di Anna Landolfi.
Si racconta con una naturalezza che mi ha sorpresa. Sorpresa perché essere un sassofonista per Juri Deidda, è naturale. Le ovvietà delle domande, per una giornalista, sono spesso riferite al percorso che l’artista ha tracciato. Juri Deidda risponde con la stessa ovvietà con la quale mi sono posta. La considerazione sarebbe dovuta essere: “Lei nasce sassofonista, non avrebbe potuto fare altro che il sassofonista!”. Posta così la domanda, sarebbe parsa quasi un “capo d’accusa”. E invece è un’assoluta convinzione: Juri Deidda è IL sassofonista. E da questa certezza e dalla serenità con la quale si presenta, resto attenta perché con lui, c’è un altro elemento, dell’ intervista, che è protagonista: il sassofono.
Juri Deidda (ph. Fabio Marras)
Uno strumento di “nuova generazione”, mi permetto di considerarlo. Pensando ci siano strumenti molto più antichi, il sassofono nasce “appena” 175 anni fa. 177 anni fa. E’ lei che si è incuriosito del sax o il sax che ha “avvicinato” lei?
Si, il Sassofono è uno strumento relativamente giovane ma ha avuto una carriera sfolgorante. E’ stato continuamente utilizzato durante tutto il XX secolo e in tutti i generi musicali : dalla musica colta, ad esempio Ravel , al Jazz, dove ha acquisito il ruolo e la dignità di “voce”, al Rock e al Pop. Ho amato la musica fin da bambino, ricordo che restavo incantato ascoltando i brani di Mozart, Beethoven, ma non è stato amore a prima vista. Ho respinto la musica per molto tempo: mi rifiutavo di abbandonarmi a lei e di considerarla la mia vita ed alla fine ha vinto lei attraverso il Sassofono. Ho visto un film su New Orleans, il Jazz Dixieland ed il sassofono come sfondo: ho deciso di impulso che avrei imparato a suonarlo. A metà anni ’90 ero giovane e disoccupato e gli strumenti musicali non erano ancora inflazionati dalla produzione cinese. Costavano. Ho chiesto a mia madre di firmarmi una finanziaria e l’ho acquistato. Quando lo ritirai in negozio, si un vero negozio, mica internet, ebbi la fortuna di conoscere un grande sassofonista Jazz che passava di là e che mi disse “ mettiti in testa che se vuoi suonarlo devi studiarlo”. L’ho preso in parola e da allora non ho mai smesso di studiare.
Bene, storicizziamo Juri Deidda: innamorato quindi del sassofono, comincia a studiarlo. Il suo “debutto” è stato in una banda. Le bande sono la voce di un popolo. Hanno la dignità e la nobiltà di un popolo. Fu immediatamente inserito in una banda?
Il mio debutto non è stato in banda. E’ stato in una “band” due o tre mesi dopo che ho iniziato a suonarlo. Sapevo fare a malapena un paio di note e ricordo una paura matta del pubblico ma anche per fortuna l’aiuto di un trombettista esperto che mi ha guidato per tutta la serata. Alla Banda devo però moltissimo. Nella ricerca di un maestro per imparare, qualcuno mi suggerì che alla Banda di Cagliari insegnavano anche Sax ed allora mi iscrissi alle lezioni. Conobbi così il mio primo maestro il clarinettista Pasquale Iriu ed il maestro di solfeggio che era anche il direttore della Banda, Ottavio Sitzia. A loro devo moltissimo. La banda rappresenta spesso il primo ingresso per il mondo della musica soprattutto degli strumenti a fiato. Chi la guida e la porta avanti è gente appassionata che ama la musica e sacrifica parte della sua vita per far sì che la musica scorra come un fiume nel pieno del disgelo. Senza interruzioni. Per questo La banda e le persone che ne fanno parte ricoprono in tutto territorio nazionale un fortissimo impulso di diffusione culturale della musica.
La tecnica: gli strumenti a fiato non sono facilissimi da apprendere. Pasquale Iriu, un maestro del clarinetto. Studiare con lui è stata una necessità per suonare il sassofono?
