di Federico Gironi.
Certo, con quello che Jean Baudrillard ha definito il suo “eccesso di realtà”, l’11 settembre è stato qualcosa di diverso, di enormemente più potente e scioccante, ma fa bene Tim Fehlbaum a ricordarci nelle didascalie che appaiono alla fine del suo September 5 che quell’altro atto terroristico avvenuto nello stesso mese, una trentina d’anni prima, è stato il primo a essere trasmesso in diretta nel mondo.
E come nella lettura dell’attacco e del crollo delle Torri Gemelle del filosofo francese, anche in questo film c’entrano, volendo, questioni come quelle del simulacro e del simbolismo, e del collasso della simulazione e della realtà.
Va bene, magari l’ho presa un po’ alta, ma la sostanza del discorso rimane quella, se pensiamo che September 5 racconta la Storia (quella del cosiddetto Massacro di Monaco, che già in sé non era affatto scevro di piani simbolici, e al quale è dedicato anche un bellissimo documentario intitolato Un giorno a settembre, e le cui conseguenze sono raccontate da Spielberg in Munich) vista attraverso lo sguardo, gli occhi e le lenti delle telecamere della troupe della ABC che stava coprendo le Olimpiadi e che si è trovata di fronte a qualcosa di indicibile, che ha trasformato in una diretta televisiva, e che tutto questo lo fa all’interno della cornice di un film.
Se vogliamo vederla ancora diversamente – ma, ancora una volta, toccando comunque un po’ le stesse questioni – potremmo anche dire che September 5 è un po’ come una versione espansa e un pelo più cupa, nonché ambientata quarant’anni prima – di una puntata di The Newsroom, la serie di Aaron Sorkin che è sempre più fondamentale per capire il nostro presente.
September 5 – che, lo dico qui una volta per tutte, è assai ben scritto, ben diretto e ben recitato, e che si rifà chiaramente a un cinema d’altri tempi, purtroppo andati – è molto abile nel ripercorrere l’aggressione e il sequesto da parte di Settembre Nero della squadra olimpica israeliana durante le Olimpiadi di Monaco del 1972 e la disastrosa gestione della situazione da parte delle autorità tedesche
In un modo come nell’altro, September 5 funziona. Meritatissime le nomination al Golden Globe come miglior film, e all’Oscar per la migliore sceneggiatura.
Avrebbero meritato un riconoscimento anche John Magaro (qui un po’ la MacKenzie McHale della situazione), e quella brava attrice tedesca che è Leonie Benesch.
E forse a Venezia, dove September 5 è stato presentato in prima mondiale, il film di Fehlbaum avrebbe meritato più della sezione Orizzonti Extra.