martedì, 19 Marzo, 2024 9:47:04 AM

Maestro di una tradizione: Piero Fogarizzu

di Anna Landolfi.

Consideriamo la creatività degli uomini di trasformare strumenti di uso comune, in oggetti da collezione, diventando opere ricercate dai collezionisti e sempre più tecnicamente sofisticati, rendendoli oggetti d’arte. Una tradizione è parte di una cultura di un territorio e un manufatto ambìto dagli estimatori di opere d’arte, perde la sua reale funzione d’uso per entrare nelle collezioni private di tutto il mondo. Piero Fogarizzu, artigiano e discendente di una famiglia di coltellai (la coltellineria è l’arte del coltellinaio, armaiolo specializzato nella fabbrica di strumenti da taglio. n.d.r.), spiegherà un po’ della storia del coltello sardo, unicità specifica di un territorio della Sardegna.

Foggia antica classica.

Non ho mai pensato che esistesse una tradizione e soprattutto una cultura del “coltello sardo”. Me ne parli, ne sono incuriosita.

Il coltello sardo è nato orientativamente nel 1880, dal mio bisnonno, sotto richiesta dei pastori come attrezzo da lavoro, perché il pastore lo usava sia per ammazzare le bestie, sia per uso alimentare, che per mangiare e quando è nato, erano a lama fissa, montati con un pezzo di corno di montone o con quello che riuscivano a reperire. Poi sicuramente si sono resi conto che portarlo in giro, il coltello era scomodo, se non addirittura pericoloso e hanno iniziato a farlo pieghevole, inserendo un collarino di ottone per dargli un po’ più di robustezza.

Posso considerare il coltello sardo un oggetto della cultura popolare sarda?

Certo. E’ diventato nel tempo, un oggetto simbolo della cultura sarda perché tutti lo avevano in tasca e prendendo l’usanza di possederne uno. Diventava di conseguenza un simbolo della tradizione, nata proprio qui, a Pattada, soprattutto quel coltello con quella forma lì.

Ci sono vari tipi di coltelli: il “pattadese” (pattadesa), l’”arburese” (arburesa) e il “guspinese” (“guspinesa”). Cosa li differenzia e quali le zone della Sardegna di origine.

La pattadese siamo qui al centro nord della Sardegna, (Pattada in provincia di Sassari n.d.r.), la guspinese, e l’arburese, esattamente Guspini e Arbus, distanti l’una dall’altra una quindicina di chilometri, siamo già nella provincia di Cagliari a 200 km. da qui. L’arburese è un modello già un po’ più panciuto, la nostra pattadese ha una forma lineare con la lama così detta a forma di mirto, mentre l’aguspinese ha la lama mossa, non è a punta, ma tipo una lametta.

 

Foggia antica scuro.                                 Damasco corallo.

Il coltello sardo.

I manici sono davvero belli, quasi gioielli di cesello. Che materiali si usano e come diventano serramanici.

Per i manici del coltello tradizionale, noi usiamo da sempre corna di montone o di muflone. Corna orma difficili da reperire, comunque riusciamo a fornircene. Bisogna tagliare il corno e usare solo la parte piatta della schiena, fare le due guancette che poi vanno unite con dei ribattini, con un’anima interna. Non si scava il corno perché non avrebbe robustezza e resistenza durante l’apertura della lama, quindi è necessario mettere l’anima all’interno delle guancette. Noi usiamo solo quelle corna lì perché il corno è fatto di cheratina, quindi un materiale compatto, alcuni usano corna di caprone, bovino e bufalo, però è un tipo di corno che si sfoglia perché non ha la stessa compattezza della cheratina. Esteticamente e visivamente, quando è nuovo, è bellissimo, perchè ha delle belle tonalità, ma col tempo si sfoglia, quindi non usiamo questi tipi di corna perché non è nella tradizione della nostra azienda.

La lama. Il materiale sarà acciaio. E’ lei che forgia anche la lama?

