giovedì, 21 Novembre, 2024 6:57:18 PM

Cagliari – Otto, un angelo tra gli ultimi

CAGLIARI- Dubito che la curiosità sia una peculiarità femminile. Soprattutto quando fai un mestiere nel quale fare la “ficcanaso”, è parte del lavoro.

Curiosa per necessità, come tanti colleghi del settore stampa o insegnanti o artisti, i cui pensieri sono affamati di conoscenza, se non “sfogli” continuamente le pagine della vita, non capirà mai di essere testimone di fatti, azioni o comportamenti che, finalmente, nobilitano gli uomini.

Nel marasma della maleducazione e del menefreghismo imperante, mentre lavoravo, arriva da WhatsApp, un post che vale la pena rendere pubblico perchè è l’azione di un uomo che quando indossa i panni di un angelo, rende la vita dei “dimenticati”, migliore.

E pazienza se domani, quell’angelo è volato via. La speranza è linfa per vivere e lui, Otto, volato via, lascia la scia del sorriso sui volti degli ultimi.

Otto è un clown. Sotto quella mascherina e quel pomo rosso sul naso c’è Luigi Lai.

Cosa fa Luigi Lai? Non so rispondervi! L’ho conosciuto navigando in rete. L’ho “importunato” e “corteggiato” per giorni fino a strappargli, dopo precedenti intervista, quella sua innata e istintiva energia che trasmette nelle sue opere tra murales, quadri, poesie e figure del suo alter ego: Otto.

Uno strappo di forza vitale perpetrata tra l’ironia, la fiducia, la perseveranza, prendendone un pezzettino come farmaco alla gelida società impoverita di valori.

Riporto di seguito, quello che Otto, mi ha inviato.

“Ieri sera in studio, è successa una delle cose più emozionanti. Mi sono preso cura di A.M. una donna ospite in un istituto di suore, che la vita ha privato della capacità di sentire e di parlare col mondo, cosa non da poco. (Io credo sarei morto anzitempo).

A.M. è una donna speciale, vive nel suo mondo. Un po’ come me, insomma.

Mi hanno chiesto di farle una cura, raccomandandomi di usare il labiale, per farmi capire, per evidenti motivi. 

Ed ecco la magia: mi è venuto in aiuto Otto! Non c’è stato bisogno di parlare.

Ho lasciato la mascherina durante le cure. Otto sa fare il mimo, sa come parlare a bocca chiusa (non come me!). A.M. ha capito tutto quello che otto le chiedeva di fare. Ha collaborato. Ho fatto la cura, abbiamo scherzato molto, A.M. ha riso parecchio, ha battuto il 5 tre volte, ci siamo scambiati gli occhiali (i suoi, viola, mi stavano benissimo!).

Poi ci siamo salutati. A.M. mi ha abbracciato due volte, poi mi ha baciato sulla guancia. La vita è meravigliosa.”

Non ho da aggiungere parole. Nè fare considerazioni. Tra le tante riflessioni che ognuno di noi dovrebbe fare, una su tutte è quella eterna ma spesso dimenticata, strada della pazienza e della tolleranza.

Imparare linguaggi diversi dal proprio per potere comunicare con altri linguaggi non necessariamente fatti con le parole.

Qualcuno, tra noi, leggendo, potrà pensare: “…sì, ma le parole volano”.

Ma Otto, mica ha parlato con A.M.

Riflettiamo.

Anna Landolfi.

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