martedì, 5 Novembre, 2024 12:00:44 PM

Perugia – City Music Festival Spring Time Jazz

La prima edizione del «City Music Festival / Springtime Jazz», breve rassegna dedicata al nuovo jazz italiano di qualità, si svolgerà, da giovedì 28 marzo a domenica 14 aprile, allo Stix Music Club di Perugia.

Cinque date che evidenziano una proposta articolata che lambisce varie tendenze del jazz contemporaneo. Si susseguiranno sullo stage del club perugino:

Giovedì 28 marzo, ore 21.00

il Lisa Manara Quartet.

L’autorevole mensile Musica Jazz scrive della band-leader: «Non è facile incontrare una voce che metta insieme grinta, intonazione e una vigorosa interpretazione, Lisa Manara ci riesce con una disarmante facilità attraversando come poche il bel canzoniere afro e soul-blues, padroneggiando le dinamiche e sventagliando una sicurezza derivante da chi ha già alle spalle un bel po’ di anni di palco.

Graffia come una pantera nera e svolazza nelle note alte con un glissato che le consente di passare dalle ottave più basse a quelle alte, senza alcun contraccolpo, mantenendo anche una pronuncia chiara e forbita. Chapeau, quindi alla nuova interprete della musica afro-americana targata Italia»

Francesco Sensi Quartet

mercoledì 3 aprile, ore 21.00

Il quartetto presenterà per l’occasione i brani del nuovo CD «In Abstracto». Francesco Sensi, chitarrista di talento con studi regolari ed approfonditi, si muove sugli assi cartesiani del processo evolutivo della chitarra jazz, il cui punto di riferimento sembra essere un musicista-ponte, di quelli dislocati sulla traiettoria che collega il passato ed il futuro del jazz nell’accezione più larga del termine, ossia Kurt Rosenwinkel, classe 1970, pilastro strutturale della scena newyorkese e portatore sano di un jazz di confluenza, basato su istanze molteplici, tipico degli anni Novanta.

Mafalda Minnozzi con Paul Ricci

venerdì 5 aprile, ore 21.00

Mafalda Minnozzi canta in quattro lingue: portoghese, inglese, francese e italiano, a testimonianza della disarmante naturalezza con cui affronta repertori differenti con eclettismo, classe cristallina, sensibilità interpretativa e poeticità che conquistano all’istante.

«Comporre e scomporre le misure di ogni singola battuta, entrare in ogni verso e parola per trovarne il suo significato più intimo, in simbiosi con l’autore di quella canzone che ha stravolto la mia vita.

Poi calcolare il ritmo come parte integrante dei miei stessi passi, respirare profondamente l’odore, il colore e la natura di un Paese come il Brasile che mi ispira e mi fa sognare.

Infine, improvvisare nella più totale libertà nuove note che corrono e si intrecciano nel cielo del mio mondo musicale».

Extra Sauce,

venerdì 12 aprile, ore 2100

Al ricco intreccio strumentale, gli Extra Sauce, assortito settetto, aggiungono anche una carica di ironia e gioiosità, particolarmente in un’era in cui talune formule alchemiche brevettate nelle foreste del Nord Europa, il più delle volte, imbrigliano il jazz, o sedicente tale, in un mutismo asfittico e cerebroide, fatto di concetti sussurrati e soporiferi.

Per contro, gli Extra Sauce, che sembrano muoversi idealmente fra Los Angeles e Chicago, fra Boston e New York, seguono le coordinate di una musica polimatica, una cuspide sonora appollaiata nel punto nevralgico in cui confluiscono vari stilemi di matrice afro-americana, jazz funk, soul, rock, blues, R&B, e non necessariamente riconducibile a quell’organicità o sistematicità tipica di chi opera in habitat mentale circoscritto e monotematico.

Flow: Sonia Spinello, Eugenia Canale e Achille Succi

domenica 14 aprile, ore 17.30

«Flow» è un progetto musicale che possiede in primis le stimmate dell’unicità, in cui, già al primo contatto aurale, le due titolari dell’impresa, Sonia Spinello ed Eugenia Canale, riescono a risucchiare il fruitore in vortice di sensazioni lontane dai fragori dell’era del metaverso e del Web 4.0, dove tutto viene strillato o confezionato in maniera ridondante.

Per contro «Flow» è calato in un’ambientazione minimale, nella forma e nella sostanza, tanto che l’essenza stessa del parenchima sonoro si fonde a caldo con le parole, in cui la musica sembra sussurrare raccontando di un mondo quasi misterico e sotterraneo, mentre le parole risuonano nell’aria come piccole stille di emozioni da prendere a piccole dosi.

Siamo di fronte ad un vocal-jazz «vegano», completamente privo di grassi o eccessi proteici e dove gli strumenti, senza mai sovrapporsi, si annodano intorno ad un canto elegiaco e struggente.

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