La prima volta che ho suonato il sassofono me la ricordo bene: non avevo idea neanche su come mettere le mani ed usciva a mala pena un suono… il resto erano fischi … Ma, è stata una sensazione meravigliosa. Il feeling che si crea con uno strumento a fiato è eccezionale, è un legame fisico indissolubile. Mentre lo suoni senti le vibrazioni della musica e la crei tu con tutto il tuo corpo. Come tutti gli strumenti fiato anche il Sax presenta inizialmente degli ostacoli. Il primo è quello di riuscire a produrre il suono ed il suono e la ricerca nella sua cura ti perseguitano per il resto dei tuoi giorni…perché è quello a cui ti affidi mentre suoni, perché è la tua voce, il primo modo di “esserci” in qualsiasi palcoscenico. Il suono è un punto fisso non solo per i sassofonisti ma per tutti i musicisti che studiano uno strumento a fiato. Per ottenere il suono, la tua voce, l’aiuto di un maestro esperto è indispensabile. Vi sono tecniche, quali la respirazione diaframmatica, che concorrono in maniera determinante non solo alla formazione del suono ed alla sua qualità ma anche al suo controllo. Senza l’ausilio di un maestro non sarei potuto andare avanti ed il contributo di Pasquale con la sua dedizione, passione e pazienza è stato determinante perché in un momento delicato come quello di prima formazione mi è stato vicino in tutto.
Pasquale Iriu.
Quando la scelta del “Rhythm and Blues”? E’ un genere di musica contemporanea di origine afro/americana, un conflitto socio/culturale molto imponente nei primi anni ’50… E’ anche una ragione per proporla al pubblico?
Il R&B è stato tra i primissimi generi a cui mi sono accostato quando ho iniziato a suonare. Alcune canzoni sono intuitive e di facile esecuzione e soprattutto sono molto coinvolgenti. Allora non avevo ben compreso le implicazioni storiche che generarono il Soul, il R&B ed il Funky. Alcune di queste implicazioni sono sicuramente legate non solo alla situazione disagiata degli afroamericani negli anni ’50 del XX secolo, ma anche ad una diaspora interna alla stessa musica afroamericana che in parte si allontanò dal Jazz che sempre più, specialmente nello stile be bop in quegli anni travagliati, assumeva connotati virtuosi ed elitari. Con lo scorrere del tempo la musica trasforma i propri contenuti originali e le intenzioni iniziali si trasformano venendo a contatto con altre necessità o altre espressioni. Questo genera un flusso costante di rinnovamento. Il blues ad esempio è il grande padre di tutta la musica moderna. E’ nato dagli afroamericani negli USA portandosi appresso le tradizioni musicali dell’Africa e inizialmente era una musica che esprimeva una rassegnazione completa verso una condizione di vita subumana. Quasi tutti i generi musicali moderni devono qualche cosa al blues. La voce di un popolo che ha sofferto è mutata trasformandosi in altro: in Jazz, in Soul, in R&B in Rock and roll.
Intendo quindi, che considera la musica e il sassofono, strumenti che hanno nelle loro note, un profondo sentimento, un’intima emozione? Ammetto che mi commuove questo stato d’animo trasmesso dal sassofono.
Si, la musica porta in sé tutto questa indescrivibile e densa componente emozionale. Il sassofono sa essere espressivo sensuale, triste, energico e brioso, allegro. Sa essere cosa vogliamo che lui sia. Perdonami la citazione Pirandelliana. Davvero uno strumento può essere veicolo di trasmissione di stati d’animo. Sa esserlo se noi “proviamo” uno stato d’animo, riusciamo a riconoscerlo, abbiamo la sensibilità per distinguerli, la volontà per dargli una forma ed i mezzi per poterlo descrivere. La musica per me è tutto questo. Attraverso il sassofono ho trovato un mezzo per poter cercare di “comunicare” quanto provo.