Sì. A prescindere, le lame si possono fare in due, tre modi diversi. La lama tradizionale è in acciaio al carbonio. La forgiatura battendolo sul fuoco, riscaldandolo, comprime le molecole dando una resistenza ancora più notevole alla lama. Ora produciamo coltelli che i collezionisti ci chiedono per pezzi più particolari, optando in base alle richieste, anche acciaio industriale e questo non ha bisogno di essere forgiato. Naturalmente, queste produzioni, escono dalla tradizione, il coltello sardo è in acciaio al carbonio e forgiato. La resistenza è data anche dalla tempra, un processo di ulteriore riscaldamento immergendolo in un olio che gli dà quella resistenza particolare che gli conservi il filo senza che si rovini durante l’utilizzo.

 

Damasco onde montone.                                  Classica montone biondo.

Tutela di un marchio.

L’affilatura di una lama: quanto è importante per la qualità di un coltello sardo?

Pensi che la maggior parte del costo di un coltello sardo, è dato dalla sua lama che è la parte più importante, perché è fatta per essere usata e deve essere tagliente e resistente.

Non lo sapevo e mi sono documentata, la Regione Sardegna conferì il marchio DOC per tutelare la produzione del coltello sardo. Non posso pensare quindi che sia solo un “coltello” ma qualcosa di valore storico di un popolo. Sbaglio?

La correggo: la regione Sardegna non ha fatto niente. Non esiste un marchio. Francamente, forse, lo ha solo “boicottato”. Sono stato in prima linea, circa venti anni fa, quando avevamo intenzione di creare un marchio di origine per la tutela del coltello sardo. Andammo a Cagliari più volte insieme ad altri artigiani, per creare questo benedetto marchio, spendendo un bel po’ di denaro tra notaio e statuto che tutelavano il coltello di Pattada, con tutte le fasi di lavorazione e di come deve essere fatto il coltello sardo tradizionale. Purtroppo non se n’è più fatto niente. Né le istituzioni si sono fatti più sentire. Le dico un’altra cosa che forse in molti non sanno, voi vedete il marchio “I.S.O.L.A.” (catena di negozi dell’artigianato sardo n.d.r.) che sponsorizza anche la squadra della Dinamo Banco di Sardegna (squadra di professionisti del basket prima squadra sella Sardegna a vincere lo scudetto nel campionato 2014/2015 n.d.r.) e che dovrebbe tutelare tutto l’artigianato sardo, dai tappeti al sughero, bene, in un qualsiasi negozio “I.S.O.L.A.”, che è un ente che tutela l’artigianato sardo, si trova merce di fattura non consona ai reali manufatti sardi e che sono riproduzioni in serie e d’importazione. Non ho ancora compreso come la Regione Sardegna non si sia ancora interessata a tutelare prodotti che fanno parte della cultura e della tradizione dell’isola. Dopotutto la stessa Regione, investe su spazi espositivi adibiti alla commercializzazione dei manufatti sardi. Ad esempio, si può trovare un tappeto prodotto a Nule e poi ce ne sono dieci prodotti in estremo oriente, così come il coltello di Pattada con la forma caratteristica e su scritto “coltello di Pattada” ma non prodotto a Pattada. Mi dispiaccio vedere manufatti simili non prodotti in Sardegna con costi simili a quelli per i quali sono necessari due giorni per produrne uno originale mentre la grande industria, ne sforna 200 al giorno.

 

Pattadese damasco madreperla.               Pattadese damasco classico.

Pattadese tradizionale corallo.

Il damasco.

Ho visto dei coltelli sardi davvero opere d’arte. Manici cesellati e materiali che sembrano d’ambra. Quali altri materiali si usano?

