di Flora Marasciulo.
Granada è una città dell’Andalusia, una regione a sud della Spagna, ai piedi delle montagne della Sierra Nevada. Fu fondata dagli iberici e conquistata dai musulmani nel 711 d.C., la città deve il suo nome alla comunità ebraica che viveva ai piedi del colle dell’Alhambra allora noto come Garnata al Jahud, Granada, però vuol dire anche “melagrana”. E’ famosa per i grandiosi esempi di architettura medievale che risalgono al periodo della dominazione araba, di cui l’Alhambra è il più conosciuto. Per 250 anni fu luogo del governo di una delle regioni più ricche del paese, divenne la corte dei sovrani spagnoli che dal XVII secolo trasformarono l’Andalusia in teatro di persecuzioni per ebrei e musulmani. Il declino di Granada terminò solo con il Romanticismo e la riscoperta del suo sostrato arabo. L’Alhambra che si estende sulla sommità del colle della Sabika, comprende all’interno del suo complesso il Palacio Nazaries, la dimora dell’emiro (la più bella costruzione araba d’Europa) comprende palazzi reali, patii interni e specchi d’acqua risalenti alla dinastia Nasride, oltre alle fontane e ai frutteti dei giardini del Generalife “giardino dell’architetto”. L’Alhambra insieme all’Albayzin che è un quartiere e il Generalife è stato dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità.
Alhambra – Granada
La città spagnola di Granada ha nello stemma un frutto di melograno, in spagnolo, granada e in antico francese, le grenade, significavano appunto melagrane, la denominazione della città spagnola deriva dall’introduzione del frutto per opera della dominazione moresca nella penisola iberica. Nello stemma della bandiera della Spagna è presente una melagrana con due foglie che si biforcano.
Insieme al canto molto popolare di Granada eseguito dai più celebri tenori, cantanti lirici, ibridi, in tutto il mondo e che vi propongo in diverse esecuzioni (1 parte: Domingo, Carreras, Pavarotti, Il Volo con Andrea Bocelli, Guadalupe Pineda. 2 parte: J. Diego Flores, Claudio Villa con Emanuela Villa, Flora Marasciulo, Il Volo diretto da Domingo) non per annoiarvi ma per la fantastica varietà d’interpretazioni, approfondiamo la conoscenza di questo meraviglioso frutto che non finisce di stupire e che è una sorpresa continua.
Segue il testo della canzone con traduzione italiana di Ermanno Tassi, scritta dal messicano Augustin Lara che, nel 1932, ha voluto dedicare alla città spagnola di Granada.
GRANADA
Granada, tierra son͂ada por mí
Granada, terra dei miei sogni
Mi cantar se vuelve gitano
Al mio cantare si volta il gitano
Cuando es para ti
Quando è per te
Mi cantar hecho de fantasía
Il mio cantare genera la fantasia
Mi cantar, flor de melancolía
Que yo te vengo a dar.
Al mio cantare, vengo a donarti
Il fiore della malinconia
Granada,
Granada,
Tierra ensangrentada
Terra insanguinata
En tardes de toros
Di sera dai tori
Mujer que conserva el embrujo
Donna che conserva il fascino
De los ojos moros
Degli occhi neri
De suen͂o rebelde y gitana
Di sogno ribelle e gitana
Cubierta de flores
Coperta di fiori
Y beso tu boca de grana
E bacio la tua bocca vermiglia
Jugosa manzana
Sugosa mela
Que me habla de amores
Che mi parla d’amore
Granada, Manola,
Granada, Manola,
Cantada en coplas preciosas
Cantata in rime finissime
No tengo otra cosa que darte
Non ho niente da darti
Que un ramo de rosas
Che un ramo di rose
De rosas de suave fragrancia
Rose di un profumo soave
Que le dieran marco
Che fecero da cornice
A la Virgen Morena
Alla Vergine Nera
Granada,
Granada,
Tu tierra está llena de lindas mujeres
Tu terra che sei piena di donne belle
De sangre y de sol.
Di sangue e di sole.
Ora scopriamo insieme il melograno, fonte di ispirazione nella tradizione popolare, religiosa, simbolo alchemico, massonico, cristiano, esoterico, astrologico… anche antiossidante, astringente, antidepressivo…! Il percorso non è proprio breve e nemmeno esaustivo ma può servire per conoscere questo meraviglioso frutto!
