lunedì, 18 Novembre, 2024 10:26:20 AM

Bari – Pier Paolo Pasolini e La Storia di Elsa Morante

di Trifone Gargano.

Dedico questi passaggi della lunga e articolata recensione che Pier Paolo Pasolini scrisse, in due riprese, nei mesi di luglio e agosto del 1974, al romanzo dell’amica e scrittrice Elsa Morante, La Storia, a quanti, oggi, si stanno limitando a guardare il (bel) film della Archibugi, senza aver letto una sola pagina di quel romanzo, sperando che l’entusiasmo che traspare da certi loro commenti sui social li possa spingere anche a leggere il romanzo.

L’ultimo romanzo di Elsa Morante è un poderoso volume di 661 pagine, e il suo «soggetto» è proprio quello che dice il titolo, cioè la Storia.

E difficile con­cepire un progetto più ambizioso di questo: ma si trat­ta di un’ambizione evidentemente giustificata, se la so­la ambizione ingiustificata è quella di scrivere opere li­mitate e perfette.

Illimitatezza e imperfezione sono ca­ratteri della necessità. Illimitato il romanzo della Mo­rante lo è, perché esso indubbiamente trasborda oltre il confine delle 661 pagine, verso immensità di temi, motivi e superfici non verbali.

Imperfetto anche lo è. La Morante avrebbe forse dovuto lavorarci ancora un anno o due. Infatti non c’è dubbio che il grosso libro si divide almeno in tre libri magmaticamente fusi tra loro: il primo di questi libri è bellissimo – è straordi­nariamente bello – basti dire che mi è capitato di leg­gerlo nel bel mezzo di una rilettura de I fratelli Karamàzov e che reggeva mirabilmente il confronto!

Pier Paolo Pasolini e Elsa Morante

Il secondo libro invece è completamente mancato, non è altro che un ammasso di informazioni sovrapposte disordinatamente, quasi, si direbbe, senza pensarci sopra; il terzo libro è bello, benché molto discontinuo e con molte ricadute nella confusione un po’ presuntuo­sa del libro di mezzo […].

In questo interminabile capitolo del romanzo, tutti i personaggi sono declamati, improbabili, irreali: quindi manieristici. Puro manierismo è l’infanzia di Useppe; puro manierismo è la giovinezza di Nino, pu­ro manierismo la grinta di Davide, ecc.

In essi la Morante non «rappresenta» la vita, ma, appunto, la celebra: senza tuttavia (a mio parere) aver meditato abbastanza su tale ideologizzazione e di con­seguenza sul proprio progetto narrativo. Le «spie» che testimoniano questa approssimatività rappresen­tativa e stilistica sono molte.

1) La Morante, che accetta la convenzione della «fa­vola», e quindi la necessaria funzionalità di ogni sua parte, non è fatta per gli excursus (alla Gadda, per in­tenderci).

Eppure queste due o trecento pagine del li­bro, sono fatte tutte di excursus: in cui manca però, ap­punto, l’inclinazione e la follia necessaria a rendere ta­li excursus autosufficienti, funzionali di per sé.

Essi so­no in genere diligenti referti la cui funzione è quella di far trascorrere il tempo della macchina narrativa: un referto riguardante Useppe fa «trascorrere il tempo» concernente Nino, un referto riguardante la famiglia napoletana fa «trascorrere il tempo» riguardante Useppe, e così di seguito.

Pier Paolo Pasolini e Elsa Morante

La lunghezza del tempo (necessaria a un romanzo come questo) è sentita come prolissità verbale: e un elementare gioco combinatorio tra varie sotto-storie è sentito come capace di sostitui­re la «successività» naturalistica: ossia l’unilinearità della storia (privata o pubblica).

Questo equivoco fa sì che in realtà permangano e incombano minacciose nel romanzo sia la successività naturalistica che l’unilinea­rità storica.

2) Tutto ciò è aggravato dal fatto che la Morante non ha saputo o voluto scegliere un personaggio che – in questa parte del libro – le mettesse a disposizione il suo sguardo in modo che i fatti e le cose risultassero «viste da lui».

Ma ogni volta che succede qualcosa, la Morante – che è lei ad amministrare e gestire separatamente tutti i personaggi – si sente in dovere di informarci delle «reazioni» di ciascuno dei presenti a quell’avvenimen­to.

