di Danilo Quinto.
Dal mio primo libro, “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio”, uscito nel 2012:
“Era una sera di luglio di nove anni fa. Il caldo torrido di Roma era attenuato, di tanto in tanto, da un venticello piacevole, quello che dicono porti cose nuove.
In una villa sull’Appia Antica si proiettava un film di un grande Maestro del cinema italiano, Lino Capolicchio. Avevo conosciuto il protagonista de “Il giardino dei Finzi Contini” (film del 1970, diretto da Vittorio De Sica, premio Oscar 1972 come Miglior Film Straniero n.d.r.) qualche giorno prima, a casa di una mia compagna di classe del liceo, che avevo rivisto da poco tempo e che in quei giorni frequentavo.
Con Lino feci subito amicizia e la stessa sera in cui lo incontrai m’invitò alla proiezione del suo nuovo lavoro, “Diario di Matilde Manzoni”.
Accettai con entusiasmo. In quel periodo, uno dei più complicati e delicati della mia vita, sentivo la necessità, quasi infantile – si può tornare a essere bambini anche a quarantasette anni, quanti ne avevo allora – di non stare mai da solo. Quella sera sarebbe stata speciale per me e avrebbe segnato la mia vita successiva.
Dominique Sanda, Lino Capolicchio, ne “Il giardino dei Finzi Contini”.
Conobbi Lydia (Lydia Tamburrino, soprano. n.d.r.) in occasione di quel film, che narra la storia di una giovane donna, molto sensibile, piena d’amore nei confronti della vita, nonostante sia tisica e sappia di non poter vivere a lungo.
Abbandonata in modo traumatico dal padre, Alessandro Manzoni, Matilde soffrirà per tutta la vita della mancanza dell’amore paterno. Sarebbe stata aiutata nel suo itinerario terreno solo dalla sua spiritualità, intima e profonda. Era lo scenario della fede quello che mi si proponeva.
All’improvviso. La stessa fede che Lydia ha praticato per tutta la sua vita. Vissi la sensazione che le nostre anime si fossero già conosciute.
Tutto di lei mi era familiare: la sua voce, il suo sorriso, il suo modo di porsi nei confronti degli altri, la sua eleganza interiore. Non mi sembrava solo di conoscerle già, queste cose.
Ero certo di aver già vissuto accanto a lei. Da sempre. Tutto questo può accadere quando s’incontra l’amore, si riconosce la persona con la quale condividere un progetto, ci si abbandona alla trama della vita – che non si può nè prefigurare nè prevedere – e si scoprono le verità, a volte persino difficili da raccontare.
Lydia accolse e intrattenne gli ospiti di Capolicchio con garbo e gentilezza, anticipando e descrivendo, con poche ma significative parole, le bellezza dell’opera del Maestro.
C’erano molte persone attorno a lei, che l’ascoltavano come se fossero rapite da quel modo di porgersi, così inusuale, ma sapevo che lei stava parlando solo ad una persona.
Ad un tratto, lasciò gli altri e si diresse verso di me. Stringendole la mano e guardandola negli occhi, fui consapevole, in quello stesso istante, che sarebbe stato per sempre.
Fu come se in quei gesti e grazie a quell’incontro si raccogliessero tutte le riflessioni della mia vita e si liberassero finalmente i miei sentimenti più profondi. Il fatto di conoscere una persona estranea al mio mondo abituale, mi attraeva, mi faceva respirare.
«Ciao, mi chiamo Lydia Tamburrino, sono un soprano. Ho esordito qualche anno fa a Lucca, in Bohéme, proprio con la regia di Capolicchio», mi disse. «E tu, invece, che lavoro fai?».
«Mi occupo a tempo pieno di politica. Sono il tesoriere dei radicali», risposi.
«Che vuol dire tesoriere?», domandò Lydia incuriosita e con tono quasi divertito.
«Trovo le risorse economiche, le amministro e poi organizzo le iniziative», spiegai.
«Ah, capisco», commentò.
Lydia, in realtà, non aveva assolutamente capito, perchè con i partiti e con la politica non aveva mai avuto niente a che fare.
Non sapeva che la sua vita sarebbe stata letteralmente invasa e stravolta dai radicali. Di lì a poco tempo, avrebbe persino ascoltato ogni giorno, per ore, Radio Radicale.
Diceva: «Faccio questo per amore, per essere più vicina a te, per comprendere meglio come ragionano loro e per aiutarti». Lei non immaginava, quella sera, che dopo qualche settimana avrebbe sposato il tesoriere di Marco Pannella.
Entrambi fummo consapevoli che in pochi istanti qualcosa di veramente nuovo e inaspettato era già nato tra noi.
Alla fine del film, accompagnai Lydia in macchina a casa sua, insieme alla mia amica. Sapevo che, salutandoci, quella sera, le nostre anime, da quel momento in poi, sarebbero state serene, felici, sarebbero divenute una cosa sola.
L’incontro con Lydia avvenne il 28 luglio del 2003. Ci sposammo a Roma il 6 dicembre dello stesso anno. Nella foto che pubblico, insieme a noi, ci sono Lino Capolicchio e la sua compagna, Francesca Golino – che è stata il suo vero amore e il suo angelo custode – alla quale rivolgo il mio affettuoso saluto. Fu proprio Lydia, negli anni ’90, a presentare Francesca a Lino.
Quanti incontri e quante conversazioni abbiamo fatto in questi quasi vent’anni con Lino. Quante volte, dopo cena, siamo stati fino a notte inoltrata a dialogare.
Si parlava di tutto: di teatro e di cinema, naturalmente, di arte, di letteratura, di musica, di poesia. Lo attraeva tutto ciò che era bello, che era cultura, che dava sensazioni, emozioni, che dialogava con l’anima.
Parlavamo dei suoi incontri con i personaggi più famosi: dai Beatles a Maria Callas. Incontri che poi Lino avrebbe tradotto in uno splendido libro uscito di recente, intitolato “D’amore non si muore”.
Si poteva anche parlare di spiritualità, perchè era una persona molto sensibile. Alcuni anni fa, a Natale, Lino era ospite a casa nostra.
Lydia lo convinse a partecipare alla Messa di mezzanotte in una Basilica del nord. Faceva un freddo terribile e Lino, che non sopportava il freddo, rimasi lì ad ascoltare l’intera liturgia, pur soffrendo.
E’ solo un ricordo, legato alla speranza che gli angeli abbiano condotto la tua anima a Dio.
Ti volevamo bene, caro Lino e te ne vorremo per sempre.
Danilo Quinto.
Danilo Quinto, scrittore, giornalista, conferenziere.
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In copertina: Lino Capolicchio (1943-2022)