Il melograno è una pianta diffusa in un ampio territorio dell’area euroasiatica, dall’Iran alla zona himalayana dell’India settentrionale, al Caucaso, all’Armenia fino al Mediterraneo; è inoltre coltivato nelle regioni aride dell’Africa tropicale. Fu introdotto in America latina dai colonizzatori spagnoli nel 1769, ed è attualmente coltivato ampiamente in Messico e negli Stati Uniti (California e Arizona). Il nome “melograno” deriva dal latino malum (mela) e granatum (con semi) e ha assunto un valore simbolico in molte religioni e culture sin dall’antichità. Il suo nome scientifico è Punica granatum, una pianta appartenente alla famiglia delle Lythraceae (precedentemente in Punicaceae). L’unica altra specie appartenente a Punica è la Punica protopunica (Melograno di Socotra), endemica dell’isola di Socotra, (Oceano Indiano). Differisce per avere fiori rossi, o rosa, di minori dimensioni, e frutti meno dolci. Il nome di Genere Punica deriva dal nome romano della regione geografica costiera della Tunisia, e della omonima popolazione, altrimenti chiamata cartaginese (popolazione di estrazione fenicia che colonizzò quel territorio nel VI a.c.); (La pianta era chiamata dai latini malum punicum, che significa “mela cartaginese”, poiché, come scrive Plinio il Vecchio, cresceva vicino a Cartagine;) i Fenici, compresi i Cartaginesi, commerciavano in tutto il Mediterraneo un colorante rosso (come il colore dei fiori) estratto da essa. Grazie alla sua duttilità cromatica, il colorante fu molto usato in Europa anche nella stampa a mano su tessuto nel corso del XIX secolo. La scorza robusta e rustica che schiudendosi svela un tesoro di succosi semi rosso brillante lo hanno reso un frutto prodigioso per molte comunità, tanto più prezioso perché la pianta cresce in ambienti ostili, brulli, aridi, semi desertici.
“Si sente da lontano
Il canto melodioso di un uccello
Dalle parole amorose come i chicchi di un melograno ed ogni chicco è un bel ritornello” (Hamid Misk).
La stessa origine è riconosciuta anche in altre lingue come in inglese Pomegranate, e in tedesco Granatapfel (mela con semi). In antico inglese era noto con il nome di Apple of Grenada (mela di Granada). Una radice del nome della melagrana deriva dall’antico egiziano rmn, da questa deriva l’ebraico rimmôn e l’arabo rummȃn. Dall’arabo il termine passò ad altre lingue, come il portoghese romä, nella lingua della Cabilia rrumman e nel maltese rummien. Nel vernacolo di alcune regioni d’Italia la melagrana è chiamata come nell’elenco che segue. Si può evidenziare, in alcune in particolare, l’assonanza con l’origine della derivazione latina della parola:
Basilicata: Set
Calabria: Granatàra
Liguria: Meigranȃ
Lombardia: Pumgranei
Piemonte: Pomgranà (o=u)
Puglia: Sìta, Muruanàte
Sardegna: Arenada, Melagranada
Sicilia: Granatu
Veneto: Pomogranà
Il frutto (melagrana o granata) è una bacca detta Balausta (falsa bacca) di consistenza molto robusta, con buccia molto dura e coriacea, ha forma rotonda o leggermente allungata, a volte sub-esagonale, con diametro da 5 a 12 cm. con dimensione fortemente condizionata dalla varietà e, soprattutto, dalle condizioni di coltivazione. Il frutto ha diverse partizioni interne robuste che svolgono funzione di placentazione ai semi, detti chicchi o arilli (mediamente 613 per frutto) separati da una membrana detta cica. I semi, di colore rosso, in alcune varietà sono circondati da una polpa traslucida colorata dal bianco al rosso rubino, più o memo acidula e, nelle varietà a frutto commestibile, dolce e profumata. Il frutto reca in posizione apicale, opposta al picciolo, una caratteristica robusta corona a quattro-cinque pezzi, che sono residui del calice fiorale. La fioritura avviene a maggio e il frutto matura a ottobre-novembre, secondo le varietà. L’epidermide del frutto risulta costituita per oltre il 30% da tannino da cui è possibile ricavare un colorante giallo impiegato nell’artigianato degli arazzi nei Paesi Arabi. La scorza dei frutti tagliata a pezzetti e fatta esiccare all’aria si usa per le proprietà medicinali. La polvere ottenuta utilizzata come decotto, ha proprietà tenifughe, astringenti e sedativo nelle dissenterie; per uso esterno ha proprietà astringenti e di altro tipo. I semi eduli ricchi di vitamina C, hanno proprietà diuretiche, si usano anche per la preparazione di sciroppi e della granatina.
