mercoledì, 24 Aprile, 2024 2:49:58 AM

Ines Di Monte…la vita che volevo vivere

di Gianni Pantaleo.

Il “pianeta” danza è infinito. Sorpreso di un talento, ne conosco un altro. E’ la “rigenerazione” di se stessa: la danza è un’araba fenice e mai la stessa e quando diventa storia, è storia assoluta di quell’Universo chiamato Teatro, soprattutto quando al passato, stratifichi il presente che domani sarà passato e che poi sarà futuro, perché la danza resta ben determinata a essere “principessa” delle Arti Sceniche. Riscoperta e studio del repertorio classico, ricerca, evoluzione della tecnica, sperimentazione, è la storia infinita di un’arte, facoltà curiosa, che spinge i giovani a “brillare” in questo Universo. Tra loro, Ines Di Monte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ines Di Monte.

Giovanissima danzatrice ma già interprete: non è cosa facile. Il “mestiere” della danzatrice non è fatto solo di passi e legazioni, c’è molto di più: dote naturale l’interpretazione?

La tecnica è importante: è come la grammatica per uno scrittore. Per poter trasmettere emozioni, storie, sono necessarie delle parole di senso compiuto, delle frasi scritte nel modo giusto. La danza è un’arte e molti hanno questa facilità di esprimere, di trasmettere e di accompagnare ogni passo da un sentimento. In altri casi è molto importante l’aiuto del maestro: attraverso tanti modi può collaborare alla crescita del saper esprimere emozioni danzando. Nel mio caso è in parte un dono e in parte ho lavorato per capire come trasmettere il mio stato interiore, assistendo a tantissimi spettacoli, avendo la fortuna di essere presente a prove e lezioni dove grandi maestri spiegavano l’essenza del ruolo ai danzatori. Andare a cercare nella musica, nella ricchezza del repertorio coreografico. Anche indossare il costume relativo al personaggio aumenta la connessione con il ruolo e la sensibilità.

Ines Di Monte che decide di sua volontà di studiare danza. Studio Pascale Messager, Conservatorio di Poissy, Conservatorio di Parigi, siamo agli inizi, ma poi arrivano Olivier Chanut, Yannick Stéphant, Henri Charbonnier, maestri e danzatori di profonda esperienza in famose compagnie: Ballet du XXème siècle, Opéra National de Paris, Ballet de Monte-Carlo, è consapevole di avere studiato con questi grandi?

Si, sono consapevole della fortuna che ho avuto di studiare con queste grandi personalità del mondo della danza. Mi considero una persona molto fortunata e sono molto riconoscente del lavoro che hanno fatto per me durante tutti questi anni in Accademia. Ho sempre lavorato con insegnanti che si sono subito messi a nostra disposizione per farci lavorare nel modo più giusto. Il loro primo scopo è sempre stato quello di venirci incontro con il loro sapere e le loro esperienze per rendere la nostra cultura coreografica ancora più ricca. Mi ricordo ancora delle ore passate nella mitica sala di Parigi «Cité Veron» dove i più grandi ballerini hanno fatto come me ore e ore di lezioni.. Lavoravamo in questa sala con una forte pendenza con Yannick Stephant ed è lì che ho imparato tutte le complessità dello stile francese con un lavoro spesso centrato sul basso gamba e l’armonia delle braccia. Ho studiato le basi della danza e il piazzamento con Henri Charbonnier. Olivier Chanut , invece mi ha molto aiutato per rilassarmi e mettere meno stress nella mia danza. Tre insegnanti e tre metodi di studi molto diversi che mi hanno permesso più in la di inseguire il mio sogno fino in fondo!

 

Viaggiare per studiare.

Mi scuso per la domanda “pertinente”: le sue doti sono naturali e questo è un dono, con le stesse qualità in un altro luogo che non sia stata la Francia, sarebbe andata via per raggiungere le stesse mete?

Penso proprio di si, mi è sempre piaciuto viaggiare e scoprire nuove cose, nuovi paesi e nuove culture. Il mondo della danza è un mondo molto ampio e ricco di sorprese. Ogni paese ha una sua storia da scoprire e mi piacerebbe poter viaggiare ancora per scoprire ancora tante cose che non so. Il mio sogno rimane l’America: mi piacerebbe molto scoprire questo continente che non conosco ma che mi ha sempre affascinata, molti grandi artisti che ammiro sono stati in America come George Balanchine, Jerome Robbins… sarebbe dunque un’esperienza fantastica che mi permetterebbe di crescere come persona ed artista.

