di Gianni Pantaleo.
E’ una città di risorse Bari. Risorse artistiche e culturali produttive tenacemente legati al suo territorio. Non per campanilismo, non è uno status provinciale, ma una identità. Questa è la Terra dei Messapi. Questa regione è terra di influenze classiche e romane. Dalla Puglia partivano le Crociate e sparsi per il territorio, riconosciamo risonanze linguistiche del passaggio della storia che si fermarono in Terra di Puglia. Sarà che il “sangue” nel tempo è stato tramandato tra generazioni, ma la forte influenza del passato storico e artistico, tutt’oggi è presentato appunto, dalle risorse che maestri e docenti, trasmettono ai loro allievi: si chiama formazione. Nelle arti coreutiche, Savina Pinto ha la preparazione dettata anche dal suo essere stata una danzatrice.
Savina Pinto.
Riferimenti storici.
E’ il punto di riferimento di tanti piccoli talenti. Se storicizzassimo la sua passione, andremmo indietro nel tempo di anni. Cominciamo allora con la prima domanda: chi decise il suo futuro di danzatrice e poi maestra?
Mia madre fu costretta ad iscrivermi a danza, ancora oggi si ricorda che i miei primi passi li ho fatti ballando sulle note delle canzoni di Rita Pavone e Little Tony. La mia prima maestra si chiamava Tilde Sciantarelli che aveva la scuola nello splendido Palazzo Fizzarotti. Ho dei ricordi bellissimi della maestra Sciantarelli. Dopo tre anni di studio, purtroppo, scomparve e continuai i miei studi presso la scuola Rossana dove cominciai a seguire il metodo inglese della R.A.D. sostenendo ogni anno gli esami.
Sono quindi, ricordi che cominciano da bambina. Dalla passione alla professione. Il debutto. Ci aiuti a conoscere meglio Savina Pinto, la danzatrice.
All’epoca molte scuole di danza avevano una propria compagnia giovanile e la mia scuola dette vita al Centro di Cultura Meridionale del Balletto mettendo in scena tantissimi spettacoli nei principali teatri di Bari ed in giro per la Puglia. A soli 15 anni ho avuto la fortuna di poter danzare con coreografi e maestri bravissimi quali Rita Teresa Legnani, Emilian Bartes, Estera Tataru , Valeria Moldovan e al fianco di ballerini professionisti italiani e rumeni. In seguito superai l’audizione per essere ammessa nel corpo di ballo della Fondazione Piccinni sotto la guida dei maestri Attila Silvester e Angela Tecaru , dopo la loro partenza entrai nella scuola di Lilia Strizzi, studiando con la maestra Anna Di Giovine, che e’ stata la mia guida per tanti anni introducendomi per prima nel campo dell’insegnamento. Nel frattempo danzavo in coppia con il mio grande amico e collega Nicola Valenzano nella compagnia itinerante “ IL TALENTIERE” di Rita Pavone e Teddy Reno. A 21 anni l’incontro artistico con il grande maestro Momcilo Borojevic di cui sono stata assistente per 5 anni per i corsi inferiori e danzatrice nella sua compagnia Gargouillade Transfer. Negli stessi anni ho cominciato il percorso per diventare insegnante di danza moderna con l’I.S.T.D. diplomandomi con la qualifica di Associate Diploma con le maestre Cheryl Gill, Margareth Fenn e Diane Durant.
Il ricordo dei maestri.
I suoi maestri. Ricordi e nomi dei grandi insegnanti che le hanno permesso di essere la maestra che è oggi. Non si emozioni però…
Allo studio della danza classica e moderne la mia passione è stata lo studio della danza contemporanea, ed ebbi la fortuna di conoscere maestri quali Lario Ekson, Terry Jeanette Weikel, Grant Mac Daniel, Keoki Martinka, Fabrizio Monteverde, Dino Verga, Antonio Carollo e altri. Negli ultimi anni ho approfondito lo studio di tutti gli 8 anni accademici del metodo Vaganova con la maestra Marit Bech e il maestro Alek Shledash e ho fatto i corsi per insegnare l’innovativo metodo di Progressing Ballet Technique.
Quando ha cominciato a pensare di fare della sua professione, una missione? Fare formazione non è cosa facile…
Il seme dell’insegnamento l’ho sempre avuto sin da ragazzina. Tendevo a correggere istintivamente le allieve della mia stessa classe, anche più talentuose di me. Nessuna competitività, nessuna acredine nei confronti delle colleghe. E’ stata una questione di sensibilità, quando la maestra Di Giovine mi chiese di farle da assistente, capii da quel giorno che provavo amore per l’insegnamento e la didattica. Soprattutto con i più piccoli. Vivevo la danza con meno tensione e una naturale predisposizione. L’insegnamento non fu un “ripiego” alla mia carriera di danzatrice, rinunciai alla partecipazione di audizioni e mi concentrai sullo studio pedagogico della danza.
Marit Bech.
“Bianca come la neve”, Teatro Piccinni, Bari, (1994).
I percorsi formativi hanno delle tappe: sono legati all’età di un allievo o alle sue doti?
