domenica, 19 Maggio, 2024 3:47:17 PM

Bari – Annamaria Di Pinto – Il teatro…la mia vita

di Gianni Pantaleo.

Al termine Arte, è complesso dare uno specifico significato. La parola è così empirica che senza una oggettiva applicazione materiale o visiva o letteraria, resta campata in aria.

Abbondano gli artisti. Fin troppi. Improvvisati professionisti della parola. Raffazzonati esibizionisti dell’immagine dalle strutture culturali vacillanti.

Come si suol dire: nè arte, nè parte. E’ il prezzo che paga l’Arte sminuita dagli smartphone, dai media, dai selfie di bocche a fori di lavandini.

Tutti strumenti che permettono di essere artisti, registi, fotografi, modelle, muscoli e…nient’altro!

E i contenuti? “Dentro” un’immagine, “dentro” un monologo, “dentro” una parola, “dentro” un corpo, cosa c’è?

Lo abbiamo chiesto ad Annamaria Di Pinto, artista del palcoscenico, che alla ricerca di una ragione del perchè tutto ciò accade, si dimostra e mostra, le cause che provocano certe distonie culturali che irreparabilmente ricadono sul nostro vissuto quotidiano.

Annamaria Di Pinto.

Ph. Maria Palmieri

Il teatro come forma di servizio sociale. Fonda un’associazione culturale mirata alla recitazione e già presenta un suo lavoro “Bullismo, stop al panico”. Siamo nel 2008, circa vent’anni fa lei affronta il dilagante problema del bullismo.

Fu un’osservazione di lungimiranza attuale. Come riuscì a percepire quello che oggi è un problema difficilissimo da eradicare?

SI, QUESTO è IL MIO TEATRO. INTRISO DI TEMI SOCIALI ANTICHI E CONTEMPORANEI. La compagnia teatrale nonché associazione culturale IM TEATRO nata come collettivo teatrale venne fondata proprio grazie alla vittoria di Principi Attivi della regione puglia con il progetto sul bullismo che siamo stati tra i primi a teatralizzare nella nostra regione.

Inferno e pandemia 2023

Ph. Maria Palmieri

Venivamo noi stessi da anni difficili e incontravamo continuamente ragazzi altrettanto difficili, più di noi….ci guardavano da lontano come artisti e sentivo che volevano essere parte di noi infondo, volevano qualcosa in cui credere…

Così nell’allora quartiere san valentino di andria reclutammo tutti i migliori ribelli e li portammo con noi in un viaggio incedibile sulla loro aggressività attraverso il medium del teatro.

Fu una azione sociale molto incisiva. Si, difficile da eradicare, in un mondo di adulti narcisisti e aggressivi che sono semplicemente ciò con cui i ragazzi “bulli” vengono cresciuti ed educati.

Non è casuale, quindi, che la sua professione di regista, autrice e attrice, le dà la possibilità di essere attenta all’evoluzione del comportamento sociale. Dopotutto, il teatro è lo specchio della realtà umana. Mi scusi: ho detto bene “evoluzione” o è meglio che dica “involuzione”?

Tocca un tema molto forte che tratterò nella mia prossima Trilogia teatrale: un’opera che parlerà proprio di come l’Umanità sia dentro un processo regressivo che porterà ad una grande esplosione: il primo spettacolo della trilogia è l’Inferno di Dante che è già alla sua 55esima replica dal 2010 e che espone in un video patrocinato dal Ministero della Cultura tutte le catastrofi create dall’uomo sulla terra associate ai versi trecenteschi di Dante Alighieri;

Pomeriggio d’urto 2019

con Guido Scopece. Ph. Serena D’Amato

il secondo è Olivhood che debutterà alla fine dell’estate in un contesto prestigioso che ancora non posso svelare, con protagonista un uomo della terra, il mio!

Michele Di Bari, che ci parlerà dal 2073, quando sarà tutto morto tranne un albero e il terzo è il Quinto Vangelo, un racconto contemporaneo legato all’analisi della Sindone, scritto e interpretato da Luigi La Forgia, fidatissimo componente della compagnia.

Ma anche con Trappola per Topi si affronta il tema dell’antica tragedia di coppia…tema estremamente forte, base di una società decadente.

Waiting to die alone 2013

Ph. Francesca Loprieno

Queste opere sono quasi tutte scritte, dirette e interpretate da me per cui penserà che sono una inguaribile pessimista o catastrofista: credo di no, sono molto lucida, obiettiva, oggettiva, credo che il teatro non debba “coccolare” ma creare un allarme dentro lo spettatore per cui stia sempre all’erta.

Questo credo sia proprio il compito dell’artista, molto diverso dal mero intrattenimento. In questo dunque mi ritengo positiva, positivamente impegnata ecco!

