Mi auguro di non essere interpretata come saccente. Me ne dispiaccerei. Ma quando sono di fronte a delle opere d’arte nate dalla umile argilla, materia prima per la ceramica, resto letteralmente sorpresa di quanto viva è la stessa materia sottratta alla terra.
L’arte della terracotta è la più antica arte manufatturiera della storia dell’uomo. In tutte le terre popolate da comunità umane, la terracotta ha contribuito a raccontare la vita dell’uomo.
Esempio è il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Percorsi di spazi che raccontano l’uomo. Soprattutto quando questa storia parla della Sardegna.
E la storia si racconta attraverso i reperti conservati nelle enormi bacheche, tra vasellami e figure umane scolpite o manu factus dall’uomo.
Saltiamo nel tempo ad oggi: la modella, la plasma, intaglia, sagoma e le dà vita. E’ Augusto Mola, ceramista, contemporaneo di una storia che da circa cento anni, produce ceramiche.
Un valore aggiunto di Augusto Mola? Alla tradizione, lega la ricerca e siccome la sua prospettiva è domani, è corretto dire che fà la storia.
Intervistato per i nostri lettori, ha con semplicità di linguaggio, pazientemente risposto alla mia curiosa fame d’arte e non ancora appagata del tutto, mi riproporrò, silenziosa, nel suo laboratorio, perchè alle parole, sostituirò la visione di un artigiano che della sua arte è maestro.
E’, mi scuso per la banalità, figlio d’arte, quindi. Non potevo esserne che sorpresa. Sa perché? Perché nelle sue opere, s’intravvede la storia. Non solo: il suo percorso artistico è disseminato di emozioni. Confessi: lei è un erede dell’arte della ceramica. Una bella responsabilità non crede?
Si, verissimo, avere in eredità un nome importante che ti consegna un testimone della tradizione di un mestiere che si tramanda da padre in figlio da ormai quasi un centennio, è una responsabilità che sento pesante sulle spalle, perché da me ci si aspetta che sia realmente all’altezza dei grandi maestri che mi hanno preceduto.
Ho cercato di seguire gli insegnamenti che mi son stati dati fin da bambino e in seguito ho studiato per conto mio anatomia umana, in modo da avere una consapevolezza tecnica di ciò che vado a creare sperando di essere all’altezza del nome che porto.
Un passo indietro: Enrico Palladino, gallerista fiorentino, “scopre” suo nonno, Alessandro Mola. Scultore, ceramista, l’arte del modellare l’argilla si tramanda al suo papà, Stelio. Girovaghi per l’arte della ceramica sarda, lei continua la via della creta. Firenze, Torino, l’amata Cagliari. Che fa? Si ferma nell’Isola del Vento? Icnusa è più di un territorio: è terra unica di un popolo…
Crescere significa superare i traguardi che ci si pongono. Per l’appunto, vivere in un’isola, è un limite geografico che va oltrepassato. Quindi il mio obbiettivo è proprio quello di uscire lavorativamente dalla mia isola e portare le mie opere oltremare in modo che possano essere conosciute a livello internazionale.
La plasticità con la quale modella l’argilla, dà vita alla stessa materia. Non posso pensare che sia un fatto di manifattura. C’è molto altro nel suo lavoro. Cos’è? L’alito di un dio che soffia nelle narici di un inerte soggetto e gli dà vita?
Penso che i livelli di maestria a cui si rivolge siano quelli che si possono dedicare solo ai grandi maestri del passato.
Quelli che hanno fatto la storia dell’arte, quelli che hanno raccontato l’arte con le loro mani, attraverso la scultura e la pittura. Quelli realmente guidati da una forza Divina. Mi riferisco ai grandi e unici, Michelangelo Buonarroti, Michelangelo Merisi, Leonardo da Vinci, Lorenzo Bernini. Sono artisti di quella caratura che per me hanno avuto una guida speciale.
Io sono solo un interprete della ceramica che s’impegna ad estrapolare da un panetto di argilla un’opera che possa suscitare un’emozione a chi la guarda .
Volti espressivi e cultura di una terra. Non è solo la rappresentazione di un atto della vita. Le sue sculture hanno anima. La dolcezza di Alma Mater: già nella fase “grezza” della scultura, s’intravvede la tenerezza del volto di una futura madre. E’ amore. Prova la stessa emozione durante la realizzazione?
L’ALMA MATER è una scultura che è nata in un periodo che ha segnato ognuno di noi, quello del lockdown. Un periodo che a me ha creato profonde emozioni. Mi sentivo all’interno di un vortice da cui mi sembrava di non poter uscire. Così come me sentivo anche negli altri la stessa ansia. Ho preso un panetto di argilla e ho iniziato a modellare la figura di una donna incinta a simboleggiare un’idea di rinascita della nostra società. Penso che solo una donna che sta per essere mamma possa rappresentare tutto il coraggio e la prepotente armonia che era necessaria in quel periodo.
