di Anna Landolfi.
Attivista della letteratura, possiamo difinire le opere di Patrizia Gesuita, come una fonte di ricerca di una femminilità non legata allo stereotipo di donna solo madre o solo moglie. Si sa e non è più necessario scendere in “piazza”, che così come sono numerose le attività umane, tante sono “occupate” dalle donne quanto dagli uomini. Quindi polemizzare su cosa “vogliamo” e cosa “non abbiamo” è argomento ormai datato. Questo non elude una introspezione consapevole di una intimità “femminile” autonoma, pensante, direi quasi “autarchica”. Il bisogno di appagare se stesse, diventa quasi un “egoismo” cognitivo che anche nel dolore, la soluzione ad esso è cercarlo in se stesse. Così le “donne” di Patrizia Gesuita, soffrono, godono e si compiacciono senza cercare una “spalla” che ahimè, non sarà certo l’uomo che si ama. La composizione poetica che presenterò, è dedicata ad un piacere che erroneamente giudichiamo come “peccato”: l’ozio.
Patrizia Gesuita, scrittrice.
OTIUM
Otium…Momento di pace e di calma,
sono in pieno fermento di idee,
mi rilasso e penso…
Otium: attimi, minuti o qualche ora solo per me,
per la mia mente, per la mia sete di conoscenza,
per la mia musica e la mia fantasia.
Grazie a te un’esplosione di creatività…
Benvenuto caro Otium, maestro dei miei momenti
magici e creativi, padre della mia saggezza
e dei miei pensieri.
Amabile rinuncia degli affanni quotidiani
e diletto accoglimento di amore e felicità.
Costruzione e composizione dei termini di lettura comprensibile. La poetessa non adotta un linguaggio complesso. L’immediatezza del piacere è nelle parole di uso quotidiano. “Scardina” così quei lessici “colti” quasi riservati ai pochi. Ma la letteratura ha bisogno di una “narrazione” immediata, per far sì che i messaggi che gli artisti trasmettono, siano universali e a tutti concesso. L’arte non è un privilegio, bensì un piacere condiviso da tutti. Patrizia Gesuita lo dimostra raccontando di donne alle donne…e soprattutto, agli uomini.
Anna Landolfi.
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In copertina: “Il mandorlo in fiore”, Vincent Van Gogh (1853-1890)