martedì, 23 Aprile, 2024 12:12:15 PM

Anna Catalano, dai raggi della luna alla filigrana d’argento

di Anna Landolfi.

Non sono mai stata una brava turista. Cappello di paglia, occhiali da sole, camicia annodata ai fianchi, pantaloncini alla caprese e infradito-gioiello. Dimenticavo: borsa-cestino di vimini. Scesa per le vie di una città, divento una cittadina di quella città.

E scopro il quotidiano di una città per “fondermi” con essa e scavare le tradizioni, le culture, gli artigiani, gli artisti della città. Della Sardegna conosco l’incanto del mare e il suo Sole che lo fa brillare.

Ma la notte… La notte c’è una giovane artista che prende i raggi della Luna e ne fa filigrane d’argento. Lei è Anna Catalano, o meglio: Anna d’Arte.

Anna Catalano.

C’è magia nei gioielli di origini sarde. E’ un lavoro di cesello, non posso non ritenerle “opere d’arte”. Ci sono riferimenti del Rinascimento.  Le origini però credo siano ancora più lontane nel tempo. Ci porta nel tempo?

Si, sono d’accordo. In Sardegna i gioielli non sono considerati solo un semplice elemento ornamentale ma il loro uso contiene vari significati.

Ne è un esempio “su coccu”, una pietra nera sferica e lucida generalmente di ossidiana, che veniva appuntata sulle vesti del bambino ancora in fasce oppure sistemato nella culla. Secondo la credenza se questo manufatto veniva rotto aveva assolto il suo compito di salvaguardia a cui era destinato.

Le origini del gioiello sardo si perdono nel tempo; sin dalla preistoria, quando anche il semplice pezzo di osso veniva considerato uno status symbol per le persone che lo possedevano.

E così anche per i gioielli realizzati in rame e bronzo destinati all’abbigliamento di sacerdoti o capi. E così anche i Fenici che in Sardegna diffondono l’arte della “glittica” cioè la lavorazione del vetro e delle pietre dure.

Oppure possiamo ricordare gli scarabei, monili di uso apotropaico realizzati in pasta di vetro. Sino ad arrivare al XV secolo quando i catalano-aragonesi svilupparono la tecnica della filigrana già diffusa dagli arabi nel Mediterraneo.

Tradizione e cultura di un popolo anche attraverso un gioiello. Nello specifico attraverso fili d’argento. E’ il metallo più adoperato o anche l’oro?

Si, il metallo prezioso privilegiato dagli orafi in Sardegna è l’argento, perché sin da epoche remote è il metallo che si trova maggiormente nelle miniere dell’isola, anche se non mancavano giacimenti d’oro, soprattutto presso Guspini o nel nuorese.

Devo dire che specificatamente per quanto riguarda le mie creazioni, l’argento lo trovo più consono e anche più tradizionale nella realizzazione dei miei oggetti, ma anche lo ritengo il metallo dell’equilibrio tra bianco e nero, tradizione e contemporaneità.

Quello che cerco di far ritrovare alle mie clienti attraverso le mie creazioni.

 

 

Credo ci siano valori spirituali e romantici dentro ogni gioiello: la fede sarda, il bottone sardo, il “su coccu”, hanno riferimento di ben più spessore culturale. Ci conferma?

Si, quelli che ha elencato sono manufatti che assumono significati diversi. Abbiamo parlato prima del valore simbolico magico di “su coccu”, mentre per quanto riguarda la fede sarda ha un valore sia romantico poiché portato dalla donna che contraeva un patto di fede o il matrimonio, sia magico  perché si considera, secondo la leggenda che questi monili fossero realizzati dalle janas, le fate sarde che vivono in case scavate nella pietra.

Tra l’altro la fede sarda ha origini antichissime, attestate da un rituale del periodo romano, incentrato sul maninfide (significa letteralmente le mani in fede) ossia un anello formato da due mani che si stringono e che rappresentano il patto che univa i futuri sposi.

In occasione del fidanzamento l’uomo donava alla donna l’Anello Maninfide e la futura sposa ricambiava il dono con un coltello con il corno di muflone. Il bottone, può essere considerato un elemento comune nei diversi tipi di abito tradizionale sardo e dunque è considerato un gioiello “utile” forgiato solitamente in argento e che in antichità faceva parte della dote che la famiglia dello sposo portava in omaggio alla sposa.

Infatti in alcuni paesi della Barbagia era la suocera che accompagnata dal marito portava alla futura nuora, all’interno di un cofanetto sas prendas de oro e de prata, che poi le due dame di compagnia parenti strette dello sposo sistemavano sul costume e indosso alla sposa.

I bottoni hanno inoltre un significato di prosperità data la forma circolare che ricorda la mammella della donna.

Ci sono allusioni “esoteriche” nel regalare un gioiello in filigrana sarda? O è spesso legato solo all’amore?

Magari col tempo questo valore esoterico si è perso, ma anticamente il gioiello in filigrana sarda scandiva le fasi della vita dalla nascita alle nozze fino alla morte quando il gioiello veniva riutilizzato sottoforma di amuleto; si creava così un legame con il mondo soprannaturale in grado di proteggere da sguardi malevoli e dagli spiriti del male.