L’introspezione delle sue sculture, sono dinamiche. Direi che lei “ferma” l’attimo di un’azione e la “scolpisce” con l’argilla. Processo molto complesso. La veridicità delle sue opere è nell’opera stessa. Sono immagini tridimensionali artigianali. La fotografia è un’arte, ma la sua arte è nelle mani. Con quali “obiettivi” lei osserva il mondo?
Le dico una curiosità: nonno era anche un bravo fotografo. Probabilmente nel mio DNA possiedo un occhio fotografico. Non solo, sono un attento osservatore.
Molte volte mi ritrovo ad essere incantato ad osservare attimi che accadono intorno a me, immaginandola riprodotta tridimensionalmente. Cosi, appena posso, riporto l’immagine che mi sono creato in testa su di un foglio. La stessa cosa mi accade anche quando ascolto un racconto o leggo.
E’ quello che è capitato in particolar modo per L’ALTALENA: un’opera che raffigura una bimba che sta su un’altalena e si trova nell’attimo successivo al punto più alto del dondolio.
Quell’attimo di vuoto che si crea tra la salita e la discesa del seggiolino, quel punto immaginario che volta dopo volta si cerca di superare andando sempre più in alto. E’ l’attimo in cui ti manca il fiato, un’emozione che sfocia in una risata quasi sguaiata. Questa è l’emozione che ho voluto raccontare nella mia opera.
Tre generazioni di artigiani. Tre artisti che attraversano la storia. Faccia critica: da Alessandro, passando per Stelio, cosa ha perfezionato dal loro passato?
Io non parlerei di perfezionamento. Ognuno di loro ha espresso la propria creatività attraverso le abitudini e le mode del tempo che vivevano.
Io personalizzo lo stile Mola con una rivisitazione adeguata ai miei tempi. Mi piace pensare di raffigurare soggetti sempre più “4k”, così come le immagini digitali di oggi sono sempre più definite rispetto a quelle del passato.
Se un noto gallerista si accorse di suo nonno, certo è che già negli anni ’40, qualcosa c’era nelle mani di Alessandro. Quindi lei stratifica la storia delle ceramiche della famiglia Mola. Lo dimostra con la ricerca. Il passato è storia, ma Le Sospese è Arte Contemporanea: lei ha superato la storia creando nuove pagine d’arte. E’ stato un percorso evolutivo istintivo o si è accorto che il “mercato” cercava altro?
La nascita delle SOSPESE è avvenuta solo dopo una riflessione che è nata sfogliando riviste di arredamento di case moderne. Lì ho pensato ed immaginato che anche quegli ambienti più freschi e innovativi potessero ospitare una mia opera più adeguata al loro stile. Così progettai la prima delle SOSPESE, quella di Desulo. Seguirono successivamente quelle di Ittiri, Ollolai e Atzara. Ho cercato delle linee sinuose ed essenziali, che attraverso pochi particolari richiamano la tradizione della Sardegna in chiave moderna.
Le sono sincera: restai incantata quando mi trovai di fronte alla serie Le Sospese. Purtroppo per me, a “distanza” ero certa fosse marmo. Il bianco marmo dei Canova e dei Bernini. Mi perdoni: ma lei fa la magia! Cioè, l’antichissima e umile materia che è l’argilla, sembra diventare nobile marmo. Ovvio che lei è un artista: trasmette sensazioni tattili e visive profonde. Anche queste doti sono eredità?
Più che questione di eredità, parlerei di buon insegnamento da chi ha dedicato la vita alla ceramica, arrivando con l’esperienza a conoscere i segreti di questa materia antica e tramandandoli con dedizione, nel mio caso, i miei genitori. L’argilla è solo un mezzo d’espressione, la materia che permette di rendere tridimensionale un pensiero. L’effetto che crea poi l’opera finita è l’emozione soggettiva di chi la osserva e ne riceve il messaggio.
Il processo creativo è in evoluzione: Le Sospese sono le sue ultime opere. Tra loro, la figura femminile sorretta su un basamento di pietra è l’essenza della coerenza stilistica raggiunta. Ammiro molto questa scultura perché priva di sovrastrutture. Una linea unica, non composta, tecnicamente: traccia unica. E’ un assolo? O aspetteremo sequel perché diventino un “concerto” scultoreo?
La stecca che utilizzo per modellare è la mia bacchetta da direttore d’orchestra. Il concerto è una realtà e la sinfonia che aleggia è data dalle SOSPESE che per ora suonano una musica di colori e forme che porterò sicuramente avanti con altri modelli.
Ringrazia, Augusto Mola, con quella gratitudine che ho conosciuto quando della Sardegna, ho scoperto le sue genti. Io, come moltissimi, della Sardegna conoscevo solo il mare e le coste.
Sono io a ringraziarlo, invece. Lui è il maestro. E’ da lui che ancora una volta, sono stata seduta al banco.
Anna Landolfi.
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