domenica, 22 Dicembre, 2024 12:34:40 PM

“Is amigas”, un teatro di donne, fatto da donne

Di Anna Landolfi.

Compagnia Teatrale “Is amigas”, Selargius (CA).

Il mio lavoro è fare la “ficcanaso”. Il termine non è gradevole, ma “colpa” del direttore, sono costretta a girarmi il vastissimo universo dei social e del web alla ricerca di risorse artistiche che abbiano un “senso”. Dare un “senso” all’arte non è cosa di tutti. Altrimenti saremmo tutti su un palcoscenico.

Ma così non è. C’è chi sta in scena per dirci qualcosa. Per comunicarci qualcosa. Lo fa la Compagnia Teatrale “Is amigas” che ha sede a Selargius, in provincia di Cagliari e ho un privilegio: essere con la fondatrice e regista, Anna Pibiri per un’intervista che sarà una lezione di vita.

Gli anni della fondazione della sua compagnia e perché una compagnia di teatro?

Tutto incominciò per mia iniziativa nel 2009, presso il Centro  di Aggregazione sociale  di Selargius, a piccoli passi e in forma assolutamente ludica,  senza grandi pretese se non quella di alleggerire la vita di ciascuno con l’attività teatrale.

Desideravo dare sfogo alla creatività…insomma…riacquistare uno stato di spensieratezza  tipica  dell’età in cui i grattacapi non sono contemplati.  

Coinvolsi  una decina di donne…Il teatro poteva dunque diventare  un mezzo importante, perché esso…si sa…è terapeutico.  

Aiuta a conoscere se stessi, a liberarsi delle paure di mostrarsi agli altri, stimolandoti a creare gruppo, a socializzare.

Dar  vita ad altri personaggi, sempre diversi, è come accantonare, in quel frangente, le  problematiche della quotidianità, regalandoti, dunque, la serenità di un tempo lontano. 

Nel contempo desideravo portare avanti il discorso della nostra sardità e tutto ciò che questo comporta,  prediligendo e valorizzando il nostro idioma  come prima scelta, ricco di concetti e di espressività unici,  pur mantenendo anche l’uso dell’italiano.  

Diedi così vita  al  Gruppo Teatrale Amatoriale de “IS AMIGAS”  portando avanti , da allora, l’attività  usufruendone e condividendone gli innumerevoli benefici terapeutici che essa regala

 La recitazione non è cosa facile: lei è regista e interprete. Scrive anche i testi?

Premetto che noi non perseguiamo la perfezione  teatrale…se non conoscere e applicare le regole di base. Recitare non è assolutamente facile, perché ciò comporta il lasciarsi andare, liberandosi di tutti i complessi che ognuno di noi ha.

Dunque, sconfiggere quella parte intima di ciascuno che trattiene  la spontaneità è davvero lunga e dura…Ma quando ciò  avviene è meraviglioso.  

E’ una vera vittoria contro se stessi. I primi sketch che scrissi erano intenzionalmente semplici e brevi, affinchè le compagne entrassero facilmente nel contesto della storia stessa.

In seguito, quelle bozze le ampliai,  sviluppandole in commedie, al cui interno si intrecciavano i diversi personaggi, ognuno con la propria storia. Proprio come avviene nella vita reale.

 

Compagnia Teatrale “Is amigas”, Selargius (CA).

I soggetti delle produzioni “Is Amigas” sono storie prese dalla realtà e che lei ripropone in scena?

Si, la realtà, nei miei scritti, fa da filo conduttore. I ricordi di storie ascoltate o vissute di riflesso si animano sul palco, rappresentando ciò che effettivamente noi donne siamo  nella quotidianità, nei ruoli assunti all’interno della società: figlie, sorelle, mogli, madri con tutte le gioie e i pregi, ma senza dimenticare le paure, i difetti che complicano la nostra stessa vita e quella di chi ci sta affianco.

La sua compagnia si propone anche a realtà “lontane” dalla società o costrette a vivere in luoghi per “riadattarsi” al mondo civile. E’un’ esperienza del novembre 2019, in un progetto di genere, nella casa circondariale di UTA. Come è stata accolta da quel pubblico quel progetto?

Dal 2011 siamo   ospiti presso la struttura polivalente dell’Oratorio di Don Orione di Selargius, dove tra l’altro, il gruppo ha avuto l’opportunità di conoscere e rapportarsi, con entusiasmo, al mondo degli anziani e agli ospiti del Centro diurno Don Orione.

Da li in poi abbiamo conosciuto tante altre realtà, ma il coinvolgimento al Progetto “Libera mente” dell’Associazione il Miglio Verde è stata  una prova  forte e l’invito fu davvero cosa a noi gradita. Il 20 novembre 2019, in compagnia della dott.ssa Rosella Floris, responsabile del progetto, facemmo ingresso nella Casa Circondariale di Uta.  

Era la prima volta che affrontavamo una simile esperienza, dunque, ci preparammo a questo appuntamento con scrupoloso impegno. 

Tutto doveva  risultare perfetto, non potevamo commettere  errori. I presenti nella sala ricreativa della sezione maschile della struttura carceraria si mostrarono attenti e rispettosi  nei nostri confronti.

Portammo “Bell’est su giogu” …era un “azzardo” portare in quel contesto una commedia dove trattavo della dipendenza proprio…dai giochi d’azzardo ma…fu un pubblico  meravigliosamente partecipe, autoironico, educato e palesemente grato della nostra attenzione verso i problemi legati alla loro vita carceraria.

Con loro scoprimmo una realtà forte ed importante che ha sicuramente contribuito alla nostra crescita umana.

