venerdì, 26 Aprile, 2024 9:05:16 AM

BARI – Rosanna Palmisano, una docente in palcoscenico

I propositi erano di intervistare una promessa dello spettacolo. Una possibile, futura personalità del palcoscenico.

Mi ero posto con l’indiscrezione che caratterizza chi si occupa di informazione e cioè: provocazione, sfida, esame di coscienza, tutti termini che dovrebbero mettere in difficoltà l’artista, scavandone la sua interiorità  intelletuale che si riversa nel suo lavoro di artista. Insomma: la tenerezza dell’imbarazzante scoprire se stessi e finalmente spogliare l’artista dell’allure propria dell’ artista. In pochissime parole: finalmente l’uomo (o la donna).

Sbagliato! Di fronte a Rosanna Palmisano, sono in veste di alunno. Dal porle domande sulla sua interiorità di donna che interpreta una donna, è venuto fuori un seminario sulla figura di una donna, Bona Sforza, (magistralmente da lei interpretata), che spiega il vissuto di una donna e non la sua (di Rosanna Palmisano) ricerca interiore per poter essere Bona Sforza.

Ma sì: lasciamo da parte Konstantin Stanislavskij. Chiudiamo le finestre dell’Actor’s Studio e il suo (famoso) metodo di lavoro dell’attore sul personaggio.

Qui si recita d’istinto e pazienza se alle domande, le rispettive risposte sono state “didattiche”. Dopotutto, Rosanna Palmisano, è stata una docente d’italiano e non poteva essere altrimenti.

Rosanna Palmisano

Dubito siano necessari dei percorsi complessi per arrivare a certi traguardi. Nella sua ultima apparizione, interprete di Bona Sforza nell’opera teatrale di Patrizia Gesuita, ha dimostrato ancora meglio la sua passione per la recitazione. Talento celato o un sogno diventato realtà?

La mia interpretazione di Bona Sforza adulta nell’opera di Patrizia Gesuita nasce da una serie di eventi ed incontri che la Vita, nei momenti più imprevedibili, intreccia per riservarci il miracolo di una rinascita.

È stata la scintilla che ha innescato in me ricordi, emozioni e, soprattutto, la mia grande passione per il teatro, sopita ma mai del tutto spenta.

Sicuramente, un Sogno che mi ha accompagnata da quando ero bambina, infatti, mi ha da sempre affascinata il Teatro, l’idea di poter entrare nei panni dei vari personaggi e di coglierne i moti del cuore, farli rivivere sul palcoscenico e parlare al cuore degli spettatori.

Bona Sforza

Questa esperienza è maturata nel periodo universitario a livello amatoriale, unendo la passione per lo studio con quella per il Teatro.

Questo amore si è poi indirizzato verso i ragazzi durante la mia carriera scolastica come Docente di Lettere presso la Scuola Media Statale “R. Resta” di Turi (Ba), in cui   mi sono impegnata nella promozione del Teatro per ragazzi.

Ricordo, con grande emozione, la sperimentazione, nell’ambito dell’Educazione linguistica, condotta con la Prof.ssa Anna Santoliquido, insigne Poetessa molto stimata a diversi livelli ed attualmente Presidente del Movimento internazionale “Donne e Poesia”.  

Entrambe animate da una grande passione per il Teatro e per la Scuola, abbiamo curato la rappresentazione teatrale dell’opera “Don Pancrazio Cucuzziello e la comare”, su testo di Rino Bizzarro, che ne aveva curato la trascrizione, su ispirazione di un antico manoscritto del 1600 di Filippo Cammarano.

Fu un grande successo che coinvolse ed entusiasmò alunni e famiglie, che ebbero modo di sperimentare le immense potenzialità espressive del linguaggio teatrale e di conoscere la maschera pugliese di Don Pancrazio grazie anche allo studio del regista ed attore Rino Bizzarro.

Rino Bizzarro

Questa passione per il Teatro ha accompagnato costantemente il mio lavoro di docente, permettendomi di esplorare nuove strategie didattiche, innovative e coinvolgenti per ragazzi anche poco motivati nello studio, che nell’attività teatrale trovavano una preziosa occasione per accrescere la propria autostima, sentirsi protagonisti attivi del processo di formazione umana e culturale.

E’ indubbia la necessità dello studio. Lei è stata una docente, quindi un mentore della didattica. Applica su se stessa i suoi insegnamenti?