 

 

I simboli: le spighe, il grano, il sangue…documentandomi, c’è una forte identità di popolo. Crede sia una caratteristica data dal fatto che la Sardegna sia un’isola e naturalmente difesa dal suo popolo da millenni di conquiste?

I simboli che lei elenca sono il significato di un’isola che è stata e continua ad essere un crogiuolo di popoli e di usanze e scambi diversi, attraverso rapporti commerciali e non solo di guerre, in cui la Sardegna ha sempre avuto un ruolo non secondario durante le varie fasi della storia.

Lei è un’artigiana. Mi permetto di “contestare” il termine: lei è un’artista. La sua professione è tramandata? E’ un apprendimento ereditato? Ha conosciuto gli “artigiani” di un tempo?

Grazie per le sue belle parole, io mi definirei più che un’artista una produttrice di arti applicate, cioè ciò che per me si definisce artigianato con la A maiuscola, poiché è il giusto equilibrio tra funzionalità dell’oggetto e l’estetica dello stesso. L’arte secondo me ha un’altra concezione cioè esprime una comunicazione diversa ciononostante contengono tutte e due valori che compongono la civiltà dell’uomo. Per quanto riguarda la mia professione non mi è stata tramandata da nessuno e dunque il mio apprendimento è frutto di formazione assidua e costante. Durante il mio percorso lavorativo ho conosciuto sia tra i migliori artigiani del settore passati che colleghi contemporanei.

 

C’è un profondo studio nei suoi gioielli. Alla tradizione c’è anche creatività: si può pensare che un gioiello sardo si evolva con i gusti e le tendenze contemporanee? Se così non fosse, sarebbe un “ripetitivo” proporre lo stesso gioiello. Lei cosa ne pensa?

Lo studio attento e costante nelle mie creazioni è imprescindibile. Come tutti i manufatti del settore artistico anche il gioiello sardo, secondo me, deve possedere una giusta dose di contemporaneità non tralasciando di applicare le giuste tecniche anche tradizionali.

Ha sviluppato un suo stile. Mi sono “studiata” il suo bel video. La “corbula”, la smaltatura e torna la parola “grano”. Ogni passo per la realizzazione di un gioiello è un passo di storia. Confermo che lei è un’artista. C’è “fusione” culturale tra arte orafa, filigrana, smalto e pietre?

Si il mio stile fonde le tradizionali tecniche orafe della filigrana sarda con la smaltatura anch’essa tecnica tra le più antiche nel tempo ma studiata con un riferimento più contemporaneo per lo stesso modo anche per le pietre.

Ogni gioiello è un originale. Questa è una caratteristica del “fatto a mano”. Quale tra le sue opere, le occupa più tempo?

Non esiste un oggetto che occupi più tempo di un altro, ma tutte le creazioni vengono studiate e prodotte nella giusta di attenzione, anche le corbule vengono realizzate in maniera dettagliata. Semmai è il processo tecnico della filigrana che deve essere fatto con grande scrupolo perché è appunto una caratteristica del “fatto a mano”.

Questa è una mia domanda personale: la sposa. Può un abito da sposa essere decorato di corbule e simboli della cultura sarda? Le è stato mai chiesto di realizzarne uno?

No, non mi è mai stata fatta una richiesta del genere e se devo essere sincera ritengo che l’abito della sposa debba essere il più semplice possibile anche nella sua sfarzosità; appesantire l’abito con orpelli di questo genere non la reputo una buona idea. Eventualmente l’abito della sposa può essere corredato da gioielli come una collana importante o per l’uomo, come commissionatomi tempo fa da una coppia di sposi non sardi, la corbula da indossare come fermacravatta o gemelli.

 

 

Anna Catalano: lei è una donna di oggi. Apprezzo i suoi studi e quanto ha realizzato. Rappresenta una cultura. Quanto c’è di lei in un gioiello quando è concentrata alla sua realizzazione? Si “discosta” mai dalla sua terra quando è in laboratorio?

In ogni gioiello c’è tanto di me stessa soprattutto nelle collane alle quali dedico particolare attenzione, perché ritengo che il massimo della femminilità in una donna sta proprio in questo fantastico oggetto. Nel realizzare le mie opere traggo sempre ispirazione dalla mia terra, sia per quanto riguarda i materiali, le forme e le tecniche di lavorazione. Per esempio le ultime creazioni che contengono gli elementi di femminilità e dell’ispirazione alla mia terra sono la nuova serie di collane “Gli scialli sardi”, frutto dello studio di uno degli accessori dell’abito tradizionale della Sardegna tra i più importanti.

E’ vero: un popolo “parla” attraverso i suoi manufatti. La cultura di un popolo, il suo sapere, la conoscenza della sua terra, l’esperienza della sua gente, crea un valore culturale che si esprime attraverso le arti. Arti…gli artigiani. Sono gli “intellettuali” della creatività che con le mani, costruiscono oggetti per il piacere di esprimere le proprie origini. Anna Catalano alla sua creatività, aggiunge un altro valore: l’eleganza del tempo in un gioiello senza tempo.

 Anna Landolfi.

Ph. di Paola Apolito.

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