di Anna Landolfi.
Ci sono artisti che seguono l’evoluzione di una società che nutre la loro creatività. Non sarebbero tali, se non fossero mossi dall’osservazione dei costumi, dai riti quotidiani che nelle comunità, si svolgono meccanimente.
Quasi orologi biologici, scanditi dal ritmo della vita, dal lavoro, dai rapporti familiari, dallo scorrere del tempo. Osservo con molta noia, in cosa vivo, perchè poco di quello che accade, mi scuote. L’arte si evolve, non c’è dubbio.
Valerio Pisano
Che sia un messaggio alla bellezza o un urlo di disperazione, comunque è un atto di denuncia e cioè un diritto a rendere pubblico un’azione, che sia essa sovversiva o repressiva.
Bene. M’imbatto in un rivoluzionario operatore delle arti, uso questo termine, perchè la parola artista è troppo empirica, che compie azioni controverse partendo dalla banalità di un oggetto, del quale non ci facciamo più caso, fino a trasformarlo e a renderlo perpetuo, facendogli perdere il suo valore intrinseco di penna e ne sono scossa.
Fà dell’oggetto comune, un soggetto mediatico ripetuto all’infinito come i segni di Giuseppe Capogrossi (1900-1972), pittore italiano, che del tratto di pennello, sempre lo stesso, dipingeva intere facciate di mattoni, trasformando quel segno, in un affresco concettuale.
L’osservatore, interpretava le sue sensazioni senza senso. Un paradosso? Sì!
Lo fà Valerio Pisano. La sua Bic è la sua metafora contemporanea: prende questo oggetto e senza trasformarlo nella sua struttura, lo rende modulo grafico, pannello decorativo, indumento, scultura.
E qui, prego l’attenzione, come risponde quando gli chiedo:
Dalla pura grafica alla scultura, lei fa un gigantesco balzo nell’arte, coniando un termine che inserisco come Pop Art Arcaica.
Un azzardo! Lei “osa” rendere icona uno strumento di uso comune, quale è una banalissima penna a sfera. Ma fa di più: riporta indietro nel tempo, lo stesso oggetto, rendendolo scavo archeologico.
Il futuro è prevedibile, il passato è accaduto. Sa cosa penso? Che il suo genio è burlone. Gli storici resterebbero esterrefatti trovandosi un bronzo che ritrae un oggetto contemporaneo. Non la fa sorridere?
Mi regala più di un sorriso. Mi appaga sapere che il percorso iniziato quando ero bambino, ma solo per evadere dalle lezioni, ha avuto una evoluzione che mi accompagna ancora oggi.
La cosa che mi piace di più è che non è finita. E’ in programma ulteriore evoluzione che verrà mostrata non appena sarà terminata.
Il mio strumento ha già passeggiato nella storia, apparendo in alcuni geroglifici rinvenuti in Egitto. E’ stato rappresentato nelle linee di Nazca, in famosi dipinti di varie epoche, negli appunti di Leonardo da Vinci.
Sempre però sulla carta. Ora con la fusione in bronzo del mio strumento ho coronato questo fortunatissimo percorso.
In tutte queste creazioni, la burla è un ingrediente che uso più possibile. Già il fatto che una penna si ritrae e si riproduce in centinaia di situazioni apre un mondo immenso.
Può trasformarsi in qualunque cosa o in qualunque persona.
L’irriverenza di Valerio Pisano, sta in questa genialata. Porta indietro nel tempo un oggetto di oggi, facendolo diventare reperto archelogico. E’ un’operazione all’indietro nel tempo. Lo straordinario è che lo scavo, riporta alla luce un oggetto contemporaneo.
Ci confonde. Un reperto in bronzo eroso dal tempo. Una Bic e la sua forma ancestrale che, date le origini sarde dell’artista, mi riportano ai Giganti di Mont’e Prama rinvenute pochissimo tempo fa nel Sinis di Cabras, meravigliose sculture nuragiche.
Ma quelle sculture vengono da un passato lontanissimo. I bronzi di Valerio Pisano, vengono da oggi! tanto da essermi azzardata a definirli Pop Art Arcaica.
