di Anna Landolfi.
Non ci si sorprende quando le nuove generazioni voltando la testa al passato, recuperano la storia. E’ una lode alla propria cultura, alla propria terra. Alle origini. E senza le origini, non si può costruire un futuro, anche restando legati alle proprie tradizioni. La creatività e l’ingegno, stratificano ancora meglio la storia e ciò che una terra porta con sè da millenni, testimonianza di uomini che l’hanno abitata. Continuano a tramandarla ai giorni nostri, si scopre che non c’è un tempo per le cose. Esiste un’età e questa ha un inizio e una fine. Ma la storia è infinita e Matteo Dore, artista di uno dei manufatti più antichi della Sardegna, è testimone contemporaneo della sua terra.
Matteo Dore
Le tradizioni sono sinonimo di cultura di una terra. Identificano un popolo e nel corso dei secoli, alcune di esse, continuano con le giovani generazioni. La scelta di dedicarsi ad uno dei manufatti più antichi della Sardegna, è stata dettata dalla sua appartenenza alla sua terra?
Sicuramente la scelta di dedicarmi quasi esclusivamente alla realizzazione del coltello sardo è dettata dal fatto che io sia nato e cresciuto in questa terra. Per noi sardi la “Resolza” è un oggetto che fa parte della nostra storia, tutti qui in Sardegna ne hanno almeno una…
Posso considerare il coltello sardo un oggetto proprio della cultura popolare sarda?
La “Resolza” fa parte della cultura sarda da secoli ormai. Nel corso di tutti questi anni gli artigiani hanno acquisito competenze tecniche ed estetiche che hanno fatto diventare questo genere di coltello, non solo un oggetto di utilizzo quotidiano, ma soprattutto un simbolo di appartenenza ad una comunità.
La vastità dell’isola, comprende zone in cui la tradizione diventa ancora più mirata al territorio e ognuna con caratteristiche di produzione. Può aiutarci a capire le differenti tipologie di coltelli? (pattadesa, arburesa, guspinesa, n.d.r.)
Possiamo affermare che il coltello sardo viene realizzato in ogni parte dell’isola. I primi coltelli a serramanico risalgono alla metà dell’800, in questo periodo moltissimi fabbri iniziarono a realizzare, oltre al ferro battuto, anche i coltelli. Ogni artigiano apportava delle modifiche durante la realizzazione, per rendere il suo prodotto riconoscibile, nacquero cosi i vari modelli, che oggi chiamiamo con i nomi dei paese nei quali vennero realizzati, come la “pattadesa”, “Dorgalesa”,“pozzomaggioresa”,“Padriesa”, etc…
Le impugnature del coltello sardo, sono quasi gioielli di cesello. Che materiali si usano e come diventano serramanici.
Il materiale più comune per la realizzazione del manico di un coltello è il corno di montone, ovvero il maschio della pecora. Un altro materiale altrettanto comune bei coltelli sardi è il muflone, che sarebbe una pecora selvatica situata nelle zone montuose. Oggi però gli artigiani utilizzano moltissimi altri materiali come ad esempio il legno, la madreperla, il bufalo e l’avorio. In alcuni casi si vedono anche coltelli realizzati con materiali sintetici come ad esempio la micarta o varie resine colorate.
L’importanza dell’affilatura. Come la si ottiene perché possa avere anche un’utilità dello strumento? E’ lei che forgia la lama? Al di là dell’uso, il coltello sardo è oggetto di collezionismo. Il pregio è nella manifattura o nei materiali?
Essendo un oggetto che come prima cosa deve essere funzionale oltre che collezionabile, il coltello sardo deve essere molto tagliente. Il processo di affilatura è molto delicato e deve essere svolto a regola d’arte. La forgiatura della lama è importantissima, io forgiò le mie lame con martello ed incudine, sono diventato anche forgiatore di Damasco, un acciaio molto duro realizzato dal Unione di diversi acciai saldati con il calore del carbone. È così che una volta forgiata la lama si passa alla molatura, ovvero preparare la lama per la tempra che risulterà essere il passaggio fondamentale per avere un coltello ad altissime prestazioni di taglio, rendendo la lama dura ed elastica allo stesso tempo.
