di Gianni Pantaleo.
Dovrebbe essere ovvia la prima domanda: “Quando hai cominciato a ballare?”. La trovo terribile e non la farò. Con Rosellina Goffredo, attraverserò il suo percorso di professionista della danza, a ritroso nel tempo. Perché la strada da lei intrapresa, aveva una meta: portare l’anima a danzare. E perché un corpo danzi, sono necessari studi introspettivi e spirituali. Perché senz’anima un corpo è solo un corpo. Collega di studi e amica da sempre, la sensazione provata in veste di redattore, non crea impaccio, anzi, proprio il passato vissuto nelle sale del “Balletto del Sole”, renderà questa intervista, piacevole, scorrevole, cordiale…
Rosellina Goffredo, danzatrice, maestra.
Una nota giornalista, ha pubblicato delle perplessità sulle lezioni a distanza. La necessità di essere “presenti”, allievo e insegnante, è vitale per la carriera del danzatore: pensi che sia possibile un’alternativa?
Non c’è nessuna alternativa! La formazione di un danzatore può avvenire solo in presenza! Il corpo, la mente e il cuore del maestro e dell’allievo possono interagire se presenti nello stesso luogo nello stesso momento. Quella che stiamo vivendo è una situazione di emergenza ed in quanto tale ci costringe ad utilizzare la rete per poter sopravvivere. Mi riferisco in particolare ai professionisti cosiddetti intermittenti che non hanno una fissa compagnia ma che non possono rinunciare al proprio training quotidiano e devono necessariamente allenarsi online. Le mie Home Ballet Class sono molto frequentate da professionisti di ogni parte d’Italia e qualcuno anche dall’estero.
Ovvio che si discute di come risolvere questo lungo periodo pandemico. Prudenza, innanzitutto. Ma tu sei “figlia” della didattica in presenza. Tu nasci come ballerina e ti perfezioni nel corso degli anni. Arrivi a essere solista per la “Fondazione Piccinni” di Bari. Bene. Questo traguardo ha uno studio di “contatto”. E’ stato il privilegio di una generazione quindi? Ad un anno dal Covid, tutto questo non pare sia più possibile….
In questo momento il “contatto” sembra davvero un privilegio, ma non è mai stato così e auspichiamo che mai più dovrà esserlo. Questa è una brutta parentesi che spero dimenticheremo presto. Il tocco del maestro è la correzione che nessuna immagine e nessuna parola può sostituire. Hai citato la mia esperienza presso la Fondazione Piccinni, bene, i maestri della Fondazione hanno formato bravi danzatori, oggi bravi maestri e coreografi, attraverso il training quotidiano in presenza. E per quotidiano intendo 6 giorni su 7! (Consentimi di cogliere l’occasione per ricordare Giuseppe Mintrone, storico coreografo della Fondazione Piccinni, per il quale ho avuto il piacere di danzare nel suo Requiem e che ci ha lasciati vittima del covid19.)
Continuiamo a viaggiare nel tempo…passato: Claudio Gasparotto. Indubbio danzatore e coreografo di rilievo nel panorama danza: mi racconti la tua emozione quando sei stata nella sua compagnia, la FreeForm TeatroDanza di Rimini?
L’incontro con Claudio è stato uno dei più importanti della mia vita professionale e personale. Una solida amicizia cominciata 35 anni fa e che ancora ci lega. Lavorare nella Free Form con Claudio Gasparotto e con Gillian Hobart, grande maestra, ha aperto la mia visione della danza, mi ha fatto scoprire il mondo della danza contemporanea, creando in me dapprima una grande crisi artistica dovuta alla frequentazione di due linguaggi, quello della danza classica e della danza contemporanea, che sembravano contrastanti. La realtà è che si nutrono l’una dell’altra! Ho danzato in diverse produzioni della FreeFormTeatroDanza, ma ricordo con particolare emozione “Guardo spesso il cielo della memoria” l’assolo che Claudio Gasparotto ha creato per me, che ha riscosso ottimi consensi e che ho avuto il piacere di portare anche a Bari al Teatro Kismet sotto la direzione di Carlo Bruni nel 1997.
“Guardo spesso il cielo della memoria”, coreografie di Claudio Gasparotto.
