lunedì, 18 Novembre, 2024 1:38:16 AM

Barletta – Dario Savino Doronzo – Orizzonti da esplorare

di Anna Landolfi.

Si spiega senza pause. Non sono sorpresa da tanta determinazione. Lo evinco ascoltandolo nei suoi concerti.

Una certezza artistica frutto di studi e ancora più da un orizzonte, come convintamente considera il suo percorso, il fine per il quale suona: una mission professionale con il suo alter ego, il flicorno e il compagno di viaggio Pietro Gallo, pianista.

Il piacere di avere intervistato Dario Savino Doronzo, è avere compreso che lui E’ un musicista. Un artigiano della musica che scava e trasmette quello che lui sente quando si fonde con il suo strumento.

Se non è una mission, questa… E così, ad ogni domanda, aspetto ansiosa la risposta, perchè Dario Savino Doronzo, quando parla, non ha pause, non deve pensare cosa dire: semplicemente SA cosa dire.

Credo siano necessarie solide basi accademiche per poter poi essere liberi di amplificare il personale genere musicale. Lei “firma” il suo repertorio con caratteristiche professionali di lunga data. Eppure lei è giovanissimo. Si chiama talento. Ne era consapevole?

All’inizio non ero consapevole del mio percorso e delle mie prospettive future. Sapevo solo che mi piaceva tanto suonare, emozionarmi su un palco, stare ore ed ore ad esercitarmi con il mio strumento.

Con il tempo e con i primi riscontri, ho compreso che questo era il mio mondo, la mia casa. È stato tutto naturale ed ancora oggi non sto a rimuginare sul concetto di ‘talento’.

Per me il talento è una qualità positiva del musicista che non viaggia da sé, ma che necessità di essere combinata a studio e perseveranza per ottenere riscontri adeguati e il raggiungimento di avvenenti traguardi.

Certamente quando ricevo apprezzamenti di ‘talento’ dal pubblico e dai critici mi sento lusingato, mi inorgoglisco ma resto comunque con i piedi per terra. So solo che sono nel posto giusto e penso che questo il pubblico lo percepisca.

Dario Savino Doronzo

Gli studi li perfeziona con l’ingegneria del suono. Un salto di tecnologia avanzata nel pianeta delle note. In che modo applica questi studi così mirati di ascolto e visione, nei suoi concerti?

L’ingegneria è un’altra mia passione, purtroppo a lungo messa da parte per gli impegni musicali. Questo percorso di studi mi ha permesso di poter conciliare due parti della mia personalità, ossia l’estro artistico e il rigore scientifico.

Devo dire che il mio background di studi ingegneristici mi hanno aiutato tanto nella mia vita musicale, specialmente nell’organizzazione-gestione dei miei progetti e delle mie attività.

Pietro Gallo, Daniele Sardone,

Gabriele Mirabassi, Dario Savino Doronzo

Sappiamo tutti che la musica è in stretta sinergia con l’ingegneria e la matematica in generale. La troviamo nel tempo, nell’armonia, nella melodia, nell’improvvisazione, etc.

L’idea calviniana dell’OuLiPo ne è un adeguato esempio. Non ci sono mondi inconciliabili, il sapere è unico!

Con il flicorno? È con il suo strumento che ha il calore dal suono penetrante, il merito di queste trasmissioni di emozioni?

In sé il flicorno ha un suono penetrante, scuro, avvolgente e sicuramente contiene in tale sua caratteristica la potenzialità innata di trasmettere emozioni, passioni in modo diretto.

Tuttavia sta all’artista veicolare tali emozioni, renderle decifrabili per il pubblico e coinvolgerlo in un percorso, un vero viaggio. Lo strumento prede ‘vita’ solo con l’artista, di contro il flicornista senza strumento non potrebbe dar voce alla Musica ed esprimersi.

Duo Re-Imagine. Museo Nazionale della Musica. Lisbona

Ha un feedback notevolissimo: New York, Ottawa, Buenos Aires, Tirana, Salonicco, San Antonio…Istanbul, solo per citare alcuni dei luoghi dove ha suonato. Latitudini e culture diversissime. Si riconosce nella musica, il linguaggio universale. E lei: è un musicista italiano all’estero o un cittadino del mondo? Non mi fraintenda: non pecco di identità nazionalista, ma un musicista quale è lei, dovrebbe sentirsi a casa sua dovunque…

Nei concerti porto me stesso e questo implica anche la mia nazionalità, la mia terra, il mio background culturale. Non sono diverso quando vado all’estero.

