lunedì, 18 Novembre, 2024 9:16:35 PM

Bari – Gianni Pantaleo – Riflessioni – Elogio alla…mia Vanità

Ertè (1892-1990)

In questo momento storico, in questo incredibile è mai pensato potesse accadere se non nel cinema o nella letteratura catastrofica umana, vorrò solo essere coscientemente peccatore.

Sì, vorrò commettere un peccato! O meglio, tutti: superbia, ira, avarizia, invidia, gola, accidia e lussuria. Da mesi siamo coinvolti nel dolore, nel timore, nell’assenza di lavoro costretto a essere fermo per ragioni di stare gli uni accanto agli altri anche in una merceria. Niente lavoro, niente denaro.

Tutti, proprio tutti con le teste chine, sommessi, quasi “puniti” da questo infinitamente minuscolo organismo fatto poi di una sola cellula.

Così potente e così miserabilmente semplice biologicamente. Bene: ci siamo improvvisamente resi umili, mesti, modesti, remissivi… Ma quando mai!  

Nella miseria che ci ha colpiti, non alludo ai portafogli ormai leggeri, c’è una corsa a chi ha bisogno di dimostrare che nonostante la “fame” che ci sta prendendo, comunque sto meglio di altri.

E anche “piangendo” lagne che dovrebbero anticipare le ninnenanne del Bambin Gesù, asciugate quei quattro lucciconi, torno a “vestirmi” di immodestia così che comunque si possa intendere che dopotutto sono immune dalla malattia, dalla fame, dalla disoccupazione. Ma quando mai!

“Vanitas” di Perrault Leon Jean Basile (1832-1908)

Pare che i “ricchi” siano diventati più ricchi, pare che i poveri lo siano ancora di più. Il confine tra questi miserabili è ancora più marcato (anche i ricchi sono miserabili, alludo alla miseria interiore però).

Di fronte a tutta questa pandemica sceneggiata, mi pavoneggio senza commiserarmi dei guai in cui tutti ci siamo cacciati. Forse la natura si è stufata di essere schiaffeggiata?

O forse un Dio ha smesso di essere misericordioso perché tanto tra confessione, perdono e mea culpa, poi gli umani tornano sempre a peccare. Passo davanti ai negozi senza guardare il vuoto che c’è dentro.

Passo davanti alle bancarelle di ninnoli e fesserie che ci fanno polvere in casa senza interessarmi se sono oggetti di artigianato e prodotti in serie in Corea.

Con la coda degli occhi, incrocio facce e spalle curve, torve, come in punizione per le rinunce alle quali dobbiamo attenerci causa…contagio. Ma quando mai!

Ertè (1892-1990)

Quegli uomini e quelle donne stanno imprecando nell’anima la presunta libertà soppressa. Quegli uomini e quelle donne, il giorno di Natale, non rinunceranno al capitone, né ai regali sotto l’albero.

Tutta questa messinscena per carpire dagli altri, compassione, conforto e una pacca sulla spalla che tanto, coraggio, tutto passerà. Ma quando mai!

Non è mai iniziata né mai finita. Piangiamo commiserandoci così da ricevere parole che dimostrino che il sostegno che gli altri debbano dare a te, è un obbligo morale e che comunque non stai peggio di me.

Ma quando mai! Appena asciugati quei quattro lucciconi, pronto sui social tra selfie e alberi di luci e palline e tavole vestite di rosso Natale e oro…tanto oro…e fiocchi e smiles e amici, suoceri, figlinipotiziicuginiparentivicinibaciabbracci e tanta, tanta vanità perché a morire di Covid sono gli altri.

E io cammino per strade con la coda degli occhi vanitosamente “immune” da queste miserie umane. Quanta vanità la mia. Ma anche quanta ipocrisia. Il mio primo peccato l’ho commesso.

Il prossimo sarà…terribile.

Gianni Pantaleo.

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