Apprezzo la sua caparbietà. E’ sinonimo di forte temperamento. Segno evidente di voler “essere una danzatrice”. A tanta fermezza, adesso in tutta trasparenza di una giovane donna, ha da confidarci quale la sua vulnerabilità?

Quando non conosco bene le persone, posso essere un po’ timida e qualche volta la mia timidezza si risente nel mio modo di ballare. É un punto debole che devo ancora migliorare e superarlo mi aiuterà nel mio futuro a crescere come ballerina e come persona.

 

“Concerto Barocco” di George Balanchine, al Théâtre des Abesses di Parigi. Ci emozioni, ci dia le stesse emozioni provate quando le hanno comunicato che lo avrebbe danzato. “Ballare” Balanchine non è roba di tutti i giorni…senza dimenticare della variazione in Paquita.

Ballare una coreografia di Balanchine è sempre stato un sogno… Penso che lo sia per tutti! Fin da piccola mi ero innamorata di questo stile che mi aveva fatto scoprire mia madre. E’ stata un’emozione indescrivibile quando la mia insegnante mi ha assegnato il ruolo da solista. Abbiamo lavorato sodo perché era un metodo che non avevo avuto molto spesso l’occasione di ballare ed era molto diverso dallo stile francese che studiavamo abitualmente. La musicalità, velocità, dinamica e purezza di linee sono solo alcuni aspetti del meraviglioso universo di Balanchine. Ogni parte del corpo deve comunicare energia ed emozione. La parte più complessa è stato di lavorare le frequenti alternanze tra passi più ampi e lenti a passi più piccoli e brevi, quasi scattanti. Tutto questo, però, avviene sempre rispettando la pulizia dei movimenti, che devono risultare simmetrici e compatti. Ho avuto l’occasione di ballare questo balletto per tre serate, ogni sera è stata per me l’opportunità di appropriarmi sempre di più della coreografia. Lavorare Paquita è stato ugualmente molto interessante e altrettanto intenso. È stata una bellissima esperienza che ci ha permesso di approfondire un altro stile.

George Balanchine (1904-1983).

Lei oggi è al Conservatorio International de Ballet e Dança Annarella Sanchez in Portogallo: selezione severa e grande disciplina: con la preparazione che ha, aveva dubbi di essere ammessa?

Nel mondo della danza non si è mai sicuri di niente e i dubbi sono sempre stati tanti. L’emozione è stata molto forte dopo avere ricevuto una mail che mi confermava la mia ammissione in questa grande accademia. Ero consapevole già dall’ inizio che sarebbe stato un percorso difficile e molto impegnativo ma allo stesso tempo mi sentivo pronta ad affrontare questa nuova avventura. Adesso sono felicissima della mia scelta e della mia nuova vita.

Tutti i giorni lezioni: classico, contemporaneo, punte, ginnastica e…carattere. Per i lettori: carattere: è una disciplina nel contesto coreutico?

La danza di carattere è un particolare tipo di danza incorporata nei balletti del repertorio classico. Possiamo definire la danza di carattere come una danza molto espressiva e dalle molte sfaccettature. Si posiziona in una zona intermedia fra le primitive forme di danza popolare e la rigida tecnica della danza accademica. Uno dei primi balletti definiti come un esempio del balletto di carattere è stata «la Fille Mal gardée» di Jean Dauberval. Sono numerosi i balletti che hanno incorporato la danza di carattere all’interno delle loro coreografie. Posso dire che personalmente la danza di carattere mi ha molto aiutata nella mia formazione perché mi ha permesso di sviluppare la mia propria espressività e interpretazione.

Jean Dauberval (1742-1806).

Le strade per essere un artista.

La versatilità di un danzatore è una necessità artistica o è mirata ad un più ampio di spazio lavorativo? Può essere anche dettato dalle scarse produzioni del repertorio classico per l’alto costo della loro messa in scena?

Tutte e due le cose: è importante arricchire la preparazione e esplorare tutte le strade necessarie alla costruzione dell’artista. E nello stesso tempo la versatilità e il sapere passare facilmente da uno stile all’altro renderà più facile l’accesso al mondo del lavoro. Tutte le compagnie prevedono ormai una variazione classica e una contemporanea per avere un contratto.

Il suo tempo è completamente dedicato alla sua formazione di danzatrice: Giselle con Maina Gielgud, poi ancora studio, con Lienz Chang, maître de ballet all’Opera di Roma, San Carlo, La Scala e settembre dello scorso anno cominciò le prove per “Il lago dei cigni” sempre con Maina Gielgud. Non posso che applaudire. Ma non posso non pensare che in questo suo quotidiano, sia circondata da sostegno e…affetto: ce lo confida?