Il Jazz. Due maestri: Alessandro Diliberto, pianista e Massimo Carboni, sassofonista. Ha “bruciato” con lo studio, percorsi professionali in breve tempo. Quando la musica da passione è diventata un lavoro?
Ad Alessandro e Massimo devo molto. Mi hanno sempre incoraggiato nel mio studio e nelle mie difficoltà e mi sono stati sempre vicini durante le mie tappe di approccio al Jazz. In verità la musica è sempre una grande passione e non so dirle quando è iniziata a diventare un lavoro. Forse da quando oltre al preoccuparmi di suonare ho iniziato a preoccuparmi di pianificare le performance musicali, di pensare ad un servizio elegante che non avesse sbavature e che tendesse, in tutti i suoi aspetti, all’eccellenza ed all’essere impeccabile.
Alessandro Diliberto Massimo Carboni
Non si accontenta: seminari, corsi, generi musicali diversi e ricerca: sono sorpresa e sa perché? Perché apprezzo l’assoluta dedizione al sassofono il suo continuo movimento. Se provassi a dare un anno di inizio alla sua carriera ad oggi, direi che non c’è stata nemmeno una pausa di riflessione su “dove andare”. Una convinzione che conferma la sua determinazione. E’ un’indole istintiva la sua?
Grazie, penso di aver sempre seguito ciò che mi piaceva e di essere andato sempre verso ciò che sentivo essere un ulteriore stimolo. Il nuovo costringe alla riflessione, al porsi domande e a percorrere altre strade. Nonostante la costanza nel provare “paura di non essere all’altezza” è sempre prevalso il desiderio di mettermi in gioco. In questo mio cammino ho imparato giorno per giorno a guardare avanti e a raggiungere la tappa di fronte a me.
Jury Deidda (ph. Max Littera)
Le spiego le ragioni delle mie domande: questa sua determinazione non si ferma solo alla musica. Lei la “fonde” anche con la letteratura. Praticamente con le arti. Le sue presenze sul palcoscenico, sono ben più ampie che da solo con il sassofono. Come nascono queste collaborazioni con gli altri artisti?
La letteratura è un’ altra delle mie passioni e leggere mi ha insegnato a riflettere. Con tali premesse diventa naturale cercare e trovare nel cammino altre persone che amano la letteratura. Ho iniziato così a collaborare con il teatro e realizzare degli scenari musicali che erano sfondo a libri a me carissimi. Uno di questi è “Il Sistema periodico” spettacolo prodotto in collaborazione con il Teatro del Segno guidato dall’attore Stefano Ledda e tratto dall’omonimo libro scritto da Primo Levi. Nel teatro la musica assume un ruolo diverso e preciso: scende dal piedistallo del protagonista e collabora mettendosi a disposizione dell’attore e dello spettacolo. Queste esperienze hanno contribuito ad ampliare le mie vedute. Oltre agli sfondi e scenari musicali per il teatro ho iniziato a realizzare nuovi servizi musicali : i “ritratti musicali”. Sono ritratti su commissione che tendono a “descrivere” attraverso un brano la persona che li commissiona.
Stefano Ledda
…e si arriva nelle sale di incisione: 2014, per Salvatore Amara “Salvatore Amara and the easy Blues Band”. 2017 incide per Andrea Congia ed i Death Electronics , Il leviatano”. Sempre nel 2017: “Nuance di Juri Deidda”. Qui lei e il sassofono siete presenti a moltissimi eventi, dalla moda a eventi di contenuto sociale e di intrattenimento. Direi siete infaticabili. Inseparabili. Scrivo di voi, considerando il suo strumento, l’altra parte di sé. Prima di ogni esecuzione, studia il contesto nel quale si esibirà? Posso chiederle con quale “metro” di misura sceglie le musiche?
