lunedì, 18 Novembre, 2024 6:31:04 AM

BARI – Settembre in teatro con Nico Salatino

 

Un ritorno dall’estate con uno dei primi spettacoli in cartellone della Compagnia Teatrale Vincenzo Tisci.

Protagonista, Nico Salatino che dopo la pausa estiva, presenta un suo recital dedicato alla baresità storica, quella popolare legata alla cultura di una città, Bari, dolcemente distesa sul mare, che accoglie, ospita e sorride sin da tempi omerici, le genti che approdando sulle sue coste, portavano scienza e cultura di altre terre.

Bari fortifica se stessa. Cresce e accresce la sua millenaria cultura e creando una sua identità di Regina del Mediterraneo. Testimone colto tra storia, ironia, comicità e parossismi esasperati, l’attore e regista Nico Salatino, si presenta con una breve intervista, ai nostri lettori.

Maestro, un ritorno al teatro di tradizione e lo farà lei al Teatro Abeliano il prossimo 9 settembre con una serata dedicata alla storia della cultura barese. Cosa ci presenterà quella sera?

Da indagini fatte ho capito che il pubblico ama molte delle mie canzoni. Molte delle mie canzoni, sono state da me reinventate, alcune proprio create per le occasioni, perché a Bari non è mai esistita una tradizione melodica-popolare.

Anzi, c’è stata una Piedigrotta Barese, siamo più o meno nei primi del ‘900, che prese in “prestito” dalla cultura popolare napoletana, appunto da Piedigrotta, una tradizione canora locale.

Fu il maestro Enrico Annoscia, considerato il Toscanini del popolo o anche il re della bacchetta e che popolarmente chiamavamo “u pupe de zucchere’, molto amato dai baresi, a dare una svolta alla canzone in dialetto barese. Girava per le piazze cittadine con bande musicali in concerti di sue composizioni.

Questa Piedigrotta Barese, produsse molte delle canzoni che tutt’oggi molti non ricordano o non conoscono, tipo “Ce tu Marì vuè bbene a me” che il grande Pippo Volpe, ne fece una parodia con la storica trasmissione radiofonica “La Caravella”.

Questa canzone divenne molto popolare e permise la nascita di una “scuola” barese della canzone con la parlata nostrana: il dialetto.

Quindi con il “Piedigrotta Barese”, la canzone in lingua popolare, divenne tradizone di popolo?

Esatto, con il m° Annoscia, nasce la nsotra cultura melodica. Un esempio: “Nu sciame a mète”, altro titolo del m° Annoscia divenne una specie di inno alla cultura contadina del nostro territorio e arrivando ai primi posti di questa kermesse Piedigrotta, tutta barese.

Con l’avvento del fascismo, questa scuola di composizioni in lingua barese, cessò di esistere. Il regime, proibì qualsiasi forma di linguaggio locale, idiomi e gerghi popolari. Era proibito parlare ed esibirsi in pubblico in dialetto.

Lo stesso Pasolini, ne “I Romanzi e Racconti 1946-1961”,

dedicava un breve racconto: “Le Due Bari”,

declamando con affetto e ammirazione, la cultura popolare dei baresi,

messa a tacere in determinate circostanze storiche. 

Fu la fine della scuola di Piedigrotta Barese.

Molte delle canzoni nate e ormai note dal popolo barese, rimasero nella memoria e il 9 settembre, al Teatro Abeliano, le riproporrò con un recital dedicato proprio a quella memoria artistica barese, dal titolo: “La cera sa strutte e la pregessione non sa fatte”.

Un percorso storico della memoria popolare barese che merita di essere conosciuta e presentata alle nuove generazioni.

In cosa ci trascinerà quella sera?

Prenderò per mano uno per uno, il pubblico e tra canzoni,

fatti e misfatti dai tempi passati fino a oggi, proporrò mie creazioni come

“ ’Nderre a la lanze”,

“La coscienza”,

“E camine camine camine”.

Ad esempio, “Bari, u amore mì”, è una delle più importanti canzoni da me scritta e dedicata ai migranti che all’epoca dei primi del ‘900, partivano per le americhe in cerca di una vita migliore.

Commoventi canzoni che raccontano di una Bari, tra le due guerre, il ventennio e il dopo guerra, dove regnava la miseria.

Quando mi sono esibito a New York, durante gli spettacoli dedicati a nostri connazionali, tra le generazioni nuove, figli e nipoti dei primi migranti, la commozione imperava tra il pubblico.

Si esibirà da solo?

Sarò da solo con un pianoforte, mio compagno di viaggio. Canterò mie canzoni e canterò la mia Bari.

Dedicherò anche una canzone alla malinconia, quel sentimento che assale molti di noi, quando ci manca qualcosa che abbiamo vissuto con intenso amore: un luogo, un affetto, un profumo, una vicenda che ci ha coinvolti emotivamente e che è rimasta nei nostri ricordi.

Leopardi citava spesso la malinconia nei suoi poemi.

Secondo il poeta: “La malinconia è qualcosa che ti porta indietro nel tempo, ma che non bisogna mai riviverla, perché la malinconia se la vivi con la memoria del passato, la vivrai pensando che ti manca”.

I baresi sono malinconici?

Sì. Il barese ha il tratto di gioiosa malinconia.

Forse un po’ troppo orgoglioso per dimostrare emozione, ma in cuor suo, ha quel sentimento romantico che lo rende umanamente vicino agli altri e ai luoghi da lui amati.

Il barese è solidale, accoglie lo straniero, apre la porta di casa all’altro. Il barese sa amare.

Il titolo del nuovo spettacolo è “La cera sa strutte e la pregessione non sa fatte!”. Sarà in scena il 9 settembre prossimo al Teatro Abeliano.

Tutte le informazioni al nm. 080 542 7678

About Arti Libere

Guarda anche

Taranto – La stagione «Periferie» del Crest al TaTÀ

Il teatro che fotografa l’oggi, la sua complessità e le sue contraddizioni. A Taranto lo …

Lascia un commento