di Gianni Pantaleo.
Un linguaggio evoluto ha una forma di trasmissione che attraversa molteplici informazioni e una tale mole di dati che rischia di essere decodificata con molteplici interpretazioni. Questo non permette, quindi, la corretta informazione. Necessario, dunque, è come trasmettere quel concetto o quel pensiero, in informazione che miri ad essere compresa da molti. L’arte ha questo compito: trasmettere una personale opinione con strumenti quali la musica, il colore, la parola o la danza. Siamo circondati da miliardi di dati sonori e visivi. Tra essi, le immagini sono forse la più immediata trasmissione di un pensiero. La danza è una delle forme di immagini in movimento che meglio comunica uno stato d’animo. Discorso complesso? Non direi. Quella che segue è l’intervista ad una delle migliori ricercatrici della comunicazione emotiva e lo fa con la danza: Marika Mascoli.
Su uno spazio nudo, arredato solo di luci del light-designer Roberto De Bellis, “Boh” è il titolo di un lavoro coreografico presentato dalla Compagnia Speckle7 durante la rassegna di danza contemporanea “ESPLORARE2021“. La giovanissima compagnia, con Marika Mascoli e Elena Salierno, si è presentata al Teatro Kismet OperA di Bari accompagnata dalle musiche composte da Marco Alessio Epicoco, in arte Hache 183, rendendo il balletto “dialogo” tra danza e pubblico.
Elena Salierno, Marco Alessio Epicoco, Marika Mascoli
Boh”. Un’esclamazione. Forse l’esclamazione più espressa di fronte a qualcosa che ci lascia stupefatti., che non capiamo. L’esclamazione di un dubbio. Lei è giovane e ha già una consapevolezza che “qualcosa” ci turba e lo spiega con la danza. Dal corpo alle parole: perché “Boh”?
Curiosa domanda. Quando il Maestro Domenico Iannone mi chiamò per invitarmi a presentare una mia coreografia alla rassegna Esplorare 2021 mi chiese ancor prima di tutto un titolo. Questa richiesta mi spiazzò poiché non avevo ancora idea di cosa presentare quindi di getto risposi “Boh”; da quel momento iniziai a riflettere sul perché avessi dato inconsciamente quella risposta. Effettivamente era un esclamazione che stavo utilizzando molto spesso quando avvenimenti o incontri mi lasciavano interdetta ma curiosa. Ero quasi certa di cambiare titolo a ciò che avrei presentato, ma non poteva che essere “Boh”.
Lei dice: “ Abituati, il più delle volte, alle nostre certezze perdiamo il senso dell’ incontro, privandoci di ciò che potremmo imparare da quel, seppur breve, momento.” Interpreto quest’affermazione, forse, anche come una sensazione provata nei confronti di qualcosa che non conosco. Non è questo, già un limite alla “conoscenza” dell’altro?
Certamente sì. Il più delle volte si tende a rimanere sui propri piedi , seguendo i propri passi poiché conosciuti e certi. Non è facile nè tanto meno sbagliato come atteggiamento, credo che ognuno abbia un proprio modo di affrontare la conoscenza dell’altro, il più delle volte condizionato, da idee inculcate. Un limite che non ci poniamo ma ci viene imposto. Può spaventare, è una reazione del nostro inconscio, teoricamente, ma diventato conscio, e mi permetta di dirlo, per via di terzi.
La maturità del proprio “io” è certamente un “growth factor” * naturale. Pensa che “Boh” sia una chiave di lettura per lo spettatore attento alla sua curiosità personale?
Lo speravo, ma non me lo aspettavo. Persone curiose a comprendere ce ne sono state, fra i primi in assoluto ci sono stati Elena Salierno, che ha danzato con me e Marco Epicoco, in arte Hache183, che ha curato la parte musicale; loro hanno accolto questa avventura entusiasti di vivere e viversi, e ovviamente lei, tanto da invitarmi a questa intervista, la ringrazio davvero per essere riuscito a leggere e a cogliere tante sfaccettature non scritte ma provate e danzate. A volte è più semplice esprimersi attraverso il corpo o la musica che a parole.