Non sarei Dario e non riuscirei a fare Musica, non so se il pubblico ‘sente’ la mia nazionalità, il mio essere profondamente legato alla mia terra, alle mie origini e alla mia famiglia.

Ma credo che questo sia in ogni caso percepibile. Io, ovviamente, fuori dalla mia terra natia sono una spugna e assorbo tutto ciò che di bello questi luoghi mi donano, sono sorgenti preziose per i miei nuovi progetti e concerti.

Duo Re-Imagine. Museo Machado de Castro. Coimbra

Così mi sento felicemente a casa in tutti quei luoghi che riescono a ispirarmi ed entrare nel cuore-mente in modo del tutto naturale.

Condividiamo le emozioni provate quando è su un palcoscenico: dov’era e quando accadde la “prima volta” …

Dovrei distinguere varie ‘prime volte’ nella mia carriera…ho calcato il primo palcoscenico durante il mio percorso scolastico alle medie e ricordo esattamente come ieri l’entusiasmo di essere lì, parte di un gruppo di musicisti in erba come me.

Ricordo con gioia il Concorso con l’orchestra scolastica presso Casamicciola Terme nell’Isola d’Ischia. Mi sentivo così elettrizzato!

La prima volta da professionista all’estero è stata, invece, in Argentina, precisamente a San Juan e Buenos Aires.

Duo Re-Imagine. Carnegie Hall. New York

È stato entusiasmante… si può dire che proprio lì ho capito qual era il mio destino e la mia vocazione. Suonare davanti ad un pubblico, calcare diversi palcoscenici nel mondo! La musica, ed io con essa, dovevamo viaggiare! Ed ecco, così è stato.

Posso esprimere le mie sensazioni ascoltando “O cessate di piagarmi”, nella formazione Duo Re-Imagine con al piano Pietro Gallo e “Saluto da un altro tempo” da solista? Quei suoni, quelle pause, quelle parole dette con le note…ho provato una dolce malinconia, una visione immaginaria di spazi infiniti e pacifica solitudine. È il flicorno? O è lei?

Innanzitutto ti ringrazio per il complimento. Non è solo il flicorno, sicuramente. Come non è solo il piano. Spero che tutto il pubblico si renda conto dell’amore e passione che io e Pietro (Pietro Gallo, pianista, n.d.r.) stiamo cercando di trasmettere!

Ovviamente anche gli strumenti ci stanno aiutando…come ho detto poc’anzi, il flicorno è uno strumento così intimo e così ‘speciale’ per me. Sa leggermi dentro, è come se fosse il mio migliore amico.

Duo Re-Imagine. Carnegie Hall. New York

Posso considerarlo come un prolungamento della mia bocca, della mia anima. Io gli parlo senza barriere, senza maschere e lui non tradisce le mie aspettative. Sa ascoltarmi e parlare per me, come se fosse me.

“Dall’amor più sventurato” mi avete commossa. Mi scusi, ma tra lei il M° Gallo, è una gara a farci sentire quieti. Sereni. Certo è una riflessione sui sentimenti, ma mai depressa o sconfortante, anzi, direi incoraggiante. Bè, nel disagio imperante dei sentimenti, lei ci fa terapia. Ma lei si ascolta? Nel senso: prova ciò che prova il pubblico quando suona?

Sono ben lieto di trasmettere questa idea di amore e passione. Il concetto terapeutico della nostra musica dipende in effetti dalla nostra idea di amore e passione nei confronti dell’arte e del mondo che ci circonda.

Non è straziante, non è mai impossibile o deprimente. Semmai è, come lei ha detto, confortante e speranzosa. Abbiamo speranza nell’umanità, in un’altra possibilità… sempre.

Duo Re-Imagine. Carnegie Hall. New York

So che in questo periodo storico fa strano sentire queste parole ma mi creda, abbiamo tanto bisogno di speranza e di coraggio per costruire un mondo migliore e la musica, con la sua natura e la sua armonia intrinseca, può esserne il giusto veicolo.