Nel mio lavoro di docente, scelto liberamente, in quanto avevo la possibilità di rimanere in servizio negli uffici comunali di Turi e di intraprendere la carriera amministrativa, ho coltivato il mio amore per lo studio e la ricerca pedagogica al servizio della didattica, per un’educazione innovativa, equa, democratica ed inclusiva, ispirandomi al principio “Prima la Persona” dell’Associazione UCIIM, di cui sono onorata di far parte, rendendomi sempre disponibileper l’elaborazione di Progetti di Miglioramento, valutazione, innovazione didattica e ricerca pedagogica, in collaborazione con il MIUR, l’Università di Bari, Reti di Scuole, Enti di Ricerca, l’INVALSI, la Regione Puglia, nella piena consapevolezza che l’educazione delle nuove generazioni sia un pilastro fondamentale per promuovere una cittadinanza attiva.

Lavorare con i colleghi ed i vari Dirigenti, di cui ricordo con grande stima la Dirigente Patrizia Savino, che mi ha aiutata molto a crescere a livello professionale ed umano, alimentando la mia sete di conoscenza ed il mio desiderio di dare una nota indimenticabile al mio lavoro di docente, pur tra le molte difficoltà quotidiane.

Questa carica di entusiasmo e di positività, con cui riuscivo a “contagiare”i miei ragazzi, mi ha aiutata moltissimo ad affrontare la mia nuova esperienza teatrale, quando mi sono rimessa in gioco, a fianco di persone professioniste nel campo della Musica, della Danza e del Teatro.

Sono diventata docente-mentore di me stessa, ho chiesto a me lo stesso impegno e tenacia che richiedevo ai miei alunni, per dare il meglio di sé.

Diretta da Armando Merenda da testi originali di Patrizia Gesuita e con la consulenza artistica di Roberto Petruzzelli, il suo “debutto” pare sia stato spronato da fior di professionisti. La sua “prima”: paura del palcoscenico? Perdita di memoria? Salivazione azzerata?

Armando Merenda

Nella vita è bello incrociare il nostro percorso di crescita umana e professionale con quello di persone speciali che irradiano luce intorno a sé e, soprattutto, lasciano trasparire la passione per quello che fanno, una passione contagiosa e travolgente; è proprio questo che è capitato a me, quando ho incontrato  Patrizia Gesuita e Roberto Petruzzelli.

Con la loro carica artistica, innata ed impetuosa, sono riusciti a risvegliare in me l’amore per la Musica ed il Teatro, che, sin da bambina, mi portavo dentro.

Un incontro, a dir poco, magico, che ha innescato in me un’esplosione creativa, che ha impresso una nuova direzione alla mia vita di docente in pensione, ma con tanto desiderio ed entusiasmo di rimettersi in gioco.

Patrizia Gesuita, con il suo lavoro teatrale “Come d’incanto…Isabella d’Aragona e Bona Sforza”, su copione originale, frutto di una sua rigorosa ricerca storico-artistico-musicale, ha alimentato la curiosità, che ha sempre contraddistinto la mia professione di docente, di scoprire la figura di Isabella di Aragona e di Bona Sforza.

Patrizia Gesuita

Due donne straordinarie, che hanno svolto un ruolo molto importante nel Rinascimento italiano, europeo e nella storia del Ducato di Bari, figure che hanno promosso lo sviluppo culturale ed artistico del Sud e trasformato il Castello normanno-svevo di Bari, da una semplice e fredda fortezza, in una magnifica Corte rinascimentale, con il culto della Bellezza e delle Arti, a modello delle Corti di Milano e Napoli.

Roberto Petruzzelli, che ha curato la direzione artistica dell’opera teatrale, mi ha incoraggiata e spronata ad entrare nei panni di Bona Sforza per dare alla mia interpretazione scioltezza e naturalezza, insegnandomi a muovermi sul palcoscenico con disinvoltura, a superare paure ed incertezze.

Con il suo carisma di mentore artistico e la sua innata passione per il Teatro ha saputo valorizzare le mie potenzialità, facendo leva sul mio grande amore per l’Arte.

Un grazie commosso va anche al regista Armando Merenda, che è stato prodigo di consigli e raccomandazioni per un’interpretazione originale ed efficace.

Roberto Petruzzelli

Così come i consigli preziosi della coreografa Marcella Taurino, di tutto il team delle danze e delle musiche, del bravissimo attore e cantante Angelo De Leonardis (che interpreta Leonardo da Vinci) e soprattutto della costumista Maria Isolani, che ha relalizzato il mio costume e quello di Bona fanciulla.