Inferno e pandemia 2022

Ph. Daniè Mitolo

Ritrovo nelle sue opere teatrali, un senso dall’ironia sottile, dalle allusioni del “vuoto” interiore che denuncia con il sarcasmo.

Nel “Pomeriggio d’urto” i personaggi sono maschere di se stessi, ovvio che lo spettatore abbia da riflettere e dirsi: “…ma quello sono io”. Un artista è un ricercatore. Il teatro è terapia…d’urto?

Pomeriggio d’Urto scivola sulla superficie favolosa del glamour della tv e del trash per raccontare un mondo giornalistico ambientato in un crudele circo.

Tutti i personaggi hanno un elemento circense e sì, con grottesco sarcasmo denunciano l’uso della tv dell’orrore, della morbosità dei telespettatori di osservare ogni dettaglio di ogni delitto.

Waiting to die alone 2013

Ph. Francesca Loprieno

Lo trova avulso dalla realtà? Lo spettacolo con tantissimi attori fu prodotto grazie al Crowdfounding francese Ululè ed ebbe una fantastica tourneè nei teatri.

A differenza di Inferno che essendo una perfomance site specific, si svolge sempre in luoghi…ameni…..nutrendosene.

Il teatro è terapia non ho ancora capito se per chi lo fa o per chi lo vede o per nessuno dei due; sono anche teatroterapeuta ma ho visto limitarmi nel tempo questa definizione, per quello volai a Londra a studiare nell’accademia d’arte drammatica…

Perchè avevo bisogno di tecniche e la teatroterapia si limita ad analizzare… ma poi la capacità di portare in scena quel sentimento e trasmetterlo è tutta un’altra storia…. ovvio che in tutto poi ci devi mettere il cuore, …e tante altre cose misteriose.

Waiting to die alone 2013

Ph. Francesca Loprieno

Ho avuto una solida formazione, ringrazio tutte le mie maestre e maestri, e tutte le esperienze in compagnie altrui e le tournee.

Poi ho scelto di lavorare per me e su quello che io avevo da dire personalmente e creai la mia.

E’ ospite in numerose compagnie teatrali. Ovvio che la sua formazione artistica, si solidifica nel tempo. Il teatro accademico, il teatro d’avanguardia, il teatro sperimentale.

Resta inteso che Annamaria Di Pinto, è fermamente consapevole che il suo lavoro è dedicato alla coscienza del sé. Un lavoro di sensibilizzazione perché si migliori “dentro”. Non è un “viaggio” faticoso?

Mi spiego: una litigata condominiale in cui due casalinghe del popolo si prendono per capelli, non era più facile per un pubblico (ahimè) poco attento allo sfacelo sociale?

Come dice mia madre è un lavoro stoico, si potevo cedere al compiacere il pubblico e di portare in scena opere di più accessibile comprensione, più popolari o forse più divertenti, che poi si ride tantissimo nei miei spettacoli eh!

Waiting to die alone 2013

Ph. Francesca Loprieno

…ma alla fine ci si dispera 90 su cento. Perché li porto a riflettere, la gente poi mi scrive per giorni dopo le recite.

Dopo Inferno per un pelo non mi sposavo con uno spettatore, attualmente compagno ahaha e attore e agricoltore, nonché protagonista di Olivhood. Arte e vita si sono mischiate.

Apulia Film Commission, Compagnia delle Formiche, Grammelot Company, Movimento Ultimo… strade percorse e poi superate, le permettono di affinare un’arte difficilissima da proporre: la didattica.

Compito di “educatrice” per le giovani generazioni e quindi: la scuola. Figli di Tik Tok e dei social, dal “di qua” della sua esperienza di “maestra”, che visione ha quando ha di fronte una quindicina di fanciulli incollati ai cellulari?

Nel 2012 ho aperto Il Cielo di Carta, non una semplice scuola di teatro ma uno spazio performativo anche, che ha cambiato pelle a seconda dei luoghi che ha attraversato: un palazzo dell’800 sul corso di Trani.

Waiting to die alone 2013

Ph. Francesca Loprieno

Un capannone industriale nella periferia della città e attualmente il centro teatrale residenziale in campagna riconosciuto dal Ministero della Cultura dove viviamo al piano di sopra del teatro!

Svolgiamo i corsi per i bambini, i ragazzi e gli adulti, serate di spettacolo e degustazioni dei prodotti della terra, le prove delle nostre produzioni etc. etc. ma all’ingresso campeggia da sempre una scatola: CIMITERO DEI TELEFONI.

