domenica, 22 Dicembre, 2024 6:44:09 PM

Bari – Flavio Pirro. Un attore che guarda al domani

di Anna Landolfi.

Si presenta libero di qualsiasi veste. Flavio Pirro, attore, doppiatore, artista insomma, non ha paramenti che indentifichino l’artista. Flavio Pirro è artista “dentro”.

Nel suo più profondo animo di maestro della parola. Perchè è proprio dalla parola che riconosciamo una professione straordinaria ma difficile, propria dell’attore.

Così come il piede del danzatore o le note espresse da un cantante o la gestualità di un mimo. Ognuno con il proprio linguaggio, ognuno con le proprie peculiarità di “operatore del teatro”.

Non mi si interpreti male: l’operatore dell’arte non è  un termine riduttivo. E’ semmai un professionista che opera e lavora in uno spazio che si chiama teatro.

Ci sono gli uffici, le fabbriche, le officine, ma ci sono luoghi un po’ più particolari come i teatri, dove gli operatori delle Arti, attori, cantanti, mimi, danzatori, ecc. si adoperano per trasmettere, con le proprie capacità artistiche, un’emozione.

Emozioni che Flavio Pirro comunica allo spettatore. E questo è un privilegio di pochi: dare un’emozione non è cosa di tutti…

Passa da quella linea sottilissima che è la professione dell’attore a quello del doppiatore. Se non si è attore, non si può doppiare un attore. O un personaggio. O un ruolo. Quindi lei è un artista. Ha percorso subito questa scelta professionale o è stata una “passione” che ha trasformato in professione?

Sì, assolutamente. Si tratta di una passione che nutro fin da bambino quando imitavo le pubblicità o citavo i film che guardavo alla televisione. Passione che trasformo in professione lottando strenuamente giorno dopo giorno.

Flavio Pirro.

Lo scientifico, poi studi umanistici. Con questa preparazione, partecipa a corsi e laboratori di recitazione. Deduco allora che lei “nasce” per essere attore. Ha mai pensato che la strada da percorrere era tutta in salita? Nel senso ripida e faticosa…

Anche in questo caso, la mia risposta è affermativa. Ho capito di essermi imbarcato su un mare in costante tempesta fin da quando ho mosso i primi passi in questo ambito.

Come ho detto, lotto ogni giorno affinché questa mia passione possa continuare a coincidere con il mio lavoro. Sicuro di riuscire un giorno a conquistare la mia isola felice.

…quindi si è sempre posto con fiducia. Dimostra così una profonda autostima. Qualità indispensabile per la professione di un attore. Non credo alla positività, credo nella fiducia, soprattutto per se stessi. Ma ha un prezzo “percorrere” le strade in salita soprattutto soli e senza “chiavi” che aprano porte. Può in tutta lealtà, asserire che la sua professione è il risultato del “suo” lavoro?

Non si finisce mai di lottare e impegnarsi. Essere un attore è una sfida principalmente contro se stessi. Superarsi per migliorare le proprie capacità e lottare contro le proprie paure e debolezze.

Sarò impertinente: compromessi? Accordi? Reciproci interessi? Domande con riferimenti al suo lavoro. E’ luogo comune pensare che chi è nello spettacolo, una forma di “accomodamento” per lavorare, sia necessario. E’ un luogo comune o…qualcosa c’è?

Non è assolutamente un luogo comune, purtroppo. Tuttavia è un errore pensare che ciò avvenga tipicamente nel mondo dello spettacolo. Il compromesso (nell’accezione malsana del termine) avviene ovunque.

Nel mondo dello spettacolo è semplicemente più evidente e messo maggiormente in risalto. Sta ad ognuno di noi scegliere se cedere o continuare per la propria strada contando unicamente sulle proprie forze.

Drammaticità o comicità? Il phisique du role che meglio rappresenta la sua “indole” di attore?

Sono entrambe facce della stessa medaglia. Entrambe estremamente affascinanti e con le proprie sfumature. Personalmente non ho una preferenza verso l’una o l’altra.

Si confronta in palcoscenico con registi contemporanei e tutti di forte spessore culturale. “Medico per Forza” di Molière diretto da Mario Maruca, poi con Maurizio Semeraro in “Hotel Mimosa”…insomma, un bel “calcare” il palcoscenico in lavori importanti. C’è un regista che le è stato anche maestro di vita? Da giornalista, non posso esimermi dal pensare che un artista non sia anche un uomo… Visconti, De Sica, Monicelli, erano anche “patres” dei loro interpreti…

Se consideriamo i registi del passato, sicuramente citerei Dario Fo. Una mente geniale ed un uomo straordinario.

Nonché un attore ed un regista come pochi. Possedeva la capacità di trascinarti nelle sue opere con una semplicità ed una naturalezza disarmante sia che si esprimesse in Italiano o in Grammelot.

Se, invece, consideriamo registi con cui sono entrato in contatto, non posso non menzionare Gianluca Ferrato. Un attore di grandissimo spessore (sia drammatico che brillante) nonché insegnante e regista eccezionale.

Duro, severo ma incoraggiante. Oggi va molto di moda fra tantissimi che insegnano questa materia, il parlare complicato, il lanciare segnali contrastanti per poi sfogare le proprie ire quando un allievo (o l’attore con cui sta lavorando) puntualmente non riesce a mettere in pratica le frammentarie istruzioni ricevute.