Lame particolari e manici particolari sono processi di produzione attenta e laboriosa. Prima di questo lungo periodo di fermo, quando la mia azienda partecipava a mostre, c’erano richieste particolari soprattutto dai collezionisti. Materiali diversi, la madreperla, il corallo, l’abalone (mollusco rivestito di una conchiglia madreperlacea e in via di estinzione n.d.r.), le lame cesellate sono pregiatissime perché possono esserci circa trecento strati di acciaio e nichel saldati a caldo uno sopra l’altro. Dopo la lama va rifinita e lucidata e immersa con dell’acido che fa un lavoro di corrosione diverso da lama a lama e tra strato e strato delineando nella battitura, disegni diversi. Sono tutti modelli che ora ci richiedono e che sono pezzi unici. Sono però coltelli che escono dalla tradizione del coltello sardo. Quando ci arrivano richieste, cerchiamo di accontentare i nostri clienti.

E’ tradizione regalare un coltello sardo? E chi lo regala? La donna al proprio uomo?

La Sardegna è talmente vasta che ci sono tradizioni locali ben radicate. Può capitare che si doni un coltello sardo in altri paesi dove esiste questa tradizione. Qui nel nostro territorio, l’oggetto si regala dagli sposi ai propri testimoni. Essendo un ambiento agro-pastorale, donare un coltello è più utile che regalare un orologio, soprattutto sapendo anche, che valore economico ha lo stesso, anche più di un braccialetto o di un orologio, solo che in più è uno strumento di lavoro.

Foggia antica madreperla.

Tradizione e tutela.

Tutti gli uomini sardi hanno un coltello: è un motivo di orgoglio?

Più che un orgoglio va concepito nell’ambito agro-pastorale, sicuramente ce l’hanno tutti, la nostra è soprattutto un’economia di campagna, l’uso del coltello sardo è legato a questo. Io per esempio, li faccio ma non ho un coltello.

Lei è custode di un’azienda di tradizione. La tradizione tutela un patrimonio anche artistico. Propone innovazioni di materiali nelle sue produzioni?

Bisogna tutelare queste cose che sono la nostra tradizione e la nostra storia e forse può anche diventare un futuro lavorativo per le generazioni. Seguo sempre la linea, che qui il coltello di Pattada per essersi fatto un nome, ci sono voluti cent’anni, per rovinarlo ci vuole poco. Bastano pochi pezzi fatti con pezzi di corno e lamiere di acciaio intagliate per rovinare il nome del paese. Quando un coltello esce da un laboratorio di Pattada, deve essere ben fatto, perché quel coltello è la nostra pubblicità, nel senso che arriva il turista, compra il coltello e lo porta a casa, lo mostra agli amici e l’anno dopo gli amici chiamano e lo ordinano. Questo perché è un oggetto ben fatto. Ma se comprano un oggetto malfatto, la domanda è: perché andare fino a Pattada per comprare un coltello?

Pattadese classica.

Lei è un esempio di artigiano che ama il suo mestiere. La sua azienda è storica: è qui sin da bambino?

Avevo 15 anni, sono nato anche qui. Il mio laboratorio non ha segreti, tutte le fasi di produzione sono visibili ai turisti, i coltelli li acquistano qui direttamente in produzione, tutto è al sole. La gente può fermarsi e vedermi al lavoro capendo bene quanta dedizione c’è per un oggetto come il coltello sardo. Questo permette di amare il mio lavoro e quanto il mio laboratorio produce.

Ci sono territori del mondo, dove da sempre, la tradizione delle lame, considerate anche armi, è parte integrante di un popolo. L’arte del ferro è antichissima e la forgiatura è stata fondamentale perché le famose spade di Toledo, il coltello sardo, la daga (strumento di difesa/offesa molto usata nel tardo medioevo, n.d.r.), la katara (arma originaria del sub continente indiano, n.d.r.), la katana (spada giapponese usata dai samurai, n.d.r.), siano stati usati per la difesa di un regno, di una terra. Certo, sono anche armi di offesa, ma questo dipende dalla volontà degli uomini, apprezzare il manufatto come un oggetto prodotto dalle sue mani perché queste, una volta riposta “l’arma”, possano stringere altre mani in segno di pace. La considerazione del coltello sardo, è intesa come strumento di uso quotidiano, la bellezza dell’oggetto, invece, è opera della capacità e della creatività del maestro Piero Fogarizzu.

Anna Landolfi.

http://www.fogarizzucoltelli.com/

 

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