C’è per conto della Regione Sardegna, disposizioni che garantiscano la tutela del coltello sardo come patrimonio culturale? Le istituzioni, intervengono per l’artigianato? La Sardegna non è solo il suo splendido mare, c’è molto ben di più…
La Regione Sardegna non tutela come dovrebbe la realizzazione del coltello sardo, è però nata diversi anni fa una associazione, la “Corporazione Sarda Coltellinai” della quale ne faccio parte con il titolo di maestro (il più giovane per l’esattezza). Questa corporazione ha come scopo la tutela e la salvaguardia del coltello sardo, prodotto secondo i canoni tradizionali tramandati nel tempo e rigorosamente costruito a mano in ogni sua parte.
Ho visto coltelli sardi come opere d’arte. Manici cesellati e materiali che sembrano d’ambra. Quali altri materiali lavora?
Si, ormai il coltello sardo è diventato un oggetto estremamente collezionabile, per questo molti collezionisti vogliono realizzare i propri coltelli con materiali rarissimi, come meteorite, dente di mammuth o avorio fossile. Molti vogliono che l’anello venga decorato con rappresentazioni floreali o disegni vari, come lo stesso per le lame.
Il coltello sardo ha un forte valore simbolico. In parte legato all’uso oggettivo che ne fa il pastore…
Si, ormai il coltello sardo è diventato un oggetto estremamente collezionabile, per questo molti collezionisti vogliono realizzare i propri coltelli con materiali rarissimi, come meteorite , dente di mammuth o avorio fossile. Molti vogliono che l’anello venga decorato con rappresentazioni floreali o disegni vari, come lo stesso per le lame.
Tutti gli uomini sardi hanno un coltello. Deduco quindi che abbia un valore davvero di genere: il coltello identifica la “carica” che un uomo ha. E’ un motivo di orgoglio maschile? Non mi fraintenda, tutte le società hanno valori simbolici di genere. Alla “civetteria” delle donne tra scialli e monili, gli uomini rispondono con un attrezzo: un pugnale, una spada, un’arma insomma non necessariamente tesa ad offendere. E’ un simbolo…
Non mi pace pensare al coltello come un oggetto che potrebbe essere utilizzato per altri scopi oltre al lavoro e per mangiare. Penso che sia fortemente legato alla tradizione sarda ed è per questo che molti la portano dietro in campagna o durante una cena tra amici, perché ormai il coltello sardo è realizzato con talmente tanta cura nei dettagli che è anche un vanto per il possessore sfoggiare una oggetto di tale livello.
Lei è uno dei custodi della tradizione. La tradizione tutela un patrimonio anche artistico. Propone innovazioni di materiali nelle sue produzioni?
Certo, l’innovazione è importantissima per andare avanti in questo settore, bisogna sempre proporre cose nuove, ma sempre rimanendo fedeli alla tradizione. Io stesso ho realizzato numerosi coltelli con materiale sintetici ed innovativi, e lame in acciaio inox o Damasco.
Lei è un esempio di artigiano che ama il suo mestiere ed è giovane: è tentato di proporre nuovi materiali o nuove forme di tagli di lame? L’arte si evolve, considero il suo mestiere, un mestiere d’arte.
È importante anche portare forme nuove, io ho realizzato un mio modello di “Resolza” chiamata la “Padriesa”, come ho detto prima sono rimasto fedele alla tradizione, mantenendo alcuni tratti caratteristici del coltello sardo, ma ho comunque fatto le modifiche necessarie per rendere riconoscibile in mezzo a mille il mio lavoro. Ci vuole tanta fantasia per realizzare un nuovo coltello diverso dalle centinaia di modelli già esistenti.
Durante l’intervista, mi ha sorpresa l’assoluta consapevolezza che dimostra Matteo Dore, per il suo lavoro. Posso, a ragione constatata, quanta dedizione applica nel creare un utensìle unico nel suo manufatto, con la stessa passione che un artista pone per una sua opera d’arte. E’ complesso il confine, non per la sua natura specifica, ma se consideriamo un artigiano pari ad un artista, l’analisi è ovvia: le due parole, hanno la stessa etimologia. Matteo Dore, l’artista-artigiano.
Anna Landolfi.
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