Salvatore Amara è un musicista innamorato del blues e quando mi ha proposto di registrare alcune tracce per il suo album non ci ho pensato due volte, mi ha riportato al R&B delle origini e Andrea Congia è colui con cui ho iniziato ad unire lettere e musica. Poi Nuance di Juri Deidda è stata la svolta professionale, la creazione di un’Azienda che si è specializzata in musica per molteplici eventi. Ho capito che era diventato un lavoro quasi senza accorgermene. In questa dimensione, al fine di realizzare al meglio ogni servizio, ho sempre ben presente che ogni situazione è unica nel suo genere ed è per questa consapevolezza che curo personalmente ogni dettaglio dei preparativi che la precedono. E’ un processo elaborato di pianificazione che va dal conoscere al meglio il luogo ed il contesto nei quali suonerò, al comprendere lo stile ed i gusti dei Clienti per fare in modo di concorrere con la musica al successo del loro evento. L’esecuzione dei brani quindi è il risultato finale di tutto questo processo.
Andrea Congia (ph. Marina Patteri) Salvatore Amara
Lei è maestro di sassofono, laurea presa in uno dei più importanti conservatori d’Italia, “Giovanni Pierluigi da Palestrina” di Cagliari e continua a studiare. Un’umiltà rara per un musicista già professionista e comunque, artista. Lei è un maestro che studia con i maestri. Da chi non ha imparato ancora?
La ringrazio. Ogni maestro che ho avuto mi dà e mi ha dato un qualcosa di unico che conservo gelosamente. Mi permetta di ringraziare anche uno tra i miei più forti e longevi riferimenti come Maestri di strumento il sassofonista Stefano D’Anna a cui va la mia gratitudine per l’esempio luminoso di bravura e professionalità. Penso che ci sia sempre da imparare da tutti. Ho imparato ed imparo tanto anche da tutti i colleghi che mi hanno accompagnato nei diversi corsi frequentati: confrontarmi con loro è stata ed è ancora un’esperienza entusiasmante che vale la pena essere vissuta. Ognuno di noi è unico e speciale. Ognuno di noi può fornire per questo un suo contributo importante.
Stefano D’Anna
“La musica può contribuire a colorare un evento di infinite sfumature”. E’ un concetto assoluto e che approvo. Non le nascondo, che tutta la mia giornata ha una “colonna sonora”, anche se immaginaria, la “sento”. Una deduzione è spontanea: ascoltarla in un concerto, seguirla con una sua incisione, quelle sue note che restano nella testa finita la performance, è questo che vuole trasmetterci? Un artista, è un messaggero di emozioni: lei lo fa con il suo sassofono. L’appaga sapere di aver fatto il suo mestiere e di averci dato un’emozione?
Sa, ogni brano che interpreto, suono o compongo è un pezzo della mia vita, di quello che ho provato in un determinato istante, momento o periodo. Sono partito da quello stato d’animo o da quell’istante per provare a descriverlo in un’interpretazione o in una composizione originale. Ogni volta che la eseguo è come riviverlo. Nella musica metto me stesso. Mettere in piazza le proprie emozioni, scoprirsi, non è stato semplice per una persona riservata come me. Sapere che le mie note possono fornire delle emozioni in chi mi ascolta è una cosa che mi stupisce sempre e nel riconoscere che qualcuno prova le stesse emozioni mi fa sentire meno solo nel mio sentire. E’ uno stupore che si rinnova ogni volta che suono.
Di strade, noi tutti ne percorriamo. Altri sogni, altre mete, altri desideri. Tutte conducono a ciò che ci prefiggiamo nelle nostre vite. Strade diverse possono essere difficili per altri e così si percorrono quelle che più ci somigliano. E’ importante arrivare. Juri Deidda percorre la sua che è lastricata di emozioni e si accorge poi, che sulla sua strada incontra chi si ferma ad ascoltare il suo “passo”, il suo “cammino”. Lui e il suo sassofono sono troppo “presi” da loro stessi per accorgersi solo dopo, che quelle sensazioni che si davano l’uno con l’altro, altri non erano che emozioni donate a noi. E questa volta, a essere sorpresi sono loro: Juri Deidda e il suo sassofono.
Anna Landolfi.
https://www.facebook.com/nuancedijurideidda/
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