A teatro in nessuna di tutte queste situazioni è possibile interagire con lo smartphone. Penso di aver risposto…

“Finzione e realtà”. In un incipit de “Il Cielo di Carta” si domanda cosa accadrebbe se si strappasse quel cielo di carta che è il firmamento del teatro: un finto (non falso) spazio in cui accadono cose. Sembra una domanda minacciosa, ma non lo è.

Crede che cascarci addosso la vera realtà, scuoti meglio le nostre menti addormentate da tv, trucchi e parrucchi?

Il Cielo di Carta è contenuto in questa frase del fu Mattia Pascal di Pirandello dove viene spiegata la distanza tra l’eroe classico (Oreste) e l’eroe contemporaneo (Amleto).

Waiting to die alone 2013

Ph. Francesca Loprieno

Un cielo di carta ovvero una scenografia che si strappa rappresenta il teatro contemporaneo, l’essere catapultati nella realtà attraverso la finzione, mentre Oreste ovvero il teatro classico ti catapulta nella finzione attraverso la realtà.

Truman in the Truman Show abbandona il set attraverso una porta nel cielo di carta finto… citazione incredibile per me, mi ha folgorato.

Inferno e pandemia 2022

Ph. Daniè Mitolo

“I’m Teatro”. Mi aiuti a riflettere: “IO sono il teatro” o “Io sono il TEATRO”. In entrambe le parole composte, mi perdo un po’.

La prima rasenta la presunzione. La seconda ha la fierezza dell’arte della scena. Come posso pormi? Premetto che non sono un artista ma un “silente” giornalista che “scava” l’arte per comprenderla, ma quando sono spettatore, sono così preso dalla “finzione” del teatro che trovo sempre un po’ di me stesso in scena.

Voi artisti siete…amabilmente “malefici”. Recitando ci “sgridate”: come dire: “Svegliatevi!”. Sono in errore?

Siiiiii, sei in errore. IM Teatro vuol dire IndipendeteMente… perchè autoprodursi è anche libertà di poter dire ciò che si desidera. Si fa fatica da soli ma si è liberi, mi creda.

Waiting to die alone 2013

Ph. Francesca Loprieno

Ogni tanto però qualche progetto pubblico se ha dei gestori lungimiranti lo includo volentieri nella nostra poetica. Non è superbia, è avere una identità artistica molto definita e intoccabile. Stoica! La Cultura e la politica non vanno a braccetto…

L’attore è sempre un po’ narcisista ma non nel senso negativo del termine di cui sono tutti malati oggi ma ha a che fare con quando da piccoli dicevamo “mamma guarda come sono bravo”, è una disperata fame di approvazione, un deficit, non è una cosa per gente cattiva, devi avere una folgorante fragilità che ti spacca in due ogni giorno e la forza di ricomporti. Solo. E qualcosa di tuo da dire.

Annamaria Di Pinto. Attrice. Autrice. Regista. E la donna? Nel senso, “spoglia” del suo lavoro, è serenamente sprofondata su una poltrona, che accarezza un gatto, un cane accucciato sul tappeto, una luce che filtra dalle persiane socchiuse, un libro che non si finisce mai, una musica soft che riempie il silenzio…Insomma, c’è un’ Annamaria amica?

Trappola per topi 2024

con Luigi Laforgia

Ph. Giuseppe Lorusso

Vivo sopra ad un teatro… è difficile scindermi… Ma penso che lo sposterò ancora, in un’area più rurale ancora…..non è un lavoro, è un modo di esistere quello del teatrante.

Cmq mi piace molto divertirmi e festeggiare e le cose molto frivole perché sono sempre tutto il tempo in “studio” quindi nel tempo libero voglio fare cose super leggere, tipo detesto andare a teatro ahahah.

Trappola per topi 2024

con Luigi Laforgia

Ph. Giuseppe Lorusso

No dai, scherzo, se sento che la cosa può arricchirmi vado, ma in genere nel tempo libero mi piace la campagna, gli animali, cucinare e stare con la famiglia e anche da sola, col mio compagno di vita e con tutti i nostri progetti extrateatrali che non hanno per fortuna un pubblico.

E’ un invito alla riflessione, il lavoro di Annamaria Di Pinto. Ironica, sarcastica, realista. Forse anche educatamente sovversiva.

E’ colta. Ha comptenze perchè possa calcare la scena. Non urla lo sfacelo. Lo deride. Lo gioca con la parola. Diventa, il palcoscenico, un seminario di educazione alla vita.

Ovvia, quindi, la considerazione nell’incipit di presentazione dell’intervista, gentilmente, concessami: la definizione di Arte si equipara a lei: la applica, la mostra e la spiega.

Un’Arte che diventa Materia. Il Tema. La Sostanza di un Pensiero. Ergo: nell’ambaradan degli artisti in circolazione, lei è un’altra storia.

In copertina ph. Maria Palmieri.

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