di Anna Landolfi.
Maria Amoruso, poetessa.
Quando si parla di “diversità” resto stupita. Certo che siamo diversi. Ma chi è che vuole somigliare all’altro.
Anzi, sembra quasi che in questo momento storico di individualismo e orgoglio nazionale, ognuno rivendichi la propria identità, la propria cultura, la sua esistenza dimenticando che siamo tutti su uno stesso pianeta.
E resto abbastanza basita quando siamo tutti d’accordo sulle parità dei sessi, dei generi, delle “uguaglianze”, di integrazione, di inclusione e poi…poi nessuno applica quello sul quale si è discussi fino a poco prima.
Una “lezione” di vita, come anticipavo nel servizio precedente, fu un primo premio assoluto di poesia sempre per un concorso nazionale di letteratura.
Una testimonianza dettagliata e anche molto curiosa su questo meritato primo premio. 2016, candidati da tutta Italia.
Ammetto che negli anni, certi eventi assumono caratteristiche che hanno anche lo scopo di sensibilizzare alle arti letterarie il grande pubblico.
Un lavoro certo non facile, oggi che siamo spesso (sempre?) con i nostri stupefacenti e utili, telefonini, tablet, computer.
Ma qualcuno deve pur farlo: così tra scrittori (e sono tanti), poeti (moltissimi), drammaturghi, sceneggiatori, soggettisti, insomma: la carta e la penna hanno ancora la loro valenza culturale. E la parola. La parola ormai diventata muta.
E cosa vuoi parlare se sei continuamente a “digitare” parole. Digitarle è una cosa, dirle con la propria voce è un’emozione.
Ma torno al “primo premio assoluto”. Per ovvie ragioni di privacy e tutela del candidato, ogni elaborato era accompagnato da uno pseudonimo e per ognuno del comitato giuria, distribuita una copia insieme alle altre opere.
Il manoscritto originale con relativi dati del candidato e rispettivo suo pseudonimo, al notaio.
E capitò. Capitò che ognuno leggesse ogni singolo elaborato, cosa tediosa e onerosa, ma così sono i concorsi e la complessità è nell’amore per le lettere.
Si fa e basta. E capitò. Capitò che tra le tante parole scritte, ci fu una poesia di una leggerezza che sorprese tutti i componenti della giuria.
Una sintesi elementare, esaustiva di una sensazione, parole comuni legate tra loro in frasi brevi, incisive e evocative di quello che l’autore provava nel riportarle su un pezzo di carta.
E capitò a tutti quando ai criteri di valutazione, ognuno dei giurati espresse i propri punteggi quasi di poco, all’unanimità, decidendo così un premio “assoluto”. 11 dicembre 2016, Biblioteca di Santa Teresa dei Maschi, nella storica città vecchia di Bari.
Candidati, istituzioni, scrittori e pubblico, la stampa e…
E capitò che il presidente della commissione e il notaio, pubblicamente dopo avere premiato i secondi e i terzi premi della varie categorie, annunciassero a presentarsi al tavolo della giuria Maria Amoruso, primo premio di poesia.
E capitò a Maria, una delle ragazze con sindrome di Down amica, studentessa, allieva e “colta” ragazza che nella sua trasparente “ingenuità” aveva trasmesso a tutti un pensiero, un’emozione che provò quando una sera alzò gli occhi al cielo e raccontò della Luna.
Con i suoi occhi, con le sue parole, con la sua condizione di “diversa” dimostrando che la diversità non è poi così lontana dal linguaggio che ogni essere vivente adotta solo per farsi comprendere.
E capitò che imparammo. Tutti.
“Questa è la mia poesia” di Maria Amoruso
Questa è la mia poesia
E lei è la mia Luna…
E brilla.
E tonda.
E’ illuminata
brilla nel cielo
di sera
e mi sorride.
Come un bel fiore di primavera
la sua luce,
bianca,
sul fiore di primavera,
di sera
io la vedo.
Q
uesta è la mia poesia…
La Luna…
Il fiore.
La Luna di sera
sul fiore di primavera.
Anna Landolfi.