domenica, 28 Aprile, 2024 1:16:08 PM

BARI – Oronzo Cramarossa – La materia e la luce

E’ questa la migliore delle osservazioni di un artista quando non conosci l’artista.

Così, a nudo, spoglio da precedenti incontri, strette di mano, due parole di conoscenza e un party in occasione di una sua personale, sei meglio a confronto con i suoi lavori e non condizionato da simpatia, relazioni o, peggio, da chi te lo ha raccomandato.

Difficile non essere di parte. Scattano misure non cautelari perchè la stampa, la critica, l’esperto, si erge da giudice di questo o quell’opera d’arte manipolando, secondo lui, il consenso del pubblico.

Diciamolo a chiare lettere: è tutto vero! E’ un cartello! Dimostro, di fronte a chi mi legge, la mia anima eversiva. Io, Gianni Pantaleo, non entro in questi meccanismi torbidi. Un’opera d’arte è vista senza ipocrisia, nemmeno deve essere giudicata. L’analisi, il commento sono operazioni da fare, ma queste non sono il metro di misura per considerare quell’opera, la migliore di altri.

Ricevo, per mail in redazione, una serie di foto di quadri. Vivo un privilegio. Una personale “Pictures at an Exhibition” (1971) per ricordare uno degli album del rock progressista degli Emerson, Lake & Palmer, a loro volta ispirati dal “Pictures at an Exhibition” (1874) di Modest Petrovič Musorgskij, per osservare e apprezzare uno sconosciuto (a me) pittore nostrano: Oronzo Cramarossa.

La bellezza del mio mestiere è quello di non conoscere chi è, chi ha dedicato tempo a trasmettere un’emozione.

Con un canto, con una poesia, con un quadro, tutti meritano attenzione perchè non tutti sono dediti a dare di sè, i propri sentimenti.

Oronzo Cramarossa lo fa con il colore. Un colore muto. Il dialogo tra l’osservatore e il quadro è silenzioso: le parole si compongono nella mente di chi guarda. Così negli orizzonti dei suoi paesaggi, l’infinito non è l’orizzonte, ma il pensieso con il quale l’artista si è posto di fronte a quell’orizzone.

Non è una semplice visione. Oltre la terra, oltre i monti, al di là del cielo, Cramarossa spazia la sua visione di artista. Non rappresenta: espone. Testimonia l’attività degli uomini e la sua presenza nel vasto contesto dello spazio.

LA RICERCA

Può sembrare un paradosso: le nature morte parlano. Gli oggetti, non sono morti, nel senso di inanimati. Affatto. Ognuno è il soggetto di una esistenza vissuta che è rimasta.

La cassetta, il fiore, la bottiglia, ogni elemento conserva la sua funzione. Il termine natura morta è un termine obsoleto che indicava, siamo nel ‘700, tutto ciò che aveva perso vitalità o che aveva rappresentato qualcosa di vivo.

Rivisitato il concetto, quelle di Cramarossa, sono sorprendemente vitali. L’osservazione è ben più profonda. Nulla è piatto. I volumi e lo spazio che l’artista ha composto, testimoniano la loro stessa vitalità.

E’ la metafisica di Carlo Carrà. Sono gli spazi vuoti di Giorgio De Chirico. Certo è una valutazione riflessiva. Azzardo, non conoscendolo, una riservatezza che rasenta la timidezza. Qualità ormai persa ma che si caratterizza negli animi sensibili.

Gli animi non invadenti. Quel comportamento educato che riporta alla gentilezza di un tempo che non mina la caparbietà di un uomo.

Un artista è caparbio. Sa cosa pensa. Non è improvvisato. Sa cosa dire.

Un esempio? L’immagine di copertina: la donna col fazzoletto in testa.

Scruta. E’ accorta. Il tratto grafico che l’artista le impone, è rude. E’ segnato, non disegnato.

Posso? Pablo Picasso incideva il tratto per sottolineare la conformazione intrinseca dei soggetti, imponendoli nel banale quotidiano. Nulla è inutile!

Ombre, sfumature. Cramarossa le interpreta come movimenti continui di una vita viva. E, qui, ritorno alle sue nature morte: la staticità dell’oggetto non è segnale di inanimato. E’ solo immobile. Non è passato, è presente, c’è.

La sua terra. Il mare. Si intravvede il legame con la sua terra. La osserva e la ama. La ritrae. La ferma sulla tela. Si fonde con essa. Sono necessari profonde analisi con se stessi perchè un artista dimostri cosa egli pensi.

Non è il suo silenzio che ci fa capire che è muto. Anzi! Oronzo Cramarossa dialoga con chi l’osserva. La facilità di comprensione dei suoi lavori, sono nei quadri stessi. Ti invita a riflettere. Ecco il suo messaggio.

IL SACRO.

C’è del sacro nei suoi quadri. Non la sacralità mistica. E’ semmai un’ode alla sacralità umana. C’è una madonna con bambino il cui riferimento alla divinità è solo data dall’aureola. Potrebbe essere una donna qualsiasi. Una madre qualsiasi. L’inusuale contemplazione del bambino, con la testa appoggiata alla mano, serena con il bimbo e la colomba, trasmettono una pace interiore. Pare sia in attesa. Aspetta.

Siamo al di là dei contenuti religiosi o politici. Quel senso di pace che traspare è di natura umana non legata a ideologie o attivismi sociali. L’innocenza di questo artista è nella sua umanità.

LA GENTILEZZA.

La sensazione che la sua gentilezza sia naturale è nelle sue opere. Una mi colpisce: la violoncellista.

E’ di ispirazione retrò. La musicista, l’aspetto del taglio alla maschietta. Un salto negli anni ’20. Con un dettaglio importante: uno degli strumenti dal timbro greve, retto da un femminile androgino. La macchia di colore rosso: siamo in piena avanguardia dei primi del ‘900. I fauves, intensa e breve esperienza artistica che con il colore, macchiava la forma dando al Romanticismo la sferzata necessaria per scuoterla dal torpore del sogno.

LA MATERIA.

L’artista studia. Cramarossa salta le correnti artistiche. E’ un artista che si appaga da sè. E tra le sue attenzioni, nel quadro di campo di fiori gialli, (in alto del servizio n.d.r.), l’omaggio a Van Gogh è evidente. Come nel campo di papaveri, la densità del colore è la materia stessa della natura. Bravo a incidere la potenza del Creato con le pennellate dense di colore: la forza di questo paesaggio è imponente.

Non è un eclettico. Attenzione al termine. Non sceglie e sintetizza l’arte. Identificarlo con una corrente artistica è certamente arduo. Apprezzo invece la sua attenzione ai grandi del ‘900. Un secolo di geni della pittura che ammira.

Oronzo Cramarossa.

Dare spazio alle sue emozioni, è un atto di stima. Adesso sono pronto a conoscerlo. Diventano tante le domande che gli porrei. Ma questo sarà in divenire…

Gianni Pantaleo.

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