Leggete un po’:
La “burla” ha qualcosa di fantascientifico: scardina l’ipocrisia degli accademici che con la boriosa prosopopea intellettuale, fanno dell’arte, un’attività per “pochi”, come fosse un privilegio per gli eletti della cultura.
Un bronzo Bic è uno sberleffo. E’ uno schiaffo al perbenismo subdolo. Lei è un rivoluzionario. Lo sapeva?
No. Lo apprendo adesso. E mi piace esserlo in questo modo. Ho sempre voluto essere libero di poter fare qualsiasi cosa mi passasse per la testa, senza seguire regole, nel modo più istintivo ed anche capriccioso.
Senza vergogna e senza paura di essere giudicato, senza paura di non piacere. Voce del verbo FARE. Questa è la scritta che ho tatuato nell’anima.
Nel 1984, tre sudenti universitari livornesi, trovarono in un canale, tre teste che furono attribuite ad Amedeo Modigliani. Fu una scoperta sensazionale. Fiumi di articoli, servizi giornalistici, conferenze stampa e importanti crticici d’arte, furono emotivamente coinvolti.
La scoperta ebbe eco mondiale. I tre studenti furono ospiti in trasmissioni televisive internazionali, divennero famosi. Si scoprì, ahimè che le teste erano dei falsi. Accadde lo scandalo. I critici furono sbeffeggiati, i giornalisti infuriati.
La burla del secolo. Bene: a parte l’enorme scandalo, quell’operazione che i giovani studenti fecero, fu un messaggio alle articolate e complesse strutture vetuste dell’arte accademica.
Una sintesi finita in burla (che non è lo scherzo: sono azioni diversissime), scardinando il sistema della presunzione accademica da sempre sostenitrice l’Arte come componente per pochi, cioè i colti, gli acculturati (sic!).
L’arte è di tutti. E’ del popolo, è della gente. L’Arte è per strada (v. Banksy). I giocolieri che incontri ai semafori, i madonnari, i gruppi ambulanti di vocalist agli angoli delle vie (v. i Måneskin).
Continuo a chiedergli:
Lei la rivoluzione la fà con distacco intellettuale. Con i suoi bronzi Bic, lei fà un’operazione lungimirante: i suoi bronzi tra 4.000 anni, saranno quello che sono i bronzi del 2.300 a.c.
La sua sorprendente operazione artistica, è che il soggetto non è una figura umana o animale, un manufatto di uso quotidiano o un dio. E’ una penna Bic! Cioè, un oggetto del XXI secolo d.c. Sa che farà arrabbiare molti “critici” d’arte?
Mi spiego: i “saggi” delle arti, sembrano quasi fossero i “prescelti” dalle Muse. Trovarsi un manufatto bronzeo risalente al XXI sec d.c. li farà arrossire.
Ora che questi bronzetti sono stati battezzati con il nome di “Pop art Arcaica”, hanno una madrina, esistono ed hanno intenzioni “serie”, non possono certo preoccuparsi e non posso preoccuparmi di arrabbiature di chicchessia.
Io tutto ciò lo faccio perché piace a me non per compiacere la critica. Ho la fortuna di ricevere più complimenti che critiche.
Inoltre per fortuna il mondo è pieno di artisti da ammirare così potranno evitare di farsi sangue amaro e prevenire gli arrossamenti. P.d.C. e d.C., visto che stiamo viaggiando nel tempo.
Valerio Pisano lega l’età contemporanea con il passato. Trasmuta e sostituisce l’oggi con lo ieri, riproponendo l’oggetto come manufatto antico.
Lo storicizza e lo muta in umanoide (v. i bronzi che riportano a fattezze umane: l’arco, gli scudi, la donna), tutti visti e riprodotti con la tecnica della cera persa, tecnica, appunto, millenaria per la fusione in bronzo e che caratterizza l’identità sarda.
Un altro pianeta. Un’altra cultura. Non contaminata se non dal mare e dal vento.
Anna Landolfi.