martedì, 23 Aprile, 2024 5:02:12 PM

BIC, la decima Musa dell’Arte di Valerio Pisano

di Anna Landolfi.

Ci credo quando gli artisti dicono: “…sai Anna, aspetto la mia Musa ispiratrice. Senza di lei non potrei creare”. Ci credo perchè, lontana dai miti classici, una Musa può nascondersi in quasiasi altra forma che non sia idealizzata dalla mente umana. Ci credo perchè andando alla ricerca di talenti delle arti, mi sono imbattuta in uno degli artisti che più somiglia al mio tempo: Valerio Pisano. Navigando a vela spiegata negli oceani di Internet, non ho vascelli o galee, nè galeoni e nemmeno corvette, resto sorpresa dalla determinazione di questo artista che della più comune e banale penna a sfera, ne fa Musa ispiratrice: la Bic. Sìsì, proprio la Bic, la comunissima penna da 50 cent. di €, acquistabile da un popolarissimo negozio di cartoleria o tabaccheria o anche nei grandi magazzini. Nemmeno il mercato della Cina la riproduce, tanto è comune questa penna. Approdo alla sua isola (a forma di Bic) e lo cerco disperatamente curiosa di chiedergli…

Lei è geniale. Mi permetta questa considerazione. Ho sfogliato decine e decine di suoi lavori: stentavo a capire quale Musa fosse la sua ispiratrice d’arte: una biro. Spiega che sin da bambino è stata la sua “amica” d’arte. Difficile pensare la Bic come una banale penna a sfera. Perché la penna a sfera e non la stilo?

Perché è stato il primo strumento che mi sono trovato tra le mani. Il primo strumento con cui ho pasticciato, cercato di disegnare nei momenti in cui il materiale da disegno non era all’interno della borsa o sul banco.  Alle elementari la materia “disegno” veniva fatta soltanto il sabato per un’ora, che si trasformava poi in mezzora. Quindi per non dare nell’occhio, usavo lo strumento legittimato per prendere appunti, per disegnare senza destare sospetti.  Feci una prova usando la stilografica, il pennino con la china, il rapidografo, ma nessuno di questi strumenti mi piaceva. Avevo già diversi anni di esperienza con la penna a sfera e ricominciare da capo e modificare la tecnica che stavo usando non rientrava nelle mie ambizioni.

La manualità acquisita nel tempo, le ha permesso di creare con la Bic un mondo parallelo alle arti tradizionali. Chi l’ispiratrice? La penna a sfera o la sua fervidissima fantasia?

Senza ombra di dubbio la fantasia.

Intendo, quindi, che la Bic è solo uno strumento. Ne è certo? La Bic è essa stessa protagonista dei suoi lavori.

Potrei dire che è stato uno strumento fino al 2009. Anno in cui in un momento di noia e di scarsa ispirazione, disegnavo la mia prima penna poggiata. Tale disegno veniva scambiato da un medico per una penna vera. La sorpresa di quest’ultimo diede la scintilla alla mia fantasia ed iniziò la fortunata serie che ad oggi ha raggiunto il numero di 1928 disegni con tema “penna Bic”. Dopo questa data, la penna, da strumento si è trasformata in protagonista dei miei lavori. La penna, protagonista, che ritrae se stessa diventa strumento che disegna altri strumenti e altri protagonisti.

I suoi primi lavori mi riportano all’astrattismo del ‘900 di Klee, Kandinsky o dell’italiano Achille Perilli. Rappresentazioni della realtà “parallela” alla realtà, suscitando sgomento tra gli accademici. Tra pastelli, acrilici e olii, che lei sperimenta, scopre che è la Bic che “libera” la sua creatività. Essa però non le permette gamme di colori che hanno gli altri materiali. E’ un limite?

Un limite sicuramente sormontabile. In passato infatti ho creato lavori usando la combinazione penna-pastelli, penna-carta carbone, penna-pennarelli. Inoltre attualmente, oltre gli storici colori, sono in commercio penne bic gialle, due tre tipi di verde e di azzurro, rosa, viola. Tutte penne che uso e che mi permettono di continuare la produzione.

…è ha necessità di sfumature di colori per creare i suoi lavori?