Cito questo articolo che descrive perfettamente la coreografia: “Impianto scenico scorrevole, a tratti sensuale, accompagna lo spettatore negli anfratti più nascosti della memoria. Rosellina Goffredo si abbandona ad una danza personalissima utilizzando a pieno le sue capacità tecniche ed interpretative” (Elena Capriati, Quotidiano Roma, maggio ’97)
Da 25 anni con Claudio Gasparotto condivido anche la scelta filosofico-religiosa del Buddismo di Nichiren Daishonin, scelta che quotidianamente mi accompagna e mi sostiene. Grazie a questa pratica ho superato momenti molto difficili della mia vita, e a questa pratica devo la forza che trovo per superare i miei limiti.
“Mi ricordo” coreografie di Claudio Gasparotto.
Un cameo: “La danzatrice evolve il suo contatto con la danza, dal movimento primordiale, alla rottura delle regole, all’espressione perfetta della leggerezza, alla ricerca di uno stupore, che accompagni la sua PARTE SECONDA”. L’ho estrapolato dal programma di sala, quando andò in scena al Teatro Abeliano con “Parte Seconda” per la rassegna di danza contemporanea del Teatro Pubblico Pugliese. Tu danzi te stessa. A proposito di limiti, ti ho visto danzare nel 2017, in questo lavoro autobiografico, all’età di 55 anni e in piena forma. Ti riferisce a questi limiti?
Esattamente! Dentro di noi possiamo trovare determinazione e forza necessarie per affrontare qualunque ostacolo e per superare qualunque limite. Parte Seconda è l’unico lavoro di cui sono coreografa ed interprete, nato di getto, ancora mi chiedo come ho fatto!?! (e ride!) ma che ho voluto fortemente portare in scena grazie anche alla collaborazione di coreografi pugliesi che con grande generosità mi hanno aiutata. Ricorderò il decennio di miei 50 anni, ricchi di soddisfazioni! Oltre al mio “solo”, ho danzato per la Compagnia Menhir di Giulio De Leo, nelle produzioni Biosculture, Ulivi e Trilogia condividendo spesso la scena con danzatori giovani e giovanissimi: una scorpacciata di energia per me, e, mi auguro, un esempio a non mollare mai per loro. E poi ancora ho danzato il solo “Il vuoto e la bellezza” di Davide Valrosso. Chi l’avrebbe mai detto, alla mia età. Ma per me è tutto così naturale…
Alla carriera di danzatrice, tu non ha mai smesso di studiare, diplomandoti come maestra di danza classica alla Royal Academy of Dancing di Londra. Il programma di studi è stato faticoso? La danza è una delle discipline più faticose, il sacrificio fisico è estenuante. Giornata tipo e rinunce di quei giorni?
Spesso ci hanno definiti pionieri della danza in Puglia, noi della nostra generazione, ed in effetti è un pò così. In Puglia non c’è mai stata una grande scuola di tradizione per la formazione professionale. Quindi per chi come me, non ha avuto a possibilità di trasferirsi lontano dalla famiglia in tenera età, la formazione è avvenuta grazie all’eccellente lavoro delle scuole private. Ci siamo dati da fare moltissimo! Io fortunatamente ho incontrato sempre bravi maestri, ci tengo a ricordare le mie prime maestre Anna Di Giovine e Giuliana Cirillo. E poi Silvia Humaila, sono stata tra le prime a frequentare le sue classi. La buona fortuna mi ha assistito anche quando ho incontrato Elaine McDonald, all’epoca unica esaminatrice RAD in Italia, che alla fine degli anni ’80 istituì il primo corso biennale per il Teacher Certificate. E’stato un periodo molto bello, un corso frequentato da giovani maestre, pugliesi e non, che si sono poi affermate con successo nel panorama delle scuole private. La fatica io non l’ho mai sentita, ho scelto io di fare questo mestiere! Spesso mi interfaccio con studenti che attendono di essere scelti, ma la danza non sceglie se a sceglierla non siamo prima noi. Il talento dobbiamo darlo per scontato, per ogni mestiere ci vuole talento.
“Meshstub” coreografie di Gillian Hobart.
Ti faccio queste domande per l’utilità che possa favorire i giovani danzatori. I mass media propongono continuamente format televisivi che includono la danza. Una tua critica costruttiva, posso chiedertela?
