di Anna Landolfi.
Si pensa spesso che sia necessaria una preparazione umanistica perché una composizione di parole debba trasmettere un’emozione. Un grado di istruzione, un titolo scolastico, una frequenza liceale, un diploma universitario. Per alcuni “dotti” della scienza, pare siano necessari requisiti perché si debba entrare nell’Olimpo delle Lettere, essere seduti su scranni scolpiti in legno e cinti il capo di corone di alloro tra sapienti “menti” del sapere umano. Non sempre è necessario. Dubito fortemente sia indispensabile. Il mio quotidiano è fatto di esperienze sociali e scolastiche e ho il privilegio di essere circondata di colleghi che sanno apprezzare versi di chi, tutta questa “scienza” non ha. La gente “comune”, la gente che incontri tutti i giorni, quella gente dalla quale non ti aspetteresti e mai immagineresti quanta emozione possano suscitare. Quella gente dalla quale semplicemente aprendo i loro cassetti, saltano fuori manoscritti, poesie, odi. Indispensabile perché una parola possa suscitare un’emozione, è quella scritta con l’animo. La poesia. Essa è una creazione di parole composte dal pensiero di un uomo in un momento di riflessione di uno stato d’animo. La metrica, i versi, la semantica, per chi scrive, diventa uno spartito musicale composto di parole. Non posso certo negare, che comporre parole, sia un atto facile. Il significato di ognuna di queste parole, è frutto di ricerca non scientifica, ma emozionale. Questo status lo hanno tutti. E’ complesso e pieno di dubbi, pensare che non si provi un’emozione di fronte ad un volo di uccelli, al profumo di un fiore, alla pioggia che bagna la terra, al sole, al mare, agli spazi infiniti delle montagne, alle voci dei bambini, agli occhi stanchi di un vecchio, agli occhi di una donna innamorata, ai propri occhi di fronte alla bellezza. Tutto questo è naturale, istintivo. E’ una peculiarità degli esseri umani. Perché l’uomo è fatto di sensazioni, di pelle che “sente” le emozioni, di suoni, di profumi e immagini che colpiscono le menti e il pensiero traccia una strada fatta di parole.
Comincia una rassegna dedicata alla poesia “…non di autore”, rubrica di chi ha parole che debbano essere “ascoltate” con gli occhi. Parole scritte d’istinto, perché le emozioni non hanno “ragione”, si esternano e basta.
“Vento” di Giuseppe Galletta, pittore.
Marialuigia Melis, poetessa.
Marialuiga Melis
“Vento”
Vento che soffi forte la mattina
E tutto per le strade si trascina.
Nelle case fai ballare le imposte
Sembra le vuoi strappare dove sono poste…
Con la tua forza tu incuti paura
Ci fai tremare anche di paura…
Nelle campagne gli alberi tu pieghi
Sembran gridare piangendo e non perdoni.
Vento che al mar tu gonfi
Le sue onde che si infrangono
Negli scogli spumeggiando
Con gran fragor di schizzi biancheggiando.
Oh vento ora un favor ti chiedo
Porta baci
E saluti a chi nel cuore sta
E fa tornar il sereno nel pensiero.
Vento se poi ti calmi
Tutto tace e nella terra
Poi torna la pace.
“Gabbiani” ph. Grazia Bonasìa.
Mario Giovanetti, avvocato, poeta. (1957-2020)
Mario Giovanetti
“Pensieri”
Tristi e leggeri
I tuoi pensieri,
Come echi di gabbiani
Sulle creste spumeggianti delle onde
Del mare d’inverno.
O come la
Delicata speranza di vita
Di un germoglio di grano.
Tu che in fondo
Sai che la tua vita
E’ racchiusa in te
E che guardi, silenziosa, il mondo .
La scelta di queste prime due poesie, non è casuale. Marialuigia Melis è stata una scoperta dettata dalla sorprendente volontà di esprimere un suo stato d’animo di fronte ad uno degli elementi della natura più impetuosi e che ci avvolge quando siamo circondati da esso: il vento. La composizione è “scritta” di getto, senza essere “pensata”. Dimostrazione di un istinto che sovrasta la ragione e che rende poetica la sensazione provata dall’autrice. Mario Giovanetti, avvocato, loda un amore. Un amore taciuto, un amore puro. La poesia è in un contesto temporale fatto di spazi. Il grano, i gabbiani, il mondo. L’autore esprime l’amore senza un confine. Marialuigia Melis, Mario Giovanetti, poesie…non di autori. Sicuro?
Anna Landolfi.
In copertina, “Il bacio” di Gustav Klimt (1962-1918).
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