Il linguaggio del corpo ha un forte valore comunicativo. “Boh”: due danzatrici, due parallele in scena che si incontrano all’infinito senza mai cessare di “conoscersi”. Ha un costo questo percorso di “conoscenza” dell’ignoto? Mi spiego: mi trovo di fronte uno sconosciuto, non ho certezza di chi sia lui, né lui di me. Sicuri che si voglia entrambi, conoscere l’altro? Questo è uno “scontro”, non crede?
Personalmente non credo che debba leggersi come scontro. Ognuno, quando è di fronte a qualcosa di nuovo , che sia un essere umano o un incontro qualsiasi, dovrebbe porsi a favore di questo. Si può sempre imparare dall’altro e non si dovrebbe mai smettere di farlo. Tuttavia può spaventare l’idea di confrontarsi con qualcuno o qualcosa di ignoto ma, se ci pensiamo non è stato questo il processo che ci ha permesso di scoprire che il fuoco brucia e che l’acqua può essere fredda o calda, ciò che conosciamo oggi non è il frutto di incontri con l’ignoto? Basterebbe cercare di tener presente la frase cardine dell’Apologia di Socrate , redatta da Platone, “So di non sapere”. Credo che la chiave per la conoscenza di qualcuno, o della stessa vita, sia proprio questa.
La scelta, quindi, non è facile: se conosco, cresco. Se mi isolo, rischio di restare confinato dentro me stesso. ”Boh” è un atto di coraggio che spinge ad “affrontare” lo “sconosciuto”, il “diverso”. E’ questo il messaggio che lei e Elena Salierno avete voluto trasmettere al pubblico?
“… un atto di coraggio … “ mi stupisce e rende felice questa sua espressione, in fondo sì, un atto di coraggio nel vivere il momento e ciò che la vita ci pone sul nostro cammino. Volevamo invitare il pubblico a riflettere attraverso il senso visivo ed uditivo e, in questo, avvicinarlo a riflettere sul concetto del non avere un pregiudizio su un nuovo incontro ma, di provare ad essere libero dalla paura di conoscere e, di conseguenza a parere mio, a conoscere se stessi. Il processo creativo del tutto, danza e musica, è stato basato su questo. Utilizzare in live la musica e un genere, “Techno” in questo caso, che in teatro è insolito ascoltare, non è stata una scelta fatta a caso. E’ stato un incontro anche quello, parte di essa l’abbiamo ascoltata per la prima volta sul palco ed infatti, ci ha condotto su attimi di danza non accaduti in prova che abbiamo seguito e vissuto. Entrambe al termine dell’esibizione ci siamo guardate e abbiamo esclamato “ Boh”.
“Boh” è sintesi del suo pensiero. Dubbi e certezze che appaiono e ci fanno vacillare mettendo in discussione il proprio “io”. E’ un segno di maturità. Come vive questa “condizione” quando è di fronte ad un bivio?
Non facile, sicuramente, devo scegliere, ma questo implica non conoscere qualcos’altro ma, se “So di non sapere” incontrerò sicuramente qualcosa di nuovo o forse no, potrei imparare così come accrescere qualcosa che già conosco, quindi, nel dubbio, Boh, scelgo di vivere il momento.
Sorprende la semplicità del suo pensiero. Un lavoro complesso come “Boh”, presume chissà quali analisi introspettive profonde dell’animo umano…insomma: parrebbe una tediosa, presuntuosa conoscenza del vissuto di una giovane danzatrice. Falso! Marika Mascoli è istintiva, non è premeditata e con serenità, esprime la sua modalità di pensiero senza false strutture intellettuali, spiegando a se stessa che quello che troverà nel percorso della sua vita, sarà affrontato senza il timore di trovarsi di fronte a un dubbio. Perchè per superare un dubbio è necessario conoscerlo…e risolverlo.
* fattore di crescita
Gianni Pantaleo.
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Ph. Gennaro Guida.
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