In alcuni lavori, come per esempio i tappi rossi che nuotano tra le alghe verdi o galleggiano cullate dalle onde la sfumatura tra i verdi, i blu, il giallo hanno permesso questo gradevole effetto. Mentre la sfumatura monocromatica, effettuata esclusivamente con una sola penna blu è rappresentata dal disegno di una goccia d’acqua.  Inoltre anche i tappi che disegno sono disegnati sfumando due colori.

Lascia gli studi in quinta ginnasio. Cioè, mi scusi, le sue opere d’arte hanno un background di spessore culturale. Leggo però che a 19 anni entra nel mondo del lavoro. Sembra una teoria deduttiva: la sua “natura artistica” è innata o il liceo l’ha preparata? Un talento senza studi, si spegne, lei invece, acceca con i suoi lavori. Che cos’è che non comprendo?

Quello che non comprende sto cercando di comprenderlo anche io mentre rispondo. E’ una domanda che nessuno mi ha mai posto e mai me la sono posta.  Quindi nel raccontarmi sicuramente salterà fuori la risposta. Non sono mai stato un bravo studente. Perennemente distratto in tutto il mio percorso scolastico. Attratto e incuriosito da tutto ciò che mi circondava. Alternando il guardare la forma curiosa di una nuvola con il guardare in terra e notare che due buchi sull’asfalto creano un viso se sommati ad un’ombra proiettata.  Ero un bambino iperattivo. Ai giorni d’oggi si direbbe così. Ma all’epoca si usavano altri aggettivi più coloriti. Spesso disturbavo. Ero un Lucignolo ed un Pinocchio allo stesso tempo. Cercavo di trovare spunti per sorridere e far sorridere. Due anni alle medie presso l’Istituto Salesiano li ho persi. Il mio carattere mi faceva prendere punizioni a cinque dita. La preparazione scolastica per chi aveva voglia di studiare era ottima, ma io ero diverso. Percepivo l’intenzione dell’Istituzione. Dovevo essere corretto. Dopo essermi spostato alle scuole pubbliche il percorso fu più lineare anche se il mio atteggiamento verso il “banco” era rimasto invariato. Oggi mi chiedo se fossi soltanto io il problema, oppure il tipo di scuola era impreparata a gestire ragazzini con caratteristiche come le mie?!?

Mi sono iscritto al liceo classico per seguire i miei amici, non perché avessi interesse alla preparazione che quel tipo di liceo dava. Avrei dovuto fare una scuola professionale, una scuola artistica, ma non avevo dato all’epoca il giusto valore a ciò che creavo.  Le mie creazioni mi hanno sempre accompagnato in ogni fase della mia vita. Scolastica, lavorativa e durante il tempo libero. Posso affermare che nel mio caso il mio mondo artistico l’ho creato io, in completa libertà, senza troppi condizionamenti. Condizionamenti, se ci sono stati, possono essere stati anche acquisiti inconsciamente. Nel mio percorso artistico ci sono stati dei cambiamenti importanti. Il primo è stato quando ho deciso di non riempire i fogli così come li riempivo prima. Infatti creare disegni cercando di non lasciare un punto bianco sul foglio, o lasciare meno bianco possibile, richiedeva tempi troppo lunghi. Quindi ritenni necessario creare disegni più equilibrati, giocando con le forme e le sfumature.  Per questo cambiamento non ho studiato, ho disegnato e mostrato, sperimentato e mostrato. Accettato consigli e critiche con molta serenità.

Nel 2006 durante un periodo difficile, creavo “Profumo di Ringhiera”. Più di 200 disegni di “invenzioni” strampalate raccolte in un libro che non ho pubblicato perché due contratti proposti non erano soddisfacenti. Per questo non ho studiato. Ho solo disegnato e pensato in ogni momento della giornata e della notte. Sempre con me un foglietto dove scrivere gli appunti delle idee, disegni da realizzare e soluzioni per realizzarle. Decisi di costruire fisicamente 23 di questi 200 disegni. Un caro amico artista Gianleonardo Viglino, mi permise di usare il suo laboratorio ben attrezzato per realizzare questa selezione. Grazie ai suoi consigli nel giro di 3 anni di lavoro, senza aver studiato, avevo lavorato al tornio pietra, legno, plexiglass e metallo, avevo costruito io il manico della “chitarra da pesca” perché il falegname non aveva tempo (o forse voglia) per fare un lavoro di quel genere. Ho imparato a lavorare resine e vetro.

