giovedì, 21 Novembre, 2024 5:01:18 PM

Fabrizio Delle Grazie, la danza che abbraccia la cultura dei popoli

di Gianni Pantaleo.

E’ un coreografo di attualità, Fabrizio Delle Grazie. Posso considerarlo un “cronista” della società. Redige, analizza e riporta con la danza, le difficoltà che uomini e donne vivono in uno dei periodi della storia contemporanea, più buia e sofferta dai popoli.

Un reportage di attualità. Esanima le ragioni, le necessità e narra il bisogno di vivere con l’arte del teatro che meglio esprime i sentimenti umani: la danza. Corpi che dialogano, si confrontano, si legano.

Braccia tese che sorreggono, aiutano, che abbracciano coloro che lasciano niente per trovare…niente, se non la speranza, l’esistenza mai vissuta in altri porti, in altre terre.

Nel suo ultimo lavoro coreografico: “E embel – Maredolce”, presentato in occasione delle rassegna di danza contemporanea “Esplorare2021” al Teatro Kismet OperA di Bari, curata dal m° Domenico Iannone, Fabrizio Delle Grazie, porta in scena due soli danzatori, due individui rappresentanti il genere umano che si incontrano, imparando e conoscendosi, quanto l’uno è parte dell’altro in questa infinita terra senza barriere e confini.

Ma è Delle Grazie, che ci spiega meglio.

Due danzatori. Senza sovrastrutture, né altri elementi che “distraggano” dal suo pensiero: “Per me,  accogliere chi viene dal mare è un onore. Anzi, un raro privilegio di cui esser grati”. Mi ha riportato ai classici greci. Alle terre ospitali di un tempo in cui navigare era anche rischiare e approdare in terre  accoglienti, era un destino che favoriva il naufrago. Ulisse fu accolto dai Feaci, popolo dal forte valore ospitale. Da quanto vediamo, pare che abbiamo dimenticato questo valore. E’ così?

La gente che ha voglia di conoscenza non ha paura. La curiosità non può avere paura. Non ho ancora capito se la nostra è una terra ospitale o meno, io lo sono.

Non posso non esserlo. Chi rischia, non è un eroe. La disperazione ti porta a non avere paura. Quando osservavo in prova i miei ragazzi, pensavo” mi emoziona il senso che stiamo dando a questa  coreografia piuttosto che la coreografia in sè”, nè io, nè loro, eravamo totalmente consapevoli di cosa stavamo parlando.

Forse non lo sapremo mai. Per quanto mi riguarda accogliere è un modo per arricchire se stessi, per guardare oltre il proprio naso, per non rimanere soli.

La “narrazione” del suo lavoro coreografico, “E embel-Maredolce”, presenta, senza polemica, un’attualità che vive tutti i giorni la nostra società. A parte i “confini” politici, quali quelli degli umani?

Io parlerei di limiti piuttosto che di confini. Penso che la paura di un proprio simile possa essere il più grande dei limiti,la pura di condividere ,solo perché si ha paura di perdere ciò che è nostro per diritto,che poi nostro non è,ecco questo è un limite che accomuna noi esseri umani. Questo è il “confine”.

Due giovani danzatori, Modesto Cioce e Federico Zaccaro. Due protagonisti contemporanei della storia di oggi. Con la sua coreografia ha dimostrato che la danza può essere veicolo di un messaggio finalizzato alla “distensione” e alla riflessione dei rapporti tra gli uomini: ti do la mano perché tu possa prendere la mia e salvarti. Un messaggio di fratellanza raccontata con la danza. Lo abbiamo percepito così?

Cerco sempre di essere poco descrittivo nelle mie coreografie, mi piace creare e non far passare mai un messaggio ben definito, ma questa volta ho deciso che “ti do la mano perché tu possa prendere la mia e salvarti” era l’unica cosa che volevo arrivasse al pubblico. Una lettura perfetta.

La fluidità della coreografia ha preso poi nell’esecuzione, l’energia dell’unione di due corpi, due entità di uno stesso messaggio. Hanno dato la straordinaria sensazione che si fossero fusi in una sola vitale materia. C’era anche sensazione di dolore. Non fisico, ma emotivo. Ma mai deprimente. Quale è stata la ragione per questa coreografia di così profonda emozione?

Quest’anno ricordiamo i 30 anni dell’arrivo di Vlora (nave mercantile che approdò a Bari l’8 agosto del 1991 con a bordo 20.000 persone fuggite dai regimi albanesi. n.d.r.). Vlora,”dolce Vlora” piena di amarezza,terrore e inconsapevolezza. Vlora ci stava portando i nostri cugini, fratelli, amici rassegnati, impauriti, arrabbiati.

Devo essere sincero, io oggi, sono emozionato non per il dolore che ha provato quella gente in quel viaggio orrendo, ma perché è successo.

Non riesco a spiegare esattamente cosa provo. Sarò un visionario, ma io sono contento quando le culture si fondono, mi sento parte di un sistema migliore di quello di cui in realtà facciamo parte. E chissà, magari è così, magari non siamo così orrendi, spesso, forse abbiamo solo paura.

Il Centro Formazione Danza e Spettacolo, diretta da Valentina Arrivo, è un centro in continua  evoluzione artistica. Quali i contenuti culturali che approfondirà il Centro perché possa essere un veicolo di messaggio tra ricerca e arte coreografica?

Attitude Centro Formazione Danza e Spettacolo di Valentina Arrivo, è “una casa sulle punte”, gli allievi vengono formati tecnicamente e artisticamente con grande impegno da parte di tutti gli insegnanti.

La danza, il canto e la recitazione si intrecciano per formare un artista completo e consapevole delle proprie  attitudini.

Sempre alla ricerca di nuovi stimoli, la direttrice e tutti gli insegnantisono aperti e curiosi. La cultura e l’arte sono inclusione e l’inclusione è un valore molto sentito per quanto ci riguarda. L’arte è in continua evoluzione, non si ferma mai. E neanche noi.

“…l’arte è in continua evoluzione, non si ferma mai. E neanche noi.” Evoluzione. Questa affermazione è crescita. Fabrizio Delle Grazie, lungimirante ricercatore artistico, osserva e scrive ciò che circonda la sua esistenza.

Un’esistenza consapevole, realistica, tangibilmente realistica. Questo non gli impedisce di sognare quell’ideale di fratellanza universale che ci racconta con la danza. E’ indubbia la sensibilità con la quale ci propone i suoi lavori.

Delle Grazie non fantastica improbabili terre di illusioni e futili luci. Il suo realismo è costruito sui fatti. Non gira la testa, non chiude gli occhi.

Credo, convinto, che non siano più necessari rispondere a quelle domande ormai obsolete dei “Chi siamo, dove andiamo…”.

La vita si evolve, le società cambiano e con loro i bisogni. Cercare quell’introspezione che tanti tentano scavando in se stessi, è ipocrita.

I figli di questa generazione, i figli dell’immagine mercificata svuotata di se stessa, è falsa ideologia. Un tempo, i saggi, intravvedevano ciò che c’era dentro uno sguardo.

Mi pare, che adesso dentro molti occhi, ci sia un vuoto incolmabile. Basta osservare il decadentismo culturale dilagante, per comprendere quanto Fabrizio Delle Grazie, sia lontano da questi venditori di fumo.

Gianni Pantaleo.

https://artilibere.info/fabrizio-delle-grazie-la-scelta-casuale/

Ph. Gennaro Guida.

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