di Antonio Pasquale.
Ho riletto attentamente l’estratto di Papa Francesco sul significato dell’ospedale come luogo della consapevolezza, lontano dalla rapacità della giornata, dall’invasione di parole, messaggi e immagini, dispensate frequentemente con voracità e pochezza.
Le parole di Papa Francesco, introdotte da una domanda icastica quanto acuta, sembrano “cucite dentro” la vita, raggiungono le viscere di chi si pone in ascolto, raccontando tanta verità.
Non è altresì possibile pretendere che siano condivise da tutti, da pochi o da un numero quantificabile di lettori.
Tuttavia vi trovo tanto senso, sembrano scritte per chiunque; per chi ha fede, per chi non si riconosce nella Chiesa, per chi professa e vive una pura laicità, ma anche per chi vuole essere indifferente, provocatore, contestatore…
Certamente non sono adatte ai “retrivi” della vita e che quindi non hanno volontà di scegliere un approccio differente.
Raccontano tanta “vita”, con una struttura apparentemente semplice, quasi immediata. In realtà di immediato hanno ben poco; hanno l’ odore della pazienza, il peso della schiettezza e la consapevolezza della giustizia.
Leggendole, riscontro sia mie mancanze di volontà sia l’ostinazione smodata, che è radicata in tanti. Insegnano, anzi testimoniano, come non si possa e non si debba pretendere il cambiamento degli altri e di noi stessi, ma tollerarci e tollerare di più, cercando di essere maggiormente coerenti, senza falsi irenismi né pretese autoreferenziali di imposizione; anche se spesso sentiamo l’esigenza di ricevere tanti più riscontri di quelli che rintracciamo.
Dovremmo, “dovrei”, rileggere queste parole molto più spesso d’ora in poi e lasciare che il loro senso agisca e diventi vivido e concreto.
Diversamente avremmo, ad ogni modo, vissuto un’ esperienza di vita, che ci appartiene, pur non riuscendo a metterla in pratica nell’ immediato.
Questa lettura potrebbe rappresentare la migliore risposta all’indifferenza e all’incoscienza smodata anche di questi giorni, in cui si continua a strumentalizzare troppo, ad usare la Storia, il senso civico, la fede, la dignità umana come vuoti orpelli, piegati spesso all’interesse personale o ad un becero qualunquismo.
La migliore risposta anche per chi, come il sottoscritto, si indigna troppo per queste evidenze ed ha sempre e ancora tantissimo da imparare e tantissimo su cui riflettere, tollerando di più e non pentendosi delle proprie scelte, se ponderate in un universo di senso e di rispetto inter-personale ed intra-presonale.
Antonio Pasquale.