“Natività”

Anche per questo non ho studiato. Ho provato, lavorato giorno e notte e sbagliato, ma alla fine sono riuscito a creare le mie 23 opere. Nello stesso periodo in cui finivo il progetto “Profumo di ringhiera” è nata la prima penna di questa inesauribile serie. E anche in questo caso non ho studiato. Dopo questa riflessione penso che il motore di tutto ciò sia alimentato da:

  • Cocciutaggine;
  • voglia di fare qualsiasi cosa. Anche “inutile”, ma che susciti un sorriso, una emozione, un pugno nello stomaco, sorpresa;
  • voglia di creare cose originali;
  • voglia di crescere artisticamente.

 In estrema sintesi, creare tutto ciò che mi passa per la testa. E per fare questo basta la mia testa con l’aggiunta di tempo.

La Bic come scultura. La elabora, la rimodula. Se Wharol non avesse infinitamente riprodotto la Monroe, direi che lei potrebbe farlo con la Bic. Da ragazzina mordevo il cappuccio delle Bic. Con gli occhi di oggi, commettevo un sacrilegio. Vedo i suoi lavori e mi rendo conto che l’affusolata forma del cappuccio è la sua Musa d’Arte. Non posso non pensarla “innamorato” di questa forma. Le dà continui input a creare. Le dà vita. Chi è che si ferma di fronte all’altro a osservare? Lei o la Bic?

Innamorato non virgolettato. Come si può non innamorarsi di questo oggetto talmente comune che passa quasi inosservato e ti permette di creare un mondo che non è stato ancora creato? Si è visto di tutto nel mondo dell’arte. Ma la penna che ritrae se stessa? La penna che prende vita? La penna che si veste e si trasforma in ciò che vuole? La penna animata? E’ la mia originale creazione. E adesso che le ho dato la vita, mi riconosce. Lei mi guarda con riconoscenza, perché ho dato valore al suo contenuto, alla sua potenzialità, alla sua sofferenza nel non potersi esprimere o capitare nelle mani sbagliate. Io la osservo con soddisfazione davanti a quello che ha disegnato. Brava figlia mia!

Il “San Sebastiano”, “La Bic di Vitruvio” e poi “Il carpentiere”, Papa Wojtyla e la serie delle Bic in costumi sardi…” “La dama con…la Bic”, ma questo è dadaismo. Lei è un artista della provocazione. Demolisce il mito con una…penna. Sono sicura che si diverte un mondo. Lei è anche un grafico. Nulla di quello che vedo è casuale. Le Bic corridori e l’atleta-Bic italiano. Ha ricevuto critiche? Lei “dissacra” le divinità dell’Arte…vedi la Bic fonte di vita ne “La creazione di Adamo”. Fa storcere il naso agli accademici…

Dissacro. Si. Sono consapevole di questa mia tendenza. Non solo nelle creazioni artistiche ma anche nel parlare. Storpio parole, ne invento altre, mischio le lingue e le adatto. Ho avuto i periodi in cui storpiavo i testi di tante canzoni. Durante le lezioni a scuola se capitava occasione di dire una fesseria non mi fermava nessuno. L’incursione della Bic nella storia dell’arte è una sorta di rivincita che ho fatto prendere alla penna. Essendo trascurata la sua potenzialità, le ho permesso di sgomitare e di inserirsi prepotentemente ovunque. “Sappiate che non sono soltanto una penna, sono freccia, sono spada, sono scienza, correggo, mi riproduco, ballo, volo e faccio un sacco di cose”. Forse la grande produzione e la continua trasformazione della penna è il motivo per cui non ho ricevuto critiche riguardo la dissacrazione.

