di Giulia Volturno.
La danza viene comunemente e in maniera imprecisa definita “linguaggio universale” del corpo, pertanto è una forma d’arte capace di comunicare a qualsiasi essere umano. Ogni movimento nell’ambito della danza può essere codificato in segni definiti che si riferiscono al linguaggio coreutico. Osservando antropologicamente la danza o il ballo in senso generale, la storia ci insegna che l’uomo ha sempre avuto la predisposizione al movimento, lo ha sempre accompagnato nel percorso evolutivo, scoprendo inoltre il ritmo e la riproduzione dei suoni. La necessità di legarsi ad altri esseri umani, ha contribuito a sviluppare lo spirito di comunità tramite le danze di gruppo, in cerchio, in occasione delle cerimonie sacre per uno scopo rituale. Le danze dei cori, ad esempio, nell’antica Grecia, sono state create per svariati motivi sociali, tra cui di rilevante importanza erano quelle legate a riti religiosi, e soprattutto per delineare i momenti salienti dell’anno astronomico e quindi per ricordare il cambio delle stagioni, i raccolti nei campi, per celebrare le grandi conquiste belliche. Successivamente le danze acquisteranno un significato ludico-spettacolare con lo scopo del puro divertimento, allontanandosi dal significato religioso e rituale. Oltrepassando il periodo buio del Medioevo, in cui la danza era ritenuta peccaminosa, si arriva direttamente al Cinquecento celebrato come il secolo della rinascita delle arti che ha dato origine, presso le grandi corti, alle danze di società. I primi balletti prima nelle corti e poi nei teatri si origineranno a partire dal Seicento, infatti la danza fu in quell’occasione un’arte privilegiata praticata dai nobili e cortigiani, capace di intrattenere grazie a sontuose danze abbellite da incantevoli costumi, scenografie elaborate, accompagnate da un’accurata costruzione musicale. Oggi la danza, nelle diverse declinazioni e nei differenti stili è praticata da un gran numero di bambini, ragazzi e adulti anche over, basta guardare l’elevato numero presente sul territorio di Scuole di danza, Associazioni dilettantistiche oltre alle Istituzioni accademiche ed Enti riconosciuti.
Rappresentazione del XIV° sec.
Il significato educativo.
Quando pensiamo a questa affascinante attività non dobbiamo necessariamente immaginarla dal punto di vista tecnico-accademico, bensì sarebbe opportuno attraversarla arrivando a penetrare il significato più profondo, spirituale soprattutto educativo e multidisciplinare che la stessa ha in sé. In questo articolo si vuole affrontare e osservare il processo creativo, metodologico innovativo e trasversale della danza, con un alto potere di coesione sociale, in grado di innescare un’attività inclusiva. Il linguaggio del corpo è l’aspetto visivo che meglio riesce a manifestare ogni stato d’animo, infatti talvolta le nostre paure, ansie, insicurezze o al contrario gioie, soddisfazioni spesso sono comunicate da tanti minuziosi gesti come lo sguardo, dal modo di articolare le mani, dalla posizione dei piedi. Pertanto a questo punto ci si chiede: ma la danza è aperta a chiunque? La danza è finalizzata solo al professionismo, al teatro, a pochi eletti? Si potrebbe guardare oltre la tutina, il collant, il tutù e le scarpette da punta? La risposta è che la danza è come un diamante piena di sfaccettature, con più finestre aperte a tutti, perché l’insegnamento prevede tante forme di didattica, apprendimento, laboratori, metodologie di creazioni artistiche e culturali.
Rappresentazone del XVI° sec.
L’equilibrio tra le parti.
Occorre superare la selettività di tale disciplina, riconoscendo invece la forza consapevole di espressività e di inclusione, nella quale si ritrova un processo conoscitivo di libertà. La maggior parte della nuova generazione ha una mentalità più flessibile, un’intelligenza riflessiva meno esclusiva, con una capacità più predisposta ad apprezzare il non convenzionale. L’eterno conflitto tra uomo e donna nell’ambito ballettistico, ad esempio, è stato superato rispetto a quando il danzatore perdeva la propria virilità per imitare la grazia femminile. I ruoli oramai, sono ben definiti, si è ristabilito un equilibrio tra le parti che combina e sviluppa una propria identità, un personale vissuto artistico emozionale, senza distruggere la bellezza plastica dell’organismo.
Luigi XIV°, Re Sole. XVII° sec.