La metodologia che adotto è per età. Non è positivo avere di fronte un piccolo talento e inserirlo in livelli superiori. La sua struttura fisica e la formazione fisica, hanno bisogno di essere armonicamente costruiti, di crescita psico-fisica per potere sviluppare al meglio le sue doti. Ad esempio, non si può mettere sulle punte una bambina di sette anni, anche se la piccola ha un collo di piede naturale. Si rovinerebbe irreversibilmente la struttura anatomica della caviglia e del piede stesso. E’, quindi, necessario strutturare il fisico gradualmente e armonicamente per far sì che supporti, in seguito, lo sforzo di certe prestazioni alla sbarra o al centro.
Al centro, Luciana Savignano.
La professione del danzatore.
La professione del danzatore è indubbiamente “selettiva”. La domanda potrà sembrare “dura”, ma come si pone quando ha di fronte un allievo che ha “difficoltà” ad emergere?
E’ una situazione delicata. Trovo corretto spiegare quanto sia difficoltoso il mondo della danza e la verità va detta sempre. Bisogna costruire un forte e sincero legame tra allievo e insegnante. La danza , come il calcetto, può essere una passione che ti accompagna tutta la vita senza dover diventare per forza la tua professione. Di tutt’altro aspetto invece devono essere le scelte artistiche quando nella tua scuola entra un allievo di grande talento. A Bari purtroppo mancano strutture quali enti lirici preposti per lo studio della danza o accademie di formazione professionale per lo spettacolo. In questi casi , ho sempre consigliato ai genitori di considerare un trasferimento in città che avessero questi requisiti. Io stessa ho spronato alcuni dei miei allievi più talentuosi, ad andare via, cito Luca Marazia, Antonia Vitti, Vittorio Colella, Angela Ruscitti, Antonello Sangirardi, Annalisa Barbone, Maria Chiara Bono e altri che hanno intrapreso delle belle e soddisfacenti carriere artistiche. Quello che mi emoziona di più però, è che tanti miei ex allievi che non sono diventati professionisti del palcoscenico, hanno carriere in ben altri settori conservando l’amore e la sensibilità per l’arte. E di questo ne sono fiera.
Angela Ruscitti.
Antonello Sangirardi.
Momenti difficili.
Le ho chiesto questo perché so quanto è difficile il mondo del “balletto”. Di molti, sono pochissimi coloro i quali diventano stelle. Lo spiega ai suoi allievi?
Spiego ai miei allievi che i risultati arrivano sempre con il lavoro costante. Diventare primo ballerino o solista non è per tutti. Ma la professione del ballerino è anche quello della fila: essere un ballerino di fila, che sia in prima o ultima fila, non cambia la passione né la dedizione allo studio. Anzi, l’importanza del corpo di ballo è una componente essenziale ai fini dello spettacolo. L’evoluzione dello studio della danza, ha permesso anche di avere compagnie i cui singoli ballerini non devono sottostare ai rigori accademici. Lo stesso danzatore è un “unico” elemento nell’insieme del corpo di ballo. Rileva e sottolinea la capacità interpretativa unica del danzatore. Tutti quindi, sono primi ballerini proprio per l’unicità stessa del danzatore.
Riconosco quanto sia complesso il suo lavoro: la formazione non è solo tecnica ma anche psicologica: i sogni non si “vendono”. I giovani: quali i loro sogni, pensando che i mass media ci circondano di talent show e sfide esibizionistiche?
Su questo il nostro ruolo di docenti ed educatori è spronare i giovani a studiare attraverso video di danza classica, contemporanea, musical. Lo studio della danza non si esaurisce dopo una lezione in classe. Suggerire e invogliarli alla visione di repertori classici o di produzioni contemporanee, permette una formazione più globale della sola “pratica” alla sbarra o al centro. “Schiaccianoci”, “Cenerentola, “Coppelia” “Giselle”…questa è storia della danza. Organizzare uscite al cinema, in teatro; far vivere ai giovani allievi, l’emozione di un balletto o di un musical perché possano provare quelle emozioni che lo spettacolo trasmette.
“Caverna magica”, (1996).
Antonello Sangirardi.
E questa è la domanda oggettiva: se i sogni son desideri, a quali dei suoi allievi, sono diventati realtà?
E’ vero che il destino “gioca” con noi umani. Avevo io stessa un sogno: diventare una ballerina della compagnia del grande Roland Petit, a Marsiglia. Quel sogno lo ha realizzato mio figlio, Antonello Sangirardi, diplomandosi proprio in quella accademia. Il piacere del mio lavoro di insegnante è quello di sapere che tutti i miei allievi , tra coloro i quali sono diventati danzatori o quanti invece fanno lavori di tutt’altro genere, hanno conservato sempre una grande sensibilità artistica ed umana, ripagandomi sempre con tanto affetto e amore.
Alle doti di maestra di danza, colpisce la dedizione che Savina Pinto dedica: la passione profonda per una disciplina che l’ha coinvolta sin da bambina. Indubbio, che senza questo sentimento, nessuna professione potrebbe essere portata a lungo nel tempo. Ma lei lo fa e sono i numerosissimi i consensi che riceve per lo studio e gli esercizi quotidiani che applica a chi domani sarà un danzatore.
Gianni Pantaleo.
In copertina: Nicola Valenzano, Savina Pinto.
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