Grazie a questi professionisti, la mia “prima” si è svolta riducendo al minimo inquietudini e paure, in particolare, la paura di una perdita improvvisa di memoria: dentro di me sentivo una grande emozione, mista alla mia antica passione, che annullava ogni timore.

Nel lavoro teatrale “Come d’incanto…Isabella d’Aragona e Bona Sforza”, lei interpreta Bona Sforza adulta. Colta nobile alla corte degli Sforza e futura regina di Polonia, fu antesignana della forza della ragione al di là dello status di moglie, madre e sovrana. Non pur senza soffrire d’amore. Saltiamo nel tempo: ad oggi, Bona Sforza, è una figura contemporanea?

Isabella d’Aragona, viste crollare miseramente le sue ambizioni ed aspettative, a causa dell’assassinio del marito Gian Galeazzo Sforza e della morte prematura dei figli Francesco, Ippolita e Bianca Maria, proiettò sulla figlia Bona Sforza i suoi sogni,  immaginando per lei un futuro da grande sovrana e scegliendo per lei i migliori maestri.

Sara Patruno (Bona Sforza bambina), Rosanna Palmisano (Bona Sforza adulta)

Accanto alla “donna di potere”, sacrificata al potere con un ambizioso matrimonio politico, celebrato per procura con grande sfarzo nel Castel Capuano a Napoli, conviveva, però, in Bona Sforza, la donna, dotata di una grande sensibilità artistica ed intellettuale, educata allo studio delle opere classiche, sin da bambina, da Virgilio e Cicerone a  Petrarca.

Nel corso dell’intera sua esistenza, rimase “viva” in lei, erede delle grandi dinastie dei Visconti, Sforza e D’Aragona, la donna semplice,  con la sua carica di femminilità, capace di amare e di soffrire per amore, in tutte le sue infinite sfumature, dall’amore per la Musica, la Danza e le Arti, all’amore  romantico fino all’odio ed alla vendetta passionale, che fanno di Bona una “donna contemporanea”, per la sua autenticità umana.

Il cast del Centro Studi Arti del Mediterraneo Mousikè

Aldilà del suo ruolo istituzionale, è stata sposa, madre e, soprattutto, donna con le sue umane fragilità, che la rendono attuale e vera, senza maschere e finzioni, vicina ad un pubblico ampio, dai giovani agli adulti, nella sua duplice veste di Bona bambina e Bona adulta, una scelta innovativa che l’autrice Patrizia Gesuita ha voluto dare alla sua opera per rendere avvincente ed attuale un figura che risale a ben 500 anni fa.

Intrighi di corte. Tradimenti. Cinque figli. La politica. Le sorti di un popolo. Ma non era più semplice per una sovrana dell’epoca fare solo la regina?

Bona Sforza e la madre Isabella d’Aragona erano, non solo donne di potere, capaci di gestire rispettivamente le sorti di un Regno e di un Ducato, in tempi difficili e complessi, tra intrighi e alleanze strategiche, in cui la scena politica era dominata prevalentemente da figure maschili, ma anche donne emancipate, dotate di un grande intelletto e, soprattutto, di una grande passionalità, che bene si intrecciava con la loro innata vocazione al governo politico.

In considerazione della loro indole, definita da alcuni studiosi “virile”, potettero esercitare un ruolo decisivo nella gestione politica, senza, tuttavia, rinunciare alla loro sensibilità romantica e passionale, tipica dell’animo femminile.

Bona Sforza, Duchessa di Bari e  Regina di Polonia, ha avuto il coraggio di rimanere donna, con sogni ed amori, nonostante il contesto politico in cui è vissuta e gli inevitabili intrighi di Corte.

Ritengo che non sarebbe stata una grande Regina se avesse rinunciato ad essere Donna nella sua pienezza femminile.

Intende, quindi, che il ruolo di una donna così importante per un regno, aveva un prezzo così alto. E’ questa la ragione del perché Bona Sforza entrò nella storia?

Bona Sforza, nelle vicende storiche che la videro coinvolta in intrighi, alleanze e progetti matrimoniali, abilmente intessuti dalla madre Isabella d’Aragona, anche lei una grande stratega della politica, potrebbe apparire  vittima di un destino avverso, costretta a pagare un prezzo così alto per arrivare alla guida di un Regno, che comprendeva vasti domini nell’Europa orientale.