Sono molto critica nei confronti dei talent show, li trovo irrispettosi nei confronti degli artisti-persone, sia dei docenti che degli studenti. Studiare e formarsi è altro, non si può fare sotto le telecamere, serve l’intimità e la sacralità della docenza, dell’apprendimento e della crescita. Per non parlare del fatto che, per me, nell’arte non può esserci competizione ma solo grande rispetto. La competizione involgarisce l’artista ed il rispettivo pubblico.
Due memorabilia e ti emozionerò, ma non posso tacere: Ricardo Nuñez e Rita Poelvoorde. Mi scuso per la presunzione, ma so come e quanto lavori: cosa ti hanno lasciato “dentro” questi due grandi.
Due grandi maestri che hanno lasciato il segno permettendomi di approfondire l’uno la tecnica, l’altra la filosofia della danza. Sentirmi chiamare la “Nunez in gonnella” è stato uno dei complimenti più belli che ho potuto ricevere! I grandi maestri sono quelli che permettono agli allievi di mettere a fuoco le proprie peculiarità. La disciplina, il rigore tecnico, la chiarezza nelle spiegazioni di Ricardo Nuñez sono state per me un grande esempio di didattica. Frequentare le sue classi al Balletto del Sole di Bari, alla scuola di Renato Greco a Roma ed in numerose altre città per seguire i suoi stages, è un bagaglio che custodisco gelosamente nel mio cuore e nei miei quaderni nei quali quotidianamente appuntavo esercizi e consigli. L’incontro con Rita Poelwoorde è stato il mio incontro con lo yoga. Nel 1986 ho seguito le sue lezioni di yoga applicato alla danza e si è aperto un mondo, da allora non ho più lasciato la pratica dello yoga e quel mondo che mi ha preparata ad aprirmi alla danza contemporanea.
“Ariel_canto per le tragedie del mare” coreografie di Giulio De Leo
“Frequentare il corpo con consapevolezza nella costruzione delle linee, nell’uso dei costrutti tecnici e degli spostamenti nello spazio, come intrinseca e imprescindibile drammaturgia del corpo. L’attenzione di Rosellina Goffredo al respiro, allo sguardo e alla qualità dell’appoggio rende lo studio della Danza Classica una sorta di ground zero, sempre necessario al danzatore contemporaneo. La classe restituisce al danzatore la gioia della musicalità e il rigore dello studio”. Una perfetta definizione della tua didattica che ti porta ad essere docente freelance in molte realtà professionali come l’AreaDance di Milano, “Libero Corpo” per il teatro comunale “G. Garibaldi” di Bisceglie, per lo Staatstheater di Kassel, per Corpi in Mostra di Barletta, per i corsi di formazione della Regione Puglia, oltre alle numerose scuole di danza che la ospitano periodicamente. Un bel po’ da fare, quindi. E’una missione quella della docente di formazione? Dubito non possa esserci Amore per quello che fai. Appendere le “scarpette” al chiodo non significa lasciare la danza. Sbaglio?
Io come vedi, non ho mai appeso le simboliche scarpette al chiodo!! Sono sempre pronta, continuo a studiare, e quando insegno non mi risparmio certamente, anzi, la mia didattica nasce dalla dimostrazione col mio corpo unita alla relativa spiegazione.
“Biosculture” coreografie di Giulio De Leo.
“Ulivi” coreografie di Giulio De Leo.
…e a conferma di questa tua istintiva propensione alla formazione, ricevi nel 2016 il Premio Internazionale “ApuliArte per la Formazione”. Mica poco per chi della propria vita, fa dedizione e didattica della danza. Facciamo analisi introspettiva: ti commuovi di tanto valore riconosciuto per il suo lavoro?
Adesso che mi ci fai pensare, si, mi commuovo. Non mi ero mai soffermata su questo aspetto emotivo, forse perché sono sempre presa da quello che farò domani.
Rosellina e…domani?
Domani ci sarà una “Parte Terza”, ne sono certa! La mia curiosità mi spingerà sicuramente a trovarla.
Ci sono energie che attraverso la luce, si trasmettono senza che possano essere “toccate”. Perché la luce non è materia. Questa bella “chiacchierata” informale, intima, amichevole, ha lasciato una scia di benessere interiore che è uno stato d’animo di gratitudine per la sensazione provata. La fonte? …Rosellina Goffredo.
Gianni Pantaleo.