La coltivazione non pone difficoltà di rilievo. Il portamento ad albero isolato è favorito dalla asportazione dei getti accessori che si dipartono dalla base del fusto e dalle radici. Una limitazione della propagazione vegetativa migliora la produzione dei frutti. Alcune varietà da orto o da giardino sono coltivate solo per i fiori, altre sono a colore bianco o rosato. Il melograno è una pianta resistente all’aridità estiva e alle temperature invernali tipiche del Mediterraneo; in tali condizioni è straordinariamente resistente a ogni tipo di malattia. Esistono oltre 300 ibridi, il centro israeliano dell’Università Ebraica di Gerusalemme è il maggior centro mondiale per la ricerca e l’ibridazione e si avvale di coltivatori provenienti da tutto il mondo per verificare l’efficacia delle piantagioni.
Melagrane nere – Black pomegranate
Nell’iconografia, la melagrana fa le sue prime apparizioni nel IV millennio a.C. in Mesopotamia, a Uruk e a Susa. Per il colore dei numerosi semi, di rosso traslucido brillante, racchiusi in un involucro robusto, il frutto ha colpito l’immaginazione umana per essere un prodigio prezioso della natura, questa conclusione è ripresa da molte culture come quella ebraica, greca, babilonese, araba e cristiana. Il contrasto è ancora più accentuato dal fatto che la pianta viva in ambiente semi-desertico. Il libro dell’Esodo prescrive che le immagini delle melagrane siano applicate sugli abiti rituali dei Grandi Sacerdoti (Esodo; 28:33-34 […] tutt’intorno all’orlo inferiore del manto farai delle melagrane di porpora violacea e scarlatta, di cremisi e lino fine ritorto, tra le quali vi saranno sei sonagli d’oro: sonagli e melagrane si alterneranno tutt’intorno all’orlo inferiore del manto). Il libro dei Re descrive, invece, in maniera affascinante, le melagrane rappresentate sui capitelli delle colonne (Yakin a destra e Boaz a sinistra) che erano sul fronte del tempio di Salomone in Gerusalemme, costruite dalla leggendaria figura di Hiram Abif, architetto, denominato “Figlio della Vedova” (1 Re; 7:13-22 Il re Salomone fece venire da Tiro un certo Hiram […] artefice in lavori in bronzo[…] fuse due colonne di bronzo […]. Fece pure due capitelli posti in cima alle colonne: una rete per ciascun capitello. Fece anche delle melagrane in due ordini, l’uno al di sopra dell’altro, attorno alla rete di ognuno dei due capitelli. Erano duecento melagrane in due ordini intorno a ciascun capitello: in tutto quattrocento.). La corona, che nella simbolistica ebraica indica la santità, sarebbe rappresentata anche dalla “corona”, residuo del calice fiorale che permane nella parte apicale del frutto.
La melagrana è inoltre nella simbologia ebraica, simbolo di onestà e correttezza, perché conterrebbe 613 semi, che come altrettante perle sono le 613 prescrizioni scritte nella Torah, (248 obblighi e 365 divieti) osservando le quali si ha certezza di tenere un comportamento saggio ed equo. In realtà i semi della melagrana sono in numero variabile (di certo circa 600), ma il frutto con i suoi semi ricorda quel numero, che come tanti altri, ha riferimenti precisi nella numerologia ebraica. Per i suoi numerosi semi è simbolo di produttività, ricchezza e fertilità. Quella della melagrana è una delle poche immagini che appaiono nelle vecchie monete della Giudea come simbolo santo. Attualmente molti rotoli della Torah quando sono avvolti, sono protetti da gusci in argento a forma di melagrana (rimmonim). Alcuni studiosi di teologia ebraica hanno supposto che il frutto dell’Albero della vita del Giardino dell’Eden fosse da intendersi in realtà come una melagrana. Nella Bibbia la melagrana è uno dei sette frutti elencati come speciali prodotti della “Terra Promessa” (Deu. 8,8 […] paese di frumento e d’orzo, di vigne, di fichi e melograni, paese di olivi e di miele […]) ed è uno dei frutti portati dai dodici esploratori inviati da Mosè a esplorare la terra di Canaan (Num. 13,23 […] Giunti alla valle di Escol, tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva, e lo portarono con una stanga in due; presero pure delle melagrane e dei fichi.). Questo ci dice che gli Ebrei quindi conoscevano e apprezzavano i frutti, anche sotto forma di succo, sin dai tempi remoti. Pendenti, bracieri