Abbiamo avuto dei mesi molto impegnativi per preparare due spettacoli molto importanti in poco tempo. Tre settimane per montare il balletto «Giselle» e un mese per «Il lago dei Cigni». I momenti di sconforto e di dubbi sono stati molti durante questo lungo percorso. Ma l’ambiente caloroso che si era creato con le mie compagne mi ha aiutato ad avanzare e a non mollare mai. Questi momenti di sconforto e di tristezza ci hanno uniti e in poco tempo siamo diventati come una grande famiglia. Viviamo in molti la stessa situazione; abitiamo lontano dai nostri cari e ci vediamo in conseguenza molto poco. Ma questo sacrificio lo facciamo con passione e con amore per quest’arte che ci riunisce tutti in questa accademia e che ci rende ancora più forti e speciali. Ovviamente non mancano mai le chiamate tra una lezione e un’altra o la sera con i genitori che pur essendo lontano ci sostengono e ci aiutano sempre!

 

Lienz Chang                                                 Maina Gielgud

 

Studio e fiducia.

Tutto questo lavoro è stato prima che si applicasse il secondo lockdown. Mesi intensi dopo il primo che aveva “congelato” tutte le attività di teatro. La domanda è per tutti e ognuno ha una sua risposta. Le sta creando difficoltà questa stasi?

Purtroppo si, il Covid sta creando intorno a noi molti dubbi e poche certezze. In Portogallo, la situazione sanitaria è stata molto diversa rispetto alla situazione italiana. Da settembre a dicembre, abbiamo avuto lezione di danza in presenza e anche delle ripetizioni per preparare i nostri spettacoli che abbiamo avuto la fortuna di portare in scena. Ovviamente eravamo consapevoli della fortuna che avevamo ma purtroppo il Covid ha colpito anche il Portogallo a gennaio portandosi con sé i nostri sogni e le nostre speranze. Siamo adesso tutti in Zoom e speriamo tutti su una riapertura delle nostre scuole di danza dove abbiamo ancora tanto da imparare

Ha nel suo percorso di studi, numerosissimi maestri, citarli tutti sarebbe dedicare loro un servizio esclusivo perché tutti importanti e lei ne parla con entusiasmo di profonda gratitudine per tutti. Allora: con chi NON ha ancora studiato e chi sono?

Sono ancora tanti i ballerini con cui vorrei studiare! Il mio sogno sarebbe di studiare con Marianela Nuñez principal dancer del Royal Ballet ma mi piacerebbe anche molto lavorare con grandi ballerine italiane come Alessandra Ferri o Carla Fracci.

 

Marianela Nuñez                                     Alessandra Ferri

La sua giovane età: a cosa sta rinunciando?

La danza è spesso messa a confronto con la parola sacrificio e questa cosa non posso negarla ma è un sacrificio che ci rende felici e che ci dà anche qualche volte delle belle soddisfazioni. Ovviamente danzando ad alto livello ho dovuto rinunciare a molto, ma non mi sono mai pentita di averlo fatto perché la danza ti dà molto di più di tante altre cose. Ho cominciato ad avere un programma intenso di danza quando ero in terza media. Cominciavo alle 8h e finivo alle 19h. Tutta la fase di pre-adolescenza l’ho vissuto immersa nella danza e penso che mi abbia aiutata molto in un periodo dove le insicurezze e i dubbi sono tanti. Il week-end era dedicato alle lezioni in più che facevo con mia madre per tenermi sempre in allenamento e qualche volta uscivo con gli amici. Ovviamente si creano dei bellissimi legami nell’ ambito della danza che ci permettono di avanzare sempre uniti e con tanta passione. Non posso dire di avere avuto una grande vita sociale e una vita normale ma ho avuto la vita che volevo vivere e la danza fa parte di me e della mia vita dunque non posso dire che ho rinunciato a molto perché ho sempre fatto tutto con tanta passione e determinazione.

Prefiggersi un obiettivo e caparbiamente raggiungerlo, è un atto riconosciuto alla volontà che Ines Di Monte impone a sé stessa, perché l’aspirazione è “essere” una danzatrice, non diventarlo. Lei sceglie questo “mestiere” per ragioni di amore per la danza. Discernere l’esibizione di “ballare” dalla professione del “danzare” nel dilagante e chiassoso mondo dello spettacolo, è una doverosa e rispettosa attenzione di una giovane ballerina che della vita ne fa un proposito di nobile arte: trasmetterci emozioni. Si nasce…

Gianni Pantaleo.

 

 

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