La serie dei cappucci mescolati alla rinfusa…è pura grafica. Pannelli da esposizione. Il cappuccio di una penna che diventa texture di arredo. La purezza del pittore Piet Mondrian diventò oggetto di interni. Ha progetti di interni? Oggetti, pareti, tessuti…

Si ho progetti di interni, esterni, oggetti di ogni genere. Se qualcosa manca sarà fatta. Ciò che manca è qualcuno che possa finanziare la creazione di tutto ciò che ho progettato e che vorrei progettare. Le mie idee non sono alla mia portata. I tappi mescolati o ammucchiati non sono soltanto grafica. Sono anche concetto. Se diamo un ruolo all’oggetto, lo stesso ha due funzioni principali e opposti. Protegge la sfera della penna da accidentali cadute o vieta alla penna di scrivere.  Un mucchio di 525 tappi è sinonimo di 525 penne senza tappo. Libere.

“Campanello a fischio”

“Forbici per doppie punte”

La sua è una ricerca tra purezza della forma e evoluzione della stessa. Alla trasparenza della penna Bic, sormontata da un cappuccio aerodinamico, lei innesca un processo di evoluzione della specie: la comunissima penna diventa Mito. E’ cultura alternativa. Lo sono anche le sue sculture: “Manganello e ventosa”, “Forbici per doppie punte”, “Manette con nacchere”. Non è che ha sbagliato secolo? Questa è la “non arte”! Non è che Duchamp, Magritte, Breton, Man Ray sono stati i suoi maestri. Lei è giovane, dovrebbe quindi avere più di cento anni. Qualcosa non torna…

Dicevo che non sono stato un bravo studente. Sono stato al liceo Classico ed ho sfiorato la filosofia. Non sono arrivato all’anno in cui avrei potuto “studiarla”. Mi sono ritirato prima. Dopo diversi anni, mi è capitato però di chiedere a mia figlia liceale qualcosa riguardo il filosofo che stavano studiando. Non ricordo chi fosse, ma avevamo diversi aspetti, modo di vivere e di pensare, in comune. Senza conoscerlo. Penso che lo stesso meccanismo si sia verificato anche nel caso degli artisti da lei citati. In diversi disegni adolescenziali, mai pubblicati o esposti, ho trovato delle analogie inquietanti. L’uso delle scale, delle sagome umane vuote.

“Manette con nacchere”

“Manganello a ventosa”

La lascio lavorare, forse mi sono dilungata, le confesso che la tormenterei con le mie domande. Chiudo con una civetteria da ex modella: ha mai pensato alla haute couture? Capucci era un architetto e Mondrian finì sulle passerelle. Dior forgiò il metallo da indossare. Con la magia che ha nella sua testa, faremmo la fila per uno stilista che da una Bic propone una borsa prodotta da Chanel…

Negli anni 90 vide dei miei disegni un responsabile di un’azienda tessile che voleva acquistare dei disegni da utilizzare presso la loro azienda, in cambio di una “manciata di caramelle”. Penso che la sfortuna nel non essere capitato ancora nelle mani “giuste” sia stata la mia fortuna per poter progredire liberamente. Mi piacerebbe sapere quante “caramelle” mi offrirebbe ora quel tale.

E’ talmente preso dalla sua creatività che tolgo il disturbo perchè gli sottrarrei del tempo. Spiego la vela più affamata di sapere di quando sono approdata. E’ un universo Valerio Pisano. Certamente percorribile nel suo infinito spazio. E’ possibile comprenderlo attraverso il suo lavoro. Disgredisce senza urlare sovvertendo le ipocrisie del sistema contaminato dall’inutilità della ricerca di quell’arte mirata a quegli eletti che pensano che per fare ricerca e lasciare che il pensiero liberi la sua fantasia, debba necessariamente adoperare stumenti complessi e incomprensibili. Si guarda intorno. Alza gli occhi al cielo. Osserva e fantastica. I suoi strumenti per la sua fantasia sono di fronte a lui. Ha “…voglia di fare qualsiasi cosa. Anche “inutile”, ma che susciti un sorriso, una emozione, un pugno nello stomaco…” : sorprendere! E per fare questo, gli bastano un foglio di carta e una…Bic.

Prendo il largo lasciando quell’isola che non c’è e che pure esiste, perchè testimone della sua esistenza sono le opere di Valerio Pisano, Peter Pan dell’Arte contemponea.

Anna Landolfi.

http://www.valeriopisano.it/it/

https://www.youtube.com/user/valeriopisano/videos?app=desktop

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