L’integrazione del “diverso”.
La grande dimensione comunicativa della danza genera una cooperazione di linguaggi simbolici e non stereotipati di grande forza espressiva e gestuale, rivolta a tutta la comunità non standardizzata. D’altra parte ogni individuo nella quotidianità utilizza una gestualità che è l’espressione di un movimento rituale, ripetitivo, comune, efficiente, emotivo. Ripensando al principio del legame dei corpi, al contatto e alla voglia di interagire con l’altro si arriva a concepire un processo collettivo e di pari opportunità, che si sviluppa nel tempo e nello spazio, aiutando a danzare chiunque abbia voglia di farlo, in qualsiasi età e condizione, liberamente e non necessariamente in modo razionale. Bambini o adulti, affetti da problemi di diversa natura, sono inglobati e trasportati dal suono dell’anima, un ritmo interiore che libera lo spirito creativo, sensibile, emozionale capace di sviscerare i valori del linguaggio artistico. È possibile pensare che la danza sia estesa a persone con disabilità, deficit, dal momento che si può danzare sdraiati, seduti, in piedi utilizzando qualsiasi parte del corpo come le mani, solo le braccia o le gambe. Il linguaggio della danza espressivo e comunicativo parte innanzitutto dalla mimica facciale, quella gestualità crea un gioco danzato privato delle parole. Sicuramente è un momento di crescita per chi la insegna e per chi la pratica, sviluppa un’armonia di azioni basate su un rapporto accogliente. Gli atteggiamenti relazionali e l’integrazione del “diverso”, mettono in moto il linguaggio del corpo anche in ambito coreutico, capace di integrare una pluralità di valori interculturali grazie al codice espressivo, visivo, iconico, ritmico, musicale.
Serena Servadio, Rossella Gaudiomonte.
Tutti uguali.
Il corpo è spazio, oltrepassa i confini della struttura fisica, supera ogni barriera e i limiti dello stesso, abbandonando l’individualismo, dialoga con gli altri corpi anche con la “non danza”, in totale libertà. Il metodo d’insegnamento non è individualizzato, ma generalizzato, efficace sia nei contesti educativi che in quelli terapeutici, grazie alle dinamiche didattiche interagenti all’interno dei gruppi, come avviene nei laboratori scolastici. In quest’ultima occasione la relazione tra arte e didattica aiuta a generare un gioco cinestetico del movimento, dell’interpretazione, dell’affiatamento e della conoscenza collettiva. La collaborazione e il rispetto dell’altro all’interno di un gruppo si consolida durante il contatto tra i corpi, mentre si mette in moto la memoria, l’ascolto, la concentrazione, l’attenzione. Durante la pratica dell’improvvisazione si è tutti uguali, perché si gioca con le proprie fantasie e immaginazioni.
Esternando i propri sentimenti si mettono a nudo le inquietudini, le gioie, le carenze, le virtù, quella naturale bellezza pulita e leale di un bambino o di un adulto e di chiunque desideri danzare. L’organismo umano possiede delle potenzialità creatrici e una coscienza artistica riverse in una convergenza di idee armoniche che rispecchiano la bellezza della vita. Creare un percorso artistico e inventivo aiuta l’accoglienza e l’integrazione, facilitando il benessere fisico e mentale, d’altra parte amplia la conoscenza delle differenti culture. Al di là della danza come allenamento fisico, rimane fondamentale l’idea di scoprirla da più angolazioni, con diversi ruoli come quello della formazione, ma anche quello del coinvolgimento emotivo, espressione di identità essenziale che aiuta ogni soggetto a perdersi e a ritrovarsi cresciuto e rinato.
“La vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali.
Quindi canta, ridi, balla, ama, piangi e vivi intensamente ogni momento della tua vita
prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi”.
cit. Charlie Chaplin.
Giulia Volturno.
Le foto sono di Gennaro Guida.
Tratte dall’opera teatrale: “In bilico”, coreografie di Sabrina Speranza.
Scrittura ed adattamento testi: Arianna Gambaccini.
Danzatrici: Rossella Gaudiomonte, Sara Buccarella, Sara Alessia Giannini, Lucrezia Pastore,
Serena Servadio, Sabrina Speranza.
Attrici: Justi Devenuto, Arianna Gambaccini.
UNIKA Produzioni, Bari.
In copertina: “In bilico”.
Le immagini e i testi potrebbero essere soggetti a copyright.