di Gianni Pantaleo.
Nel vastissimo spazio delle Arti, molti di coloro i quali operano con le competenze maturate nel tempo, dispongono di strumenti che sono al di là delle capacità fisiche, perchè una disciplina, la danza, la prosa, il canto, siano eseguite con il compito di educare alle Arti.
Un passaggio convincente, che la danza non è solo dote fisica, nè esercizio ginnico, è quello che Valentina Vitone, danzatrice, coreografa e insegnante, dice: “…ma il danzatore con la D maiuscola è colui che ha quella passione interiore…“
E’ tutto inciso nella passione interiore. Un riferimento alla disciplina dell’anima, dunque ad una profonda conoscenza del sè e come lei, mèntore della danza, applica nella sua professione..
Seguiamo l’intervista.
Dal suo percorso professionale, lei cammina spedita come danzatrice. Dal ’94 a ’98 ha una carriera splendida: è a Roma davanti a Papa Giovanni Paolo II, tra le prime in classifica per Baridanza, in finale da solista per “Città di Pinerolo ed è ammessa al VII anno all’Accademia Nazionale di Danza.
Questa fulgida prima fase della sua vita di ballerina è frutto della sua formazione a Barletta?
I miei primi passi nel mondo della danza lì ho mossi fin da piccolina a Bari, per poi spostare successivamente i miei studi nella città di Barletta, e qui indubbiamente la prof.ssa Angela Dimiccoli, che ringrazio da sempre e per sempre, mi ha saputa guidare e indirizzare verso il mio futuro di danzatrice e poi di insegnante.
La formazione. Importanti i maestri o i talenti presi dai maestri e “curati” per diventare professionisti?
Sicuramente è fondamentale far tesoro di tutti i consigli e le correzioni che i maestri rivolgono agli allievi, e io sono convinta che anche “l’osservazione” sia un metodo importantissimo per migliorare.
Purtroppo credo che oggi si “guardi” ma non si “osservi”, colpa anche della velocità del mondo social…Ammetto comunque che grazie a questa finestra virtuale sul mondo si può accedere a video sulla danza meravigliosi e introvabili.
Personalmente però resto dell’idea che osservare attentamente un maestro quando mostra con cura ed eleganza un port des bras, oppure andare a teatro e carpire le sfumature dell’espressività dei grandi danzatori in scena, o anche semplicemente osservare un altro danzatore presente nella stessa sala durante una lezione, sia il modo migliore per arricchire il proprio bagaglio tecnico ed emozionale, in quanto il cervello assimila e passa poi al corpo ciò che ha memorizzato.
Siamo tutti a conoscenza che nella danza esistano svariate tecniche, nel Classico come nel Contemporaneo, e che ogni singolo maestro trasmette il suo sapere.
Perciò l’intelligenza di un danzatore sta nell’ eseguire ciò che richiede il maestro in quel determinato momento, per poi elaborarlo e cucire addosso a se stesso ciò che può servire di più alla sua formazione, per rendere migliore la sua performance di professionista.
Facciamo così, le faccio una doppia domanda, che ha comunque una sola risposta: lei nasce danzatrice o lo diventa?
Io credo che danzatori si nasca. Certo, lo si può anche diventare, ma il danzatore con la D maiuscola è colui che ha quella passione interiore e quel fuoco che continua ad alimentarsi negli anni senza spegnersi mai.
Io personalmente penso di aver instaurato un legame indissolubile con questa Arte, siamo state presenti l’una nella vita dell’altra fin dalla nascita, mia mamma, pianista, afferma che danzavo nella sua pancia solo quando suonava brani di Chopin, quindi per questo e ovviamente per altre mille ragioni, sento di poter affermare che sono nata danzatrice.
Una consapevolezza, quindi, innata. Mai avuto perplessità che la strada da percorrere era quella intrapresa? La danza… non è da tutti, non crede?
Certo, le perplessità e i dubbi sono parte integrante del nostro essere razionali, di sicuro non ho mai pensato di abbandonare la danza, quello mai, ma magari le perplessità nascevano riguardo le scelte da affrontare o sulle strade da intraprendere.