E lo fa con una diligenza che rasenta l’ossessione. Talvolta la meticolosità di tali informazioni è puro ar­bitrio: non c’è personaggio, casualmente nominato – e quindi totalmente fuori dalla storia – che non sia gra­tificato di un’intera «relazione» che lo riguarda.

Per esempio, un certo Giovannino, figlio di una signora presso cui Ida subaffitta una camera. Egli è soltanto nominato come assente, in quella casa (si trova in Rus­sia): ma nulla impedisce alla Morante di imporci, qual­che tempo dopo, una lunga e circostanziata descrizio­ne della sua morte in Russia, che non riusciamo a ca­pire se sia bella o brutta, tanto poco ci importa di quel personaggio.

E così l’amore di una certa ragazzetta per il solito irresistibile Nino: ogni volta che Nino compare, la Morante ci impone un‘osservazione sull’amore silenzioso e senza speranza di questa ragazzetta, che non ha nel romanzo sbocco alcuno: e nemmeno un senso che valga per se stesso.

Ho dato due esempi, ma potrei darne a dozzine.

Elsa Morante

3) La Morante è ideologicamente certa che non ci sia altro mezzo linguistico che un certo umorismo per descrivere le imprese dei suoi eroi.

Ma poi il linguag­gio di tale umorismo è di una elementarità disarman­te: esso consiste quasi esclusivamente nell’uso osses­sionante dei due avverbi «presentemente» e «attual­mente» (per indicare un avvenimento vissuto con grande passione e affettività da parte dei personaggi in una situazione, per contro, molto umile e misera), le allocuzioni «a quanto pare» e, un po’ meno fre­quente, «che io sappia», e gli aggettivi «futile» e «grandioso» (per prendere in giro gli oggetti del suo amore, i suoi eroi).

Il corollario della povertà del contingente di lingua umoristica, è l’approssimazione e la goffaggine della «mimesi» del linguaggio di quegli eroi, romani o na­poletani che siano (per non parlare dell’alto-italiano Davide).

Il romano parlato di Nino e dei suoi amici ri­corda addirittura (la Morante mi perdoni, qui devo es­sere duro) quello di certi trafiletti di costume del «Messaggero»: mentre il parlato di Davide non ha ri­scontro in nulla: il ragazzo si presenta come bologne­se, in realtà è mantovano, ma parla una specie di veneto.

Non c’è tuttavia angolo nell’Alta Italia in cui cade­re si dica cader.

4) Per ogni dove, là, nell’Alta Italia, è ca­scare che ha trionfato eliminando ogni altra forma concorrente. Che Davide dica cader è offensivo per il lettore: ma è soprattutto offensivo per lui.

Dov’è il co­sì grande amore della Morante per lui, se essa è poi co­sì pigra da non fare il minimo sforzo per ascoltare come parla?

Vuol dire che in questo amore c’è qualcosa di precostituito, che impedisce il particolare e il con­creto, come fatti irrilevanti, di fronte alle «grandiose» Leggi dell’Amore.

Pier Paolo Pasolini

D’altra parte il fatto stesso di de­molire o almeno sminuire e ridicolizzare, sia pure affettuosamente, tutto ciò che i suoi eroi fanno, significa che essi sono amati in base a ciò che sono, cioè per in­duzione aprioristica, non in base a ciò che fanno: che è visto, appunto, come irrisorio e vano.

Cosa questa che li rende di colpo miserevoli automi di una realtà incompatibile con le loro illusioni. Anche negli apogei della vita e dell’azione, in cui la vita si oppone alla sto­ria proprio in quanto vita – meraviglioso fenomeno da viversi estremisticamente, come fanno appunto gli eroi della Morante, che per questo li ama – tale oppo­sizione è surrettizia.

La mortuarietà della vita non può opporsi che nominalmente a una Storia vista per defi­nizione come mortuaria.

4) Tecnicamente la Morante non si è accorta che nei capitoli di questa parte del libro non doveva ripetere, quasi meccanicamente, ciò che viene esposto nei trafi­letti informativi tra un capitolo e l’altro.

L’incomuni­cabilità tra capitoli e trafiletti, per essere poetica, do­veva essere radicale.

Trifone Gargano.

L’intera (doppia) recensione pasoliniana a La Storia di Elsa Morante la si può leggere al seguente link:

http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/approfondimenti/ppp-su-la-storia-di-elsa-morante/

(doppia recensione pasoliniana poi confluita nel volume Descrizioni di descrizioni, Garzanti 1996)

Il romanzo La Storia, di Elsa Morante è disponibile nel catalogo Einaudi.

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