 

Da “Su sentidu”.

Foto di sketch estrapolato da “Che macarronis for’e casu” in cui tratto della solitudine in età avanzata.

“CHE MACARRONIS FOR’E CASU” commedia in cui tratto della violenza sulla donna, è uno dei lavori che ho visto pubblicato e che mi ha incuriosita per i riferimenti alla saggezza popolare: “Chi troppo vuole, nulla stringe” o “I nodi vengono sempre al pettine”. E’un lavoro di ironia e un monito a noi del pubblico?

L’ironia accompagna sempre le mie storie. Sdrammatizzare favorisce un’attenzione maggiore al messaggio che si vuole dare.

In “Che macarronis for’e casu” parlo di bigamia, di uomini che conducono una duplice vita a discapito di  donne inconsapevoli dell’inganno attuato dal padre dei loro figli…ma…presto o tardi…le bugie verranno scoperte  e questi rimarranno soli…

MONITO al pubblico? Si, ma sempre con immensa ironia…”SIATE MORIGERATI E LEALI……CONVIENE “…La saggezza popolare insegna sempre e io, appunto, ne faccio tesoro.

L’impegno sociale della sua compagnia. Le finalità, deduco, non sono mirate all’ essere su un palcoscenico. C’è di più: un modo per “rimarginare” recitando, ferite o disagio che proviamo noi donne?

Se per impegno sociale si intende lo stare insieme traendo vantaggio dalla terapia teatrale, dico si. Chi non ha un proprio fardello di pensieri da trainare? 

Questi non devono essere per forza gravosi più di altri. Basterebbe se dico che l’attività teatrale ringiovanisce dentro e fuori, fa star bene con se stessi e con gli altri?

Da ” Bell’est su giogu”

Il cast è di donne: è una scelta?

Assolutamente voluto! Ebbi modo di vedere su YouTube I LEGNANESI, compagnia Lombarda, tutta al maschile. Nonostante non capissi del tutto il loro idioma, intuivo e apprezzavo.

Per cui mi incoraggiai nel portare avanti, con umiltà e sempre per gioco, il mio intento, tutte donne e avanti con il nostro idioma sardo/campidanese, senza la pretesa  dell’uso della lingua sarda più corretta ma, semplicemente,  quella parlata da noi AMIGAS, provenienti da zone differenti della nostra Isola.

Ognuna del cast ha una storia di vita: come sceglie i ruoli per le sue attrici?

Scrivo pensando ad ognuna di esse, “sfruttando” le loro potenzialità , il loro estro. E’ gratificante vedere crescere in loro l’autostima nello scoprire le loro capacità nascoste.

E’ bello vederle mettersi in gioco in serenità col resto del gruppo dove tutte diventiamo un’unica forza……

Da “Una connada che una sorri”, rappresentazione fatta nel contesto estivo col rispetto delle norme anti Covid.

Pensa che il “pathos” che ognuna di noi ha, renda l’interpretazione più emotivamente coinvolgente per il pubblico in sala?

Sicuramente si, ne sono certa. Ognuno di noi è un mondo a se e vive  le situazioni differentemente le une dalle altre e ciò ne determina una personale interpretazione con un conseguente coinvolgimento in sala.

Non è facile fare sorridere: soprattutto quando c’è drammaticità in una storia. Felicità e dolore: sono le “maschere” del teatro. Cosa preferisce trasmetterci, noi che la seguiamo in teatro?

Nei miei testi riporto la quotidianità, ciò in cui tutte le donne potrebbero riconoscere se stesse o altre a loro vicine, dove la felicità e il dolore si alternano di continuo.

La prima vorremmo non avesse fine, la seconda cerco di  stemperarla con un po d’ironia, almeno finchè ciò è possibile.

E’ quanto  faccio, per esempio,  nell’ affrontare  il dramma della dipendenza dalla ludopatia in “ BELL’EST SU GIOGU” ma anche in tutte le altre mie commedie o sketch.

Con piacere cito i nomi delle mie “ragazze” cosi come io definisco le mie attrici: Lisena Boi,  Norma Casari,  Assuntina Cocco,  Silvana Cogoni,  Rita Contis,  Tiziana Corona, Beatrice Figos,  Antonella Lai,   M. Bonaria Leoni,   Livia Marras,  Anna Mereu,  Annamaria Piu e infine io, Anna Pibiri .

Tutte sostenute e supportate dai nostri preziosi consorti che svolgono attività  di tecnici audio/luci, fotografi ect.: Evandro Caredda,  Raffaele Sarigu,  Antonio Sanna, Giorgio Seguri,  Enzo Longobardi.

Terminata l’intervista, resto ancora “affamata” delle parole di Anna Pibiri, regista, ma anche attenta ricercatrice delle parole.

Non potrebbe essere altrimenti, lei è anche sceneggiatrice e soggettista, tutte facoltà di carattere umanistico. La parola. Che forza ha una parola.

Ho chiuso l’intervista ma non sono appagata, manca molto perché debba essere soddisfatta. Questo primo incontro, è il preludio di una serie in progress.

Provo stima per queste donne, donne capaci, donne caparbie. Donne sarde. Ma è soprattutto quando in chiusura, Anna Pibiri, ammette che i problemi ci sono, per tutti, per molti e che questi sono solo l’altra faccia di una medaglia che è la nostra vita, solo allora capisco che questa non è stata solo un’intervista, ma un seminario di vita.

Lei, saggiamente, rovescia la medaglia…e sorride. Con ironia.

Anna Landolfi.

 

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