Bisogna essere consapevoli delle proprie potenzialità e dei propri limiti e saper comprendere fin dove si può arrivare proprio perché la danza non è da tutti.
C’è un valore aggiunto alla sua carriera: lei ha studi classici conseguiti. Mica poco pensando che gran parte del pianeta danza, abbandona gli studi per dedicarsi allo studio della danza. Quanto importante è avere studi umanistici applicati all’Arte?
Ho sempre affiancato lo studio della danza alla scuola, mai ho pensato di abbandonare gli studi, le difficoltà ci sono state, certo, anche perché frequentavo il liceo classico a Bari e i corsi di danza ogni pomeriggio a Barletta.
Ma ho ritenuto importante coltivare sempre il cosiddetto piano “B” , finché non ho avuto certezza che la danza potesse essere la mia professione.
Tra l’altro gli studi umanistici affrontati sono stati molto utili soprattutto durante il percorso di studi in Accademia Nazionale di Danza a Roma, dove poi mi sono laureata.
Da “Fantasia 2010” (2010)
Ne consegue che un professionista, quando prepara una coreografia o la danza, “sa” cosa fa. Non è cosa da poco! Ho visto in scena, bravi danzatori e danzatrici, grande tecnica ma…marionette. L’interpretazione è importante e la scuola, intesa come Istituzione Scolastica, è il valore alla carriera. E’ d’accordo?
Esatto, come spiegavo prima, il vero danzatore è colui che ha il fuoco sacro dentro sé, non è un semplice esecutore di passi, c’è differenza tra mera esecuzione e interpretazione, anche perché purtroppo si sta percorrendo una strada sempre più “ginnica”, lasciandosi alle spalle la vera essenza del movimento e di ciò che esso vuole trasmettere a livello emotivo.
Penso comunque che tutto ciò che concerne lo studio in generale aiuta a costruire un bagaglio culturale e umano non indifferente, da riportare poi nel proprio background di danzatore o coreografo, è importante che la cultura sia a sostegno della creatività.
Tuccio Rigano, Grazia Galante, Elisabetta Terabust, Victor Livtinov, Raffaele Paganini, Mauro Astolfi… le cito solo questi pochissimi e molto noti, maestri della danza, tra i tanti con i quali ha studiato.
Una sua riflessione è necessaria: di tutti molto le è “dentro”. Cosa di loro custodisce e cosa di loro ha migliorato la sua professione di danzatrice?
I nomi citati sono solo alcuni dei maestri con cui ho avuto l’onore di studiare, il bello è stato poter imparare da ciascuno qualcosa di diverso e farlo proprio, conoscere le diverse scuole di pensiero, i “trucchetti” da attuare in scena, che solo chi ha esperienza di palcoscenico può insegnare.
Strayner, Burnett e Livtinov ad esempio hanno contribuito molto al mio essere danzatrice, pur proveniendo da tre mondi completamente diversi, ognuno di loro ha impresso in me dettagli tecnici e artistici che conservo gelosamente e che trasmetto ai miei allievi.
Oppure il maestro Guntis Kalnins, formatosi a San Pietroburgo, mi ha aiutata molto nella formazione come docente, perché insegnare tecnica Vaganova e poter confrontarsi con chi ha studiato e ballato nella culla della tecnica russa è stato per me fondamentale.
Dal 2002 è in numerosissimi balletti. Dappertutto. Molti titoli accademici, tanti i ruoli interpretati. Perfeziona tecnica e interpretazione.
Al di là del sogno di diventare “ballerina”, non crede che entrata poi nel ruolo di “ballerina”, il sogno diventi una realtà faticosa? Quanti sanno che il backstage di un balletto ha fatica, sudore e tante rinunce?
In realtà la fatica, il sudore e il sacrificio sono condizioni che si conoscono già molto prima di realizzare il proprio sogno!
La danza è un percorso formativo complesso, che ti mette davanti a scelte e rinunce già da piccoli, e che solo chi ha tanta passione supera senza difficoltà.
Anzi, poter finalmente esibirsi e diventare ballerini è sì una realtà faticosa, ma è il traguardo per cui si è lavorato sodo per anni, è il sogno che diventa realtà, quindi non c’è cosa più bella.