e oggetti dedicati al culto recentemente ritrovati in tutta l’area medio orientale, come la famosa melagrana d’avorio ritrovata a Gerusalemme, attestano la veridicità del racconto biblico e rilevano come questo ornamento, fosse importante simbolo della vita spirituale dell’antico Israele. Anche in alcune monete del regno dei seleucidi del II secolo a.C. come in alcuni còni giudaici del periodo degli Asmonei (104 a.C.) troviamo rappresentato il melograno. Questo frutto è anche metafora della fertilità ed è nel Cantico dei Cantici della sacra Bibbia che raggiunge la massima carica simbolica: qui diviene simbolo dell’amore fedele e fecondo, dell’intensità della relazione, della bellezza dell’amata. Nel giardino, luogo dell’amore, fioriscono i melograni e l’amato scorge nel melograno, simbolo della vita, della fertilità e della felicità di cui è portatrice la sua sposa. Il melograno ha così una forte valenza simbolica: l’amato è comparato a un giardino di melograni (Ct. 4,13 […] boschetto di melograni è il tuo vivaio […]) e le sue guance sono come uno spicchio di melagrana (Ct. 4,3; 6,7 […] Nastro purpureo son le tue labbra, leggiadra è la tua bocca; spicchio di melagrana è la tua guancia dentro il tuo velo). Il giardino, metafora dell’agognato amore, è un fiorire di melograni. L’amato vuole sincerarsi che l’amata sia pronta per ricevere il suo amore. Mosso da questa curiosità passionale, scende a controllare (Ct. 6,11 […] nel giardino sono sceso […] per vedere se la vita metteva i germogli e se erano fioriti i melograni […]). Egli, a questo punto, vorrebbe condurre l’amata nella casa di sua madre (metafora di uno sposalizio) per gustare insieme il nettare del melograno già maturo! (Ct. 8,2 […] Ti condurrei in casa di mia madre, […] ti farei bere del vino aromatico del succo di melagrana.).
Jacopo della Quercia Madonna della Melagrana.
Al capitolo quarto del Cantico dei Cantici lo sposo, in un canto appassionato, descrive il corpo dell’amata nei minimi dettagli e lo fa in sette versetti, proprio come i sette frutti tipici della terra d’Israele (Dt. 8,8). Per l’uomo biblico la bellezza è salute e per associazione è fertilità. E’ un simbolo quindi ampiamente ricorrente in tutta la cultura ebraica con diversi significati. I semi fittamente stipati all’interno del solido guscio, ad esempio, hanno spesso identificato l’unità del popolo ebraico; così come la capacità apparentemente miracolosa di questa pianta di prosperare richiedendo pochissima acqua e generando chicchi tanto dolci e succulenti ha fatto dei suoi frutti un emblema della prosperità, della ricchezza e della fertilità. Il mito della melagrana non è originario della Grecia, vi giunge dall’oriente, valorizzato come oggetto culturale e mitico da divinità anatoliche (Cibele), o mesopotamiche (Ishtar). La mitologia importata confluisce in Grecia con numerosi riferimenti alle divinità greche al frutto e ai semi della melagrana, fra gli altri il mito di Persefone e quello di Era. Un giorno importante della chiesa ortodossa greca è la Presentazione di Maria; in tale ricorrenza è tradizionale in alcune regioni della Grecia la preparazione della tavola della polysporia, anche nota con l’antico nome di panspermia, con offerte di cibi e frutti della terra fertile, con evidenti richiami pagani a Dioniso. Quando è acquistata una nuova casa, è uso in Grecia mettere quale primo dono presso l’Iconostasi (l’altare domestico) della casa una melagrana come simbolo di abbondanza, fertilità e buona fortuna. La melagrana è anche presente nella decorazione religiosa cristiana, soprattutto per gli abiti e paramenti dei sacerdoti per le funzioni religiose, oltre che in scultura e architettura (sui capitelli medievali). Nel Medioevo, la Vergine Maria era raffigurata con una melagrana fra le mani, come ad esempio la statua di pietra della Madonna della melagrana del Museo Diocesano di Lucera, datata al XIV secolo o la statua di marmo (h.cm.155, base cm.70×61) di Jacopo della Quercia del 1403-06, custodita nel Museo della Cattedrale di Ferrara. Anche nella Cattedrale di Monopoli (Santuario della Madonna della Madia) si possono ammirare numerose riproduzioni di melagrane.
Flora Marasciulo.
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