venerdì, 26 Aprile, 2024 12:04:01 AM

Joan Crawford, dramma vissuto

Di Vittoria Loiacono.

Joan Crawford

Continuo a essere convinta che c’è un periodo storico ben delimitato nella storia del cinema per definire “diva” un’attrice. Non starò a fare del sessismo: per i “divi” c’è tempo. Ma un omaggio a queste “eterne” che hanno lasciato nel cinema un’impronta indelebile, ha priorità assoluta.

Bellissima, colta e soprattutto unica “rivale” della grandissima Bette Davis, Joan Crawford, è stata contesa e ambita da tutti i produttori di Hollywood per trent’anni.

Sorprende la vita di questa stella: nata da umilissima famiglia, numerosa, operaia, abbandonata dal padre e abusata dal secondo marito della madre, la grande miseria tempra il carattere della ragazzina.

La fame la portano sui palcoscenici della vaudeville dell’epoca come ballerina in qualsiasi bettola di New York, Il girovagare delle compagnie per gli Stati Uniti le permisero di avvicinarsi a uomini che lodarono più le sue doti fisiche che artistiche e che accettava accondiscendendo per ambizione economiche.

Una donna fermamente decisa a riscattare le sue origini, anche con falliti matrimoni di interesse. Il palcoscenico non le bastò più e le prime scritture le arrivarono proprio dalla Metro Goldwin Mayer.

La prima pellicola alla quale prese parte fu con un contratto che le permise di presentarsi al grande pubblico: “The Circle” e “La mosca nera” entrambi del 1925. Molte delle doti che Joan Crawford sapeva di avere, non le erano messe in rilievo.

La sua prestazione fisica era l’ultimo fattore che le importava. Fu proprio la sua adolescenza che permise la caratterizzazione delle figure femminili forti, decise, caparbie e quando anni dopo fu “accusata” di non essere mia stata una buona moglie e una brava madre, la sua freddezza le permise solo di dire: “Tutto quello che ho avuto, è stato dolore e fame. Non posso dedicarmi ad altri se non a me stessa”.

Eppure si sposò quattro volte ed ebbe quattro figli. Ma non sono qui a giudicare nè a commentare la donna, bensì la “diva”. Il successo le fu meritato. Non confondiamo l’avvenenza fisica con la bellezza.

Il viso dai lineamenti sagomati, un mento importante, una fronte alta, Crawford, come la Davis, giocò la sua carriera sull’interpretazione, sulla profondità delle donne a lei affidate nei film.

Sta in questo “estremismo” professionale che attrici di questo lignaggio, sono rimaste nell’Olimpo delle migliori interpreti del cinema moderno. La visione è riscontrabile nel vissuto.

Entrambe non bellissime, la forte imponenza fisica della Crawford e i tratti somatici dell’algida donna di acuta personalità, le dettero fama di star del cinema mondiale.

Citerò due film importantissimi della sua carriera: “Johnny Guitar” del 1954 del regista Nicolas Ray e “Che fine ha fatto Baby Jane” del 1962.

Il primo è un western interpretato con una fortissima propensione della donna autonoma, capace e indipendente. Suo partner Sterling Hayden, notissimo attore di tutta una seria di film western (apriremo focus su questi bellissimi della Hollywood di quegli anni). In una terra selvaggia come l’Arizona, la bella Vienna è l’amante di un killer rapinatore.

Con grande astio degli abitanti della zona, lei porta avanti un saloon di malaffare diventando lei stessa complice del killer-amante. Uno sceriffo (chiamato Johnny Guitar, Sterling Hayden)  alla caccia del bandito irrompe nella vita di Vienna, quello sceriffo che tempo addietro era il suo amore non corrisposto e che la lasciò sola al suo destino.

L’amore della bella Vienna, mai assopito, impetuoso ritorna nella sua vita lasciandola ancora una volta di fronte alla scelta di donna innamorata o di donna ribelle al passato ormai andato. Il film fu un ottimo successo, la fotografia cupa e l’interpretazione di lunghi dialoghi, resero il film poco “adattato” all’avventura western, ma la Crawford fu ben acclamata.

In “Che fine ha fatto Baby Jane” la Crawford si confronta con la di lei acerrima nemica sia sul set che nella vita, Bette Davis. Il film fu inserito dalla critica cinematografica tra i 100 migliori thriller di tutti i tempi e la lavorazione fu tra le più faticose per entrambe le “dive”. Diretto da Robert Aldrich, tra i più anticonformisti regista di quegli anni.

La sceneggiatura è tra le più complesse a enigmatiche della storia: due sorelle, crescendo, diventeranno l’una la vittima e la carnefice dell’altra per la carriera artistica.

Le scene del film, memorabili dalla prima all’ultima, furono molto combattute sui set proprio per la reale competizione delle attrici stesse che non dovettero faticare molto a interpretare il rispettivo odio anche fuori dal set.

Il film è una profonda introspezione psicologica di due donne sull’orlo di una fine, annientando l’una la vita dell’altra.

Un trionfo. Il film fu clamoroso e incredibilmente portò le due attrici ad un epilogo professionale che le confermò “dive”. Joan Crawford si spense per infarto l’8 maggio 1977 a New York.

Vittoria Loiacono.

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