sabato, 12 Ottobre, 2024 8:56:09 PM

Barbie, sogni e polemiche di una bambola

di Anna Landolfi.

Tre generazioni di donne e in tutte le latitudini del mondo, hanno la più famosa, la più nota, la migliore amica che ognuna ha sempre desiderato avere: Barbie. Prego i signori uomini di non riderci su. Voi uomini, in tanti, padri o zii o amici che siate, diteci se per un Natale o per un compleanno, non avete mai regalato una Barbie a una figlia, una nipotina o ad una ragazzina dei vostri amici. Dirò di più: siete proprio voi uomini che regalate più Barbie di quante noi mamme o zie regaliamo alle nostre piccole. C’è una ragione culturale: Barbie ha rappresentato e rappresenta l’ ideale di donna che gli uomini sceglierebbero se potessero…scegliere. A parte le sue doti fisiche, alta, gambe lunghissime, bionda, occhi azzurri, Barbie è silenziosa, non urla, non sbatte piatti, non risponde, non è isterica, fa la casalinga, la massaia, la moglie e la mamma. Insomma: una donna perfetta. Nell’inconscio (proprio inconscio?), è il modello femminile che gli uomini preferirebbero avere accanto. Praticamente una bambola (sigh!). Per anni questo stereotipo ha influenzato le bambine: identificarsi nella Barbie era il “sogno” dell’America degli anni del boom economico. Una casa perfetta, una famiglia perfetta. Un’analisi di questo comportamento “maschile” è stato fatto da numerosissime ricerche sociologiche nate proprio dal “fenomeno” Barbie, che ha influito molto sull’educazione delle ragazzine. Naturalmente il “messaggio” era positivo. Tutti valori di una donna attenta al marito, alla casa, ai figli.

La prima Barbie (1959)

Barbie e le donne.

Ovvio che questo non ha poi rispecchiato l’evoluzione della donna negli anni, tanto che la Mattel ha dovuto farla “crescere” seguendo le trasformazioni della donna nella società. Soprattutto quando i movimenti femministi cominciarono a bruciare le Barbie nei loro cortei, perché trasmettevano un messaggio conservatore e maschilista.  Attenzione, Barbie non è una semplice bambola, è molto di più. Barbie ha 62 anni, una bella signora “agè”, nata bionda ma che nel corso dei suoi anni ha cambiato colore dei capelli più volte (dopotutto lo facciamo anche noi e non siamo certo bambine). E’ stata mora, rossa, si è tinta di rosa, di viola. E’ stata punk, pop, rock, dark, fashion e soprattutto…è stata principessa. Barbie è da sempre, una di noi: è una casalinga, una mamma, una moglie, una manager e anche operaia… Esiste, pensate un po’, una Barbie operaia. Il successo della Barbie è stato quello di essere tutte le donne del mondo. Anche donna di colore e anche…burrosa, persino una Barbie sul carrozzino per esprimere il valore sociale nei confronti delle  disabilità.

 

 

Barbie nel mondo.

Agli inizi degli anni ’90, ci fu una campagna di informazione sui danni dell’anoressia provocata dagli standard fisici che la moda imponeva alle donne: magre, alte, fianchi stretti, capelli fluenti e canoni estetici nei quali tutte le bambine cominciavano a identificarsi. La Barbie era il modello che imperversava nei negozi di giocattoli e nella società di quegli anni e rappresentava quei canoni estetici. Insorsero le femministe e cosa fa la Mattel? (la casa di produzione delle bambole Barbie n.d.r.) Rivoluziona le “misure” fisiche e comincia a produrre una Barbie meno eterea, meno “lady” e più vicina alla donna comune, la donna di tutti i giorni, la donna che si preoccupa della sua bellezza, certo, ma anche dei cambiamenti sociali, diventando lei stessa messaggera di tutte quelle donne che ambiscono a essere solo…donne. Barbie ha anche una sua “identità” cittadina, nel senso che non “vive” nella fantasia. Ha studiato alla “Willows High School” della sua città, appunto Willows, nel Wisconsin, non si è mai sposata e ha un fidanzato bellissimo di nome Ken. Ha amiche, frequenta la palestra, passa le vacanze con la sua roulotte e a volte abita in un castello. Insomma: è una donna che ha dentro di sé le abitudini e i sogni di tutte le donne, ecco la ragione del suo enorme successo tra le migliaia di bambole sul mercato mondiale.

Ken.

Il fenomeno Barbie.

150 le nazioni dove è presente la Barbie, il 90% dei collezionisti di Barbie, sono donne, questo fa capire come Barbie è parte di un mondo fatto anche di adulti. La Mattel ha prodotto Barbie in versioni riservate ai collezionisti e anche costosissime; la serie delle Barbie- star è interamente dedicato alle stelle di Hollywood tra le quali anche una Barbie-Morticia, della Famiglia Addams. Il fenomeno Barbie ha avuto ripercussioni anche politiche e religiose. Per anni in Arabia Saudita ne fu vietata la vendita perché non rispecchiava i canoni della donna islamica, creando un bel po’ di problemi alle diplomazie mondiali, giustificato dal fatto che fosse un modello femminile discinto e peccaminoso. I movimenti conservatori americani, giudicavano Barbie una donna bella ma poco intelligente, non adatto alle bambine che nel frattempo dovevano crescere con l’ideale che la bellezza è sinonimo di stupidità. Analisti, psicologi, sociologi, fors’anche perché non avevano nulla da fare, formularono teorie per le quali le Barbie non permettevano lo sviluppo dall’età infantile a quello adolescenziale in maniera naturale e che il “rito” della femminilità, da ragazza a donna, era compromesso dal rifiuto di crescere perché le Barbie non “invecchiano”.

Barbie fashion.

   

   

   

 

Le Barbie di Rita Sarritzu.

Barbie e il tempo che passa.

Un filo di ragione forse c’è: Barbie non ha un’età, è eternamente giovane e bella, ma lo sono anche Topolino, Lara Croft, Valentina di Crepax, Wonder Woman. Credo, forse, sia esagerato pensare che Barbie debba essere causa di una “decrescita” psicologica delle bambine. Infine intervennero i medici: le misure fisiche della Barbie sono “innaturali”: le gambe sono troppo lunghe in rapporto al busto e le braccia anch’esse sproporzionate. La testa troppo grande e gli occhi troppo vicini tra loro. Di tutto si è detto di Barbie e della sua “snellezza” che avrebbe spinto le ragazzine a diventare anoressiche. Nonostante tutto, Barbie continua a essere l’amica di tutte. Con lei ci siamo confidate, abbiamo pianto i nostri amori perduti e gioito di quelli vissuti. Con lei siamo “uscite” con i nostri carrozzini e i nostri “bambini”, tenute al braccio dei nostri “fidanzatini” e lei del suo Ken. E anche se erano nella nostra fantasia, ci hanno permesso di sognare. Dubito, dopo tre generazioni di donne, siamo cresciute “disturbate”…o no?

Ringrazio Rita Sarritzu e le sue Barbie, per avermi permesso di scrivere questo articolo.

Anna Landolfi.

Le immagini e i testi potrebbero essere soggetti a copyright ©

In copertina, Andy Warhol (1928-1987): “Barbie” 1969.

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