Purtroppo ancora in pochi conoscono il duro lavoro che c’è dietro uno spettacolo, molti si fermano all’apparente facilità che si mostra in scena, senza sapere che dietro le quinte ci sono una miriade di dettagli da curare.
Ore e ore di estenuanti prove fisiche e psicologiche, tanto lavoro che non viene mostrato e di conseguenza spesso non viene apprezzato.
Ars Nova, Bari.
Dal balletto alla coreografia. Un “salto” professionale non casuale. La coreografia è opera di esperienza di palcoscenico? Mi spiego: c’è un momento in cui “creare” un balletto è il risultato di esperienza di lavoro?
Io penso che creare coreografie sia frutto di esperienze di palcoscenico o anche di un percorso di studio vero e proprio, ma al tempo stesso credo che valga lo stesso discorso che riguarda le figure del ballerino o dell’insegnante di danza, tutti possiamo danzare o insegnare danza, ma bisogna saper individuare chi veramente è in grado di farlo.
Ad esempio insegnare non è lo sbocco professionale scontato che si deve avere dopo una carriera da danzatore. Idem per il coreografo, la storia insegna che esistono danzatori, insegnanti e coreografi con quel quid in più.
Mi collego alla domanda precedente chiedendole di presentarci la vostra nuova produzione “Walt, cent’anni di fantasia”, di cui so che ha curato le coreografie.
Si grazie, “Walt, cent’anni di fantasia” è il nuovo progetto di Vitruvians Performing Arts che finalmente ci riporta in teatro dopo un lungo periodo.
Il debutto nazionale sarà domenica 11 febbraio con due spettacoli, h 16.30 e h. 20:00 presso il Teatro AncheCinema.
È un viaggio incredibile che ripercorre il centenario di Walt Disney dai grandi classici fino ai film più recenti, un vero e proprio concerto animato cantato dal vivo, con le mie coreografie, la sezione canto curata da Claudia Cusumano e la regia di Vincenzo Granieri.
È quindi uno spettacolo adatto ai più piccini, ma anche a tutti quegli adulti sognatori come noi che amano il mondo Disney.
Un’ultima domanda: abbiamo conosciuto Valentina Vitone, la danzatrice. E Valentina Vitone donna?
Nicoletta Manni (la nuova ètoile della Scala) afferma: “Ci sono ruoli che ti cambiano anche come donna, in cui devi tirare fuori parti di te che sono intime, solo tue”.
La danza, i suoi maestri, i ruoli da lei interpretati, hanno formato la donna che è oggi?
Sicuramente. Ho lavorato molto sulla mia timidezza e continuo a farlo tutt’ora, essendo una componente del mio carattere da sempre, ma la danza ha saputo sradicare nel tempo tutto ciò che serviva per rendere al meglio le mie performances.
A volte capita di dover interpretare ruoli che non si avvicinano minimamente al proprio carattere, al contrario a volte capita di essere talmente simili al ruolo da interpretare che si rischia di portare nella vita privata aspetti del personaggio.
È importante quindi, seppur difficile, scindere i due aspetti la vita privata e la vita professionale.
Và ben al di là della sua percezione fisica della danza. Valentina Vitone è maestra. Termine inteso come saggezza di colui, o colei, dedita all’educazione e alla formazione spirituale di un danzatore perchè egli/ella, si costruisca un futuro professionale.
E’ la didattica, disciplina ormai rara nel pianeta formazione. Che sia artistica o umanistica.
Tradisce la sua età: Valentina Vitone è figura giovane nel contesto accademico e questa sua freschezza anagrafica, le permette di essere meglio vicina alla generazione contemporanea.
Frutto dei suoi maestri? Certamente, sì. Ma anche della sua attenzione ai suoi maestri.
In un passaggio dell’intervista, dice: “Sicuramente è fondamentale far tesoro di tutti i consigli e le correzioni che i maestri rivolgono agli allievi, e io sono convinta che anche “l’osservazione” sia un metodo importantissimo per migliorare.”
E’ una considerazione che riflette la sua formazione di allieva, poi danzatrice e oggi maestra. E’ il messsaggio che trasmette e lo fà con spiccata professionalità.
Gianni Pantaleo.