Questo non è insegnare (o dirigere)…è alla stessa stregua del bullismo, secondo me. Ferrato no. E’ molto severo e, quando non porti a termine quanto lui si aspetta da te, non esita a comunicarlo senza mezzi termini.

Ma è sempre chiaro nell’esprimere le sue istruzioni. Anche nei suoi rimproveri, percepisci che il fine ultimo non è il pompare il proprio ego, ma la crescita dell’allievo (o dell’attore che sta dirigendo) professionale e, soprattutto, umana.

Il “caratterista”. Nel suo percorso artistico, ci sono presenze professionali in ruoli di profondo spessore caratteriale, ironici… Tra dramma e ilarità, la versatilità di interpretazione per un attore, gli permette di “vestire” molti personaggi. Ho la sensazione che non le costa fatica rimodulare se stesso quando deve interpretare un soggetto. Questa condizione è un merito. Dote naturale o profondo studio?

In realtà, creare un personaggio da zero costa una fatica immensa. Nonostante ogni attore adotti tecniche diverse, si tratta di uno studio minuzioso che comprende una vasta gamma di fattori.

Dal contesto sociale e culturale a cui appartiene il soggetto che ci si appresta a rappresentare alle motivazioni più intime che lo spingono ad agire e pensare in un determinato modo.

Per poi, inevitabilmente, rapportare il tutto su se stessi per capire come replicare e restituire in maniera credibile ed accurata tutto lo studio di cui sopra.

In quanto, a meno che non si tratti di uno spettacolo autobiografico, noi non siamo quel soggetto. Chiaramente questa fatica non deve trasparire all’esterno. Il tutto deve sembrare ordinaria amministrazione.

Doppiatore. Difficilissima professione. Personalmente apprezzo molto il doppiatore: nella voce che lei presta, c’è anche l’interpretazione del personaggio da doppiare. Sa cosa penso? Che in questa situazione, non basta solo il volto di un noto attore o attrice, a fare di un film un bel film. Il doppiatore è un’anima e un’anima non si vede. Ma si “sente”. Cosa ne pensa?

Il mestiere del doppiatore è considerato una specializzazione del mestiere dell’attore. Oltre alle difficoltà classiche che comporta recitare, bisogna aggiungere delle ferree regole tecniche dalle quali non si può prescindere.

Rispettare le tempistiche che l’attore in video, restituire con la voce le espressioni facciali e le movenze già compiute da lui. Sì, oggigiorno la tecnologia può aiutare in tal senso…ma rimane comunque una professione difficilissima.

Far proprio, il lavoro già effettuato dall’attore. Ecco perché succede spesso che un bravissimo che, in precedenza, ha solo lavorato come attore teatrale o di cinema si trovi in difficoltà una volta che va a cimentarsi nel doppiaggio.

E’ proprio un approccio totalmente diverso. Oggigiorno, poi, con i tempi di lavorazione che vanno via via diminuendo, restituire una buona performance diventa una sfida anche per un professionista navigato.

Nella sua giovane carriera, coraggioso com’è, altre strade in salita, percorrerà: avrà facoltà di scegliere la salita più erta? Le piacciono le sfide? Ovvio, con se stessi. Guerrieri sì, ma non di offesa…la causa deve appagare l’anima e non apporsi una medaglia…

Ovviamente l’aver scelto questa professione implica già l’essere pronto a non deporre mai le armi. A non adagiarsi mai sugli allori. Essere sempre pronto a lottare, studiare e migliorarsi. Personalmente, nonostante talvolta sopraggiungano i momenti di debolezza e sconforto, sono sempre pronto a cimentarmi in sfide sempre più difficili.

Flavio Pirro…domani. Rivelazioni? Progetti in corso d’opera?…sogni?

Domani…domani si lotta come ieri! Si fa un bel respiro e ci si getta nella mischia. Quanto ai progetti…vedremo…un po’ di sana scaramanz..ehm…mistero non guasta mai. Sogni, tantissimi. Che non riguardano solo la vita professionale.

“…in realtà, creare un personaggio da zero costa una fatica immensa.” E’ una considerazione che provoca tenerezza. Si intende quanto impegnativo è il lavoro dell’attore.

Pardon…dell’operatore del teatro. Insisto e mi scuso, se continuo ad adottare questo specifico termine, perchè il Teatro proprosto da una generazione quale è quella di Flavio Pirro, è una generazione che fa del proprio mestiere una mission of faith.

Siamo lontani dal divismo datato che dal palcoscenico traeva ambizioni ultraterrene. Ruoli fusi con il proprio sè e dal quale separarsi signifcava perdere la propria identità.

Lavorare per entrare in un ruolo, è il costo del lavoro degli attori. Forse non un mestiere per tutti, ma indossato quel ruolo, studiato, sentito, provato e spente le luci del teatro, si torna ad essere se stessi.

Questa è la mission of faith, la missione di fede intesa a infodere un sorriso, un’emozione, un applauso. Meritato, sentito dal pubblico che, uscendo, ringrazia l’artista di averlo reso un po’ migliore. Flavio Pirro, lo fa.

Anna Landolfi.

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