di Valeria Cristiano.
Dino Campana (1885-1932), poeta.
Questa bellissima poesia è “La Chimera” di Dino Campana e apre la sezione “Notturni” dei suoi “Canti Orfici”.
Leggendola sono varie le emozioni e le considerazioni che sgorgano direttamente dall’anima del lettore. “Chimera” è il sogno rincorso e ancora non raggiunto – per essere ottimisti – che assume sembianze di donna, ed evoca struggente nostalgia, contemplazione del mistero.Tutta la poesia è musicale, ma Dino Campana persegue l’obiettivo di fare di ogni poesia un dipinto. E riesce nel suo intento. La poesia è contemporaneamente sia evocatrice di immagini che musicale. Nebbia, pallore, mistero della Regina adolescente, e sul finire del componimento il ritratto del nostro mondo, fisico ed umano, tratteggiato, evocato per sensazioni ed emozioni, sono un vero capolavoro.
Non so se tra rocce il tuo pallido
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose,
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l’immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.
Leggila ad alta voce, facendo una piccola pausa dove il verso finisce, gusta ogni parola e fatti guidare dal respiro di Dino Campana che ancora aleggia in questi versi, in ogni singola parola. Senti come ogni parola è densa di anima, sangue e dolore? Sono i tratti del poeta che non a caso conclude con “E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera”: il sogno che resta vivo e palpitante nonostante si pensi che non sia raggiungibile, che sia Utopia, e che ha il supremo valore di motore della vita.
Dino Campana nacque a Marradi, provincia di Firenze, nel 1885, in una famiglia borghese come tante altre. Famiglia non perfettamente armoniosa per il carattere della madre, con la quale infatti il poeta ebbe un rapporto conflittuale. A 15 anni gli vennero diagnosticati per la prima volta disturbi nervosi, che non gli impedirono però di completare gli studi. Dopo il diploma e l’iscrizione all’Università, Facoltà di Chimica pura, nel 1905 fu ricoverato per la prima volta in manicomio. I suoi disturbi si esprimevano con la fuga verso paesi stranieri, dove si manteneva facendo i più disparati mestieri. Ma quando tornava a casa lo attendeva un nuovo ricovero in manicomio, sulla base dell’allora vigente normativa psichiatrica,delle incertezze familiari, ed anche per l’impeto con cui discuteva di poesia e filosofia. Fosse vissuto negli anni ’70 sarebbe stato un intellettuale come Jack Kerouac. Invece…
Voce: Anna Maria Carella.
Dopo alcuni viaggi ed un periodo tempestoso, in cui riesce a pubblicare il suo libro “Canti Orfici” e intrattiene relazioni con letterati, incontra Sibilla Aleramo, famosa scrittrice, con cui intrattiene una relazione complessa, che finisce nel 1918. Nello stesso anno viene rinchiuso in manicomio dove vive con una certa tranquillità anche lo stato di sedentarietà, e muore nel 1932 pochi giorni prima di essere dimesso dal manicomio, a causa di una ferita infetta e conseguente setticemia. Aveva 47 anni. Una vita complicata come ce ne sono tante, ma vissuta, purtroppo, in un periodo storico in cui qualunque diversità dava luogo ad emarginazione. Eppure Dino Campana era un ragazzo colto, ipersensibile, e non è azzardato ipotizzare che se avesse avuto un rapporto sereno con la madre la sua vita sarebbe stata molto diversa. Invece la sua famiglia si schierò per prima contro di lui, o meglio contro la sua malattia.
Restano di lui le sue poesie. Poche, splendide, e purtroppo non molto conosciute. A lui, un omaggio postumo.
Valeria Cristiano.