Ringrazio tantissimo l’amico Daniele Sardone per aver creduto in noi e nel nostro progetto. Ci ha donato tanta bella musica. Ne siamo veramente grati.

Quindi lei è IL musicista che sa come è trasmesso un suono e lo fa con il suo strumento. Non è solo questione di udito, sono emozioni. È qui che applica i suoi studi di ingegnere del suono? Mi perdoni: ma qui si entra nella branchia della psicologia del suono…

Non so se l’ingegneria mi abbia aiutato a veicolare le emozioni o piuttosto è la mia indole naturale a farlo.

Sicuramente sono affascinato dalla psicologia lavorando anche, da diversi anni, nel settore scolastico. Indago ogni giorno i sentimenti umani per deformazione professionale e non solo.

Indago prima me stesso e poi il rapporto che io ho con il mondo o, meglio, come vorrei che fosse. Rifletto molto sui rapporti umani per migliorarmi e cercare di trasmettere quanta più positività possibile.

Cerco di capire il perché delle nostre azioni ed infine cerco di immettere, nelle note della musica che produco, tutto il mio essere e la mia intima anima.

Mi congratulo, allora: suono e emozioni. Lei è più che un musicista. Quando è docente, insegna anche questo ai suoi studenti?

‘Insegnare’ una tecnica attraverso cui trasmettere emozioni non è certo cosa facile. Spero che i miei alunni sentano la passione con la quale lavoro con loro e per loro, per far comprendere il valore della musica, la sua bellezza e la sua armonia.

Devo essere sincero, molte volte sono loro ad ispirare ancora oggi la mia voglia di migliorarmi perché mi ascoltano, mi ammirano e sognano ad occhi aperti.

Ecco, mi piace pensare che io dia loro la voglia di sognare ad occhi aperti e soprattutto quella di ‘lavorare’ con amore e passione per intraprendere un percorso musicale ricco di soddisfazioni.

Delle tante interviste, ho acquisito impressioni svariatissime. Mi permetta: se i ballerini non ballano solo con i piedi…i musicisti non suonano solo…?

Concordo con questa sua affermazione. La musica, come le altre arti, non si basa solo sullo strumento o sulla perfezione formale delle tecniche musicali.

Si ‘suona’ anche con la mimica facciale o con il corpo! Ad esempio, tanti giornalisti hanno notato che a me piace ‘muovermi’ sul palco, cercando anche di coinvolgere il pubblico nella performance.

Non voglio che sia solo una trasmissione univoca delle emozioni ma, come nei rapporti d’amore, desidero che ci sia uno scambio di sentimenti, emozioni, paura, felicità…tutto.

Sento così non solo di parlare ‘al pubblico’ ma ‘con il pubblico’. Mi sento completo e penso che questo sia molto gradito dagli spettatori.

Allora questa è Arte. Un’ultima domanda? Il suo prossimo concerto? Il suo prossimo CD? Cioè: mi ha dato talmente tante suggestioni, che ovviamente le chiedo dove altro potremo seguirla.

Ci sono tanti progetti per il Duo e per me…alcuni sono già definiti ed altri sono ancora nella fase embrionale. Ovviamente non mi fermo mai.

Anche quando sto per avviare un progetto, già penso al successivo. Sicuramente ora c’interessa molto la promozione del nuovo album a cui teniamo tantissimo.

Saremo impegnati in questo anche per il 2024. In programma ci sono concerti a Sydney, Los Angeles, Praga, Belgrado, Cracovia, oltre che in Italia.

Parallelamente penso anche ad un lavoro da solista, intimo, speciale in cui poter confrontarmi solo con me stesso, senza una spalla. Io e il mio strumento.

È impegnativo già solo pensarlo, ma sento il bisogno di intraprendere anche questa strada… Per il resto non ho confini ma solo orizzonti da esplorare!

Ha una profonda identità della sua terra. Un privilegio che porta con sè quando si esprime con il suo strumento. Questa sensazione è ben percepita dal pubblico.

“Sa ascoltarmi e parlare per me, come se fosse me”: c’è amore in questa frase che il musicista dice. Ed è una sensazione di forte apparteneza tra lui e il flicorno.

Una magia professionale che Dario Savino Doronzo dimostra ogni qualvolta, in scena, diventano un unico organismo tra loro e la musica.

Anna Landolfi.

 

 

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