mi raggiunse, e disse qualcosa, ma io ero persa nei miei pensieri, non riuscivo a parlare e non riuscii a trattenere una lacrima che scese amara sulla mia guancia.

Mi richiese: “Cosa è successo?” “E’ andata male, lui non ti ama?” io feci segno di no e allora lei continuò: “Ma allora cosa è successo?” Avevo un nodo alla gola, uscirono solo dei singhiozzi poi dissi: ”Non mi va di parlarne ora, ti prego!”.

La mia amica si alzò, mi abbracciò e mi sussurrò affettuosamente: “Ricordati che io ci sarò sempre per te” e mi lasciò ai miei pensieri.

Fine terza parte.

 

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