In realtà, lei è entrata nella storia  come “eroina” di eventi grandiosi che la videro protagonista dinamica ed instancabile di un grande movimento culturale, il Rinascimento, che dai ristretti confini del Ducato di Bari dilagò nel Regno di Polonia sotto la dinastia degli Jagelloni (aveva sposato il re Sigismondo I Jagellone), dando vita ad un rinnovamento culturale di notevole portata.

Bona affiancò il marito nella gestione del Regno e, gradualmente, lo sostituì con onore e competenza politica.

Essendo regina di Polonia, Lituania, Bielorussia e Ucraina, decise di dare un assetto unitario all’impero, cercando di ridurre il potere della nobiltà. Inoltre, mediante la diplomazia e grande determinazione volle farsi rispettare dai sovrani dell’Austria, Prussia, Ungheria e Turchia.

Nel cuore di Bona Sforza  non si spense, però,  mai l’amore per il Ducato di Bari, al quale la legavano i ricordi della sua infanzia e giovinezza nello splendido Castello, reso una degna Corte rinascimentale come aveva voluto sua madre Isabella.

L’opera teatrale di Patrizia Gesuita mira a ridare luce all’intero percorso di vita di due donne fuori dal comune, Isabella d’Aragona e Bona Sforza, libere, emancipate, di grande cultura, capaci di praticare il gioco della politica e della diplomazia, pienamente consapevoli della gestione del potere e della forza del proprio intelletto.

L’iniziativa rientra in un Progetto ad ampio respiro, patrocinato dalla Regione Puglia con l’Assessorato alla Cultura e all’istruzione, che vede coinvolte molte Scuole nel promuovere la conoscenza e la valorizzazione delle nostre radici storiche e dei Beni culturali, che rappresentano l’identità della nostra amata terra.

In scena, le danze storiche.

Recuperare la memoria storica del proprio territorio permetterà alle nuove generazioni di attingere linfa vitale dal passato, per capire meglio il presente e, soprattutto, diventare cittadini consapevoli e responsabili costruttori di una società migliore.

Il suo è stato un lavoro di ricerca interiore profondo. Le si riconosce quanto lavoro c’è stato per “essere” Bona Sforza. Ma non pensa che sia più semplice essere una spettatrice e non una protagonista?

L’interpretazione del ruolo di Bona Sforza adulta mi ha arricchita molto a livello umano e professionale, dandomi la possibilità di realizzare un grande Sogno, che, serrato nel mio cuore, aspettava il momento giusto e persone speciali, capaci di liberarlo.

Vorrei, a questo proposito, citare un pensiero di Paolo Coelho a me particolarmente caro: “Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e correre il rischio di vivere i propri Sogni”.

Ovvio che la domanda era pertinente. Sa perché? Perché la compagnia teatrale, avrebbe avuto un talento in meno in scena. Apprezzo, come molti, la sua dedizione alla recitazione. Ultima domanda: popolana o regina: le donne comunque soffrono per amore. È d’accordo?

Sono pienamente d’accordo con la sua affermazione, in quando riconosco che l’animo femminile è, per natura, predisposto a cogliere le infinite sfumature dei sentimenti e delle emozioni, che danno colore alla Vita e l’alimentano con moto incessante, dando origine ad una sinfonia musicale, che va dall’adagio all’allegro con fuoco.

Bona Sforza, chiamata a reggere le sorti di un grande Regno, rimane fondamentalmente una “donna” vera con le sue piccole fragilità, che, però, la rendono unica nel suo dolore e nel suo attaccarsi, disperatamente, alla Vita grazie all’Amore, forza ed energia inesauribile, per rinascere dopo le cadute e le sconfitte.

Questa caratteristica la accomuna a tutte le altre donne che soffrono per amore, ma che, con grande coraggio e tenacia, ritornanoad amare nonostante le ferite e le cadute.

Grazie, per questa intervista, che mi ha permesso di dare voce alle emozioni  di una  interpretazione teatrale che mi ha dato moltissime e belle emozioni.

Restava ancora una domanda. Ovvio che a risposte così imponenti, direi da cattedra, mi ha colto l’ossequio che gli studenti hanno nei confronti dei propri prof.

Almeno così ricordo quando ero studentello di liceo e poi univeristario: la soggezione e il rispetto per i mentori del sapere.

Piuttosto, l’altra domanda era: “Sig.ra Palmisano, ma lei si riconosce nella regina Bona Sforza? No, non la Regina con la corona in testa, la regina della nobiltà d’animo, quella che ama con la corona sul cuore.”

Sarà per